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Gennaio del 1944, Roma resiste

La storia di Don Giuseppe Morosini e un film che lo ricorda

Il 4 Gennaio del 1944, in via Pompeo Magno, alle 15, il Tenente Haut delle SS arresta il Sacerdote trentunenne Giuseppe Morosini mentre, con il Tenente Marcello Bucchi, stanno per raggiungere il Collegio Leoniano, al numero 21 di quella via, dove abitano. Li ha denunciati Dante Bruna, infiltrato dalla Gestapo tra i Partigiani della Banda Mosconi di Monte Mario, ricevendo, per questa delazione, un alto compenso pari a 70 mila lire. Bruna, era entrato in contatto con Morosini e Bucchi offrendo loro in vendita un mitragliatore, pretesto per avvicinarli e denunciarli alla Gestapo.

Morosini è accusato di aver fatto pervenire al Quartier Generale angloamericano la mappa, avuta da un Ufficiale austriaco dell’Ufficio Operazioni della Wehrmacht, con le postazioni del settore difensivo tedesco davanti a Cassino; del possesso di una pistola, rinvenuta tra la biancheria, e della responsabilità del deposito di armi ed esplosivi nascosto nello scantinato del Collegio Leoniano. Morosini e Bucchi vengono torturati a lungo e più volte perché rivelino nomi e luoghi del Movimento clandestino di Resistenza. Ma non parlano. Tentano di scagionarsi a vicenda, assumendosi l’un l’altro ogni colpa.

Il 22 Febbraio il Sacerdote sarà condannato a morte dal  Feldgericht, il Tribunale di Guerra tedesco che ha sede in via Lucullo. Dal Vaticano saranno esercitate pressioni per risparmiargli la vita, il 15 Marzo il Papa, Pio XII si rivolgerà direttamente ad Albert Kesselring, senza ottenere risposta. Il Presbitero di Ferentino sarà fucilato il 3 Aprile, a Forte Bravetta, da militi italiani della PAI, la Polizia dell’Africa Italiana. All’ordine di “fuoco!”, 10 componenti del Plotone di esecuzione (su 12) spararono in aria. Ferito dai colpi degli altri due militi, Don Morosini verrà ucciso dall’Ufficiale fascista che comandava l’esecuzione, con due colpi di pistola alla nuca. Marcello Bucchi era già caduto, il 24 Marzo, alle Cave Ardeatine, i suoi resti riposano nel sacello 279 del Mausoleo Militare delle Ardeatine.

Quel mese di Gennaio del 1944 non fu, per i tedeschi e i fascisti, che occupavano Roma dall’11 Settembre dell’anno precedente, un mese tranquillo. Diversi attacchi dei Partigiani romani andarono, infatti, a segno, ma i nazifascisti reagirono con violenza. Il giorno 4 parte, infatti, dal Binario 1 della Stazione Tiburtina, il convoglio delle Ferrovie italiane N. 64155, composto da dieci carri merci, con 257/480 (il numero esatto è controverso) contenente antifascisti, ebrei e cittadini comuni, rastrellati in vari momenti e detenuti nel Carcere di Regina Coeli. Il convoglio è diretto verso i Campi di concentramento e sterminio di Dachau e Mauthausen, Si tratta della prima deportazione politica organizzata in Italia, dopo l’occupazione tedesca; operazione poliziesca completamente di matrice italiana, dal concepimento all’esecuzione.

Riporto, di seguito, qualche altro fatto saliente di quei 271 giorni neri, tratto da una fittissima cronologia. La scelta, lo preciso, non costituisce una gerarchia d’importanza dei fatti citati, rispetto agli altri accaduti in quel mese.

Il 7 Gennaio i nazifascisti rastrellano la Borgata di Pietralata. Risultato: 1200 fermati, 242 deportati. Ancora, il 17, i Generali dell’Aeronautica Sabato Martelli Castaldi e Roberto Lordi, dirigenti del Polverificio Stacchini di Colleferro, che rifornivano d’esplosivo i gruppi della Resistenza, si presentano a via Tasso, presso il carcere tedesco, forti della loro posizione di collaboratori della Wehrmacht, per far tornare in libertà il proprietario del polverificio che vi era detenuto, perché sospettato di intese con i Partigiani. I due vengono invece trattenuti e arrestati da Kappler, entreranno entrambi nella sua Lista, dopo l’attacco partigiano di via Rasella e moriranno alle Ardeatine (sacello 92 Roberto Lordi, Sacello 117 Sabato Martelli Castaldi del Mausoleo Militare delle Ardeatine).

Il 24, Maria Teresa Regard, facente parte dei GAP Centrali del PCI, fa esplodere un ordigno nel Posto di ristoro tedesco della Stazione Termini, provocando una ventina di morti e molti feriti. Nello stesso giorno, Nicola Ugo Stame, famoso tenore e uno dei comandanti di Bandiera Rossa (di ritorno dal Fronte di Nettuno, dove aveva operato con un gruppo partigiano) è catturato dalle SS in piazza Mignanelli (morirà alle Fosse Ardeatine, sacello 126).

Sempre il 24, evadono dal Carcere di Regina Coeli, con uno stratagemma basato su falsi documenti di scarcerazione, Sandro Pertini, Giuseppe Saragat con altri esponenti della Resistenza: Luigi Andreoni, Carlo Bracco, Ulisse Ducci, Torquato Lunedei e Luigi Allori. L’operazione è stata organizzata dal medico del Carcere Alfredo Monaco e dalla moglie Marcella, col concorso, dall’esterno, di Giuliano Vassalli, Massimo Severo Giannini, Filippo Lupis e del fratello di Marcella Monaco e Luciano Ficca.

I romani soffrono per il razionamento, i Bandi nazifascisti ed i bombardamenti alleati che – anche in quel mese e in due riprese – colpiscono diverse zone della città, causando morti e feriti. Ma Roma resiste. Cinque mesi dopo, il 4 Giugno, sarà liberata dagli americani, mentre ancora i partigiani romani combattono contro i tedeschi in riturata.

Il 5 Giugno, infatti, moriranno combattendo Ugo Forno (Ughetto), partigiano 12enne, in difesa del Ponte di ferro sul fiume Aniene. Ughetto muore insieme a Francesco Guidi, anche lui accorso in difesa del Ponte e di poco più grande; mentre a Prima Porta, il partigiano 15enne Felice Rosi, muore dopo avere tentato di fermare, con una bomba a mano, un carro armato tedesco Tigre.

In chiusura, torno su Don Giuseppe Morosini per ricordare che la sua figura di Prete Partigiano (insieme a quella di un altro Sacerdote, Partigiano, Don Pietro Pappagallo) è ricordata nel celeberrimo film di Roberto Rossellini “Roma, Città Aperta” (1944-1945) dal personaggio di Don Pietro, interpretato da Aldo Fabrizi, che nella finzione cinematografica finirà fucilato a Forte Bravetta, sotto lo sguardo attonito dei ragazzini del suo Oratorio.


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