Municipi:

Fatemi la domanda di riserva

“Proffe, se nun sà perché so’ stato ‘ncaricato da chiedele da convocà sta riunione fora de programma, je lo posso spiecà ‘n quattro e quattr’otto.” 

È stato questo l’inizio di Osvaldo, il marito di Carlotta, inviato dagli altri a chiedere la convocazione per un incontro non programmato, di lunedì mattina. Formalmente non lo sapevo, però lo immaginavo con una tale certezza che, se avessi potuto scommetterci su, avrei vinto a occhi chiusi. 

“Non credo che sia necessaria una spiegazione. Penso di sapere da solo quale argomento vorreste come tema del giorno.”

“So’ le contestazioni pacifighe da Pisa e Firenze, finite a Pisa con giovani de scuola media superiore presi a manganellate senza ’n motivo valido e senza sapè chi ha dato l’ordine da broccalli ne la tonnara senz’uscita d’una stada stretta, come, de resto, so’ tutte strette ‘e strade de la città.” Ha rincarato, a chiarimento, Ubaldo il bancarellaro. 

“Ecco, noi voremmo conosce er su penziero ner merito.” Ha chiesto pensieroso Fra Liborio, con un pallore sul volto come non gli avevo visto mai prima di allora. 

Purtroppo dovevo deluderli e non sapevo da che parte prendere il discorso, ma la delusione in primo luogo era anche la mia e non dovevo dimenticarlo.

“Ragazzi, mi dispiace ma la risposta non ve la posso dare…Non ve la posso dare perché sono così gonfio di rabbia e di veleno che, se dovesse mordermi una vedova nera, morirebbe all’istante. Detto questo, se vi rispondessi in base al mio pensiero, devo essere sincero, non sono sicuro che ci riuscirei senza uscire dal seminato, come si diceva un tempo per indicare un discorso che usciva dal binario della correttezza scadendo nella maleducazione. Fate come se vi avessi risposto: pensate liberamente alle peggiori invettive, con tutto il peggio di più offensivo che vi viene in mente da appioppare alla catena di comando che ha dato quell’ordine così, insulso, gratuito, immotivato e avrete subito la risposta, che non posso darvi per non rischiare di essere denunciato o querelato per insulti o vilipendio nei confronti delle autorità costituite. Per queste ragioni, se provassi a darvi una risposta sincera, non avrei la certezza di riuscire a comporre una frase che non scadesse in attributi offensivi, tali da privarmi di voi, e voi di me, per un periodo di carcerazione, della cui durata non sono in grado, al momento, di pronosticare il quanto.”

“E allora, che dovemo fà? S’arendemo? Semo ‘mpotenti a la sopraffazione – se questo termine nu lo capite, ve ‘o spieco poi – che vorebbe impedì quarsiasi manifestazione de protesta spontanea e disarmata?” 

Era Rolando, il barbiere, a intervenire. 

“No, sarà la risposta. Purché la manifestazione sia autorizzata a seguito di una precisa richiesta. Altrimenti, statene certi, già tre o quattro persone che camminano insieme potranno essere dichiarate, a discrezione, un assembramento.” 

“Quindi noi, che si radunamo ‘n più de ‘na dozzina sotto er portico de ‘a cchiesa, semo n’assembramento?” Ha chiosato Carlotta.

“A discrezione delle Autorità, sì.” Ho dovuto rispondere. 

Mi guardavano un po’ tutti con occhi increduli e allibiti.

“Per questo, ragazzi, vi prego, fatemi la domanda di riserva.” Qualcuno, meno male, ha sorriso. La domanda l’ha fatta Attilio, l’ombrellaio.

“Potemo parlà de’ Ferragna?” 

“Ecco, questo argomento è già più accessibile.”

“Lei ‘o sa perché se so lasciati?”

“Non lo so. Seguo poco il gossip che colpisce i Famosi. Qualcuno di voi ne ha un’idea?” E Romoletto ha alzato la mano. Mi sembrava strano averlo notato quasi come assente fino a quel momento. 

“Proffe, da quarche indiscrezione corsa su’ social, pare… Dicheno, che lei abbia scoperto che lui, a sua ‘nsaputa, sur un quadruccio de pelle, ancora libbera per poco, s’era fatto tatuà ‘n pandorino d’oro. Per ora è solo ‘n gossip. Però, se fosse vera, ‘n po’ de raggione come ‘n dalla alla poverella, ‘mpallinata da ogni parte?” 

Che dire? Sono ragazzi, vanno perdonati.


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