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Giuseppe Vendittelli, tenore

La riscoperta di un grande artista che ha trovato sulla sua strada Del Monaco, Pavarotti, Domingo, Carreras e ha calcato i palchi di tutto il mondo

Di Giuseppe Vendittelli è stato detto, con ragione, che si tratta dell’autentica voce da tenore drammatico senza artifizi e forzature apparsa negli ultimi trent’anni del secolo scorso.

Venditelli nasce in Italia a San Vittore del Lazio nei pressi di Montecassino il 15 marzo 1942 in un piccolo paese del basso Lazio a pochi chilometri da Piedimonte d’Alife luogo d’origine della famiglia di Enrico Caruso … Guarda la casualità. Zona martoriata dalle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. Tutto o quasi raso al suolo.

1954, emigrante in Canada

Nella miseria più nera ci si preoccupa del futuro dei figli e le famiglie emigrano nelle Americhe, chi nel Sud, chi a Nord.  Tra queste c’è la famiglia di Giuseppe. Il padre Luigi parte nel 1951 per il Canada. La madre Teresa con 4 figli dopo tre decide di raggiungerlo e la disperazione per l’abbandono degli affetti e delle cose più care si esprime in cocenti lacrime.  Secondo il classico stereotipo degli emigranti con le valige di fibra legate con lo spago, ancora frastornati dal dolore di dover lasciare i nonni e il paese natio, si imbarcano a Napoli sulla piccola motonave Holland e dopo 11 giorni di movimentata traversata atlantica in una terrificante terza classe, arrivano al porto di Halifax e da qui, dopo altri 2 giorni di treno finalmente il ricongiungimento a Montreal con il padre.

Questa la straordinarietà del destino dell’uomo Vendittelli le cui esperienze di vita incredibili, segneranno la sensibilità emotiva anche nella sua vita artistica sul palcoscenico.

Arrivato nel nuovo mondo si trova a combattere con le vicissitudini legate alla difficile condizione di emigrante e frequentando la scuola primaria nella contemporanea necessità di trovare un lavoro per contribuire al bilancio familiare, scopre fin da ragazzo di possedere un dono musicale di portata quasi innaturale. La Passione per la musica risale già all’età di 5 anni quando il nonno materno gli faceva ascoltare i dischi a 78 giri dal piccolo grammofono a tromba azionato a manovella.

Abitando in una grande metropoli può ascoltare radio, dischi e televisione e soprattutto in teatro le opere liriche rappresentate dal Teatro Metropolitan Opera Company di New York in tournée per il Nord America.

L’interesse per la musica penetra come un tarlo. Ascoltando i dischi e imitando i tenori, all’età di 13/14 anni si accorge che anche lui possiede quelle caratteristiche. Un curioso aneddoto in proposito: un giorno la madre si sveglia: «Giusè ma che te si ‘mpazzùto! Sono le tre di notte e stai a cantà “la donna è mobile” a squarciagola!».

Lo ascolta il tenore italiano Attilio Dell’Orso che vive a Montreal e come suoi maestri aveva avuto i grandi Riccardo Stracciari, baritono, e Nazzareno De Angelis, basso. Questo maestro riesce ad infondergli un’ottima base di tecnica vocale, ovvero l’antica ed infallibile padronanza del fiato. Cioè cantare sul fiato senza forzare né gonfiare i suoni né spingere la voce che non vuol dire risparmiare, ma saper controllare il mantice azionato dal diaframma.

Ma per sopravvivere e contribuire al mantenimento della famiglia nel frattempo aumentata con l’arrivo di altri due fratellini bisogna lavorare e l’illusione del canto viene accantonata. Si perdono anni preziosi.

Continuerà ad esercitarsi da solo attraverso l’ascolto dei dischi di Enrico Caruso, Beniamino Gigli e tanti altri. La passione e l’ambizione di riuscire un giorno a cantare “da tenore” è sempre viva.

Grazie anche alla divina fiammella della fede un giorno coronerà l’ambito desiderio.

Al conservatorio di Montreal

Chiunque lo senta cantare gli suggerisce di studiare seriamente. L’ascolta una vecchia insegnante di canto italiana che rimane letteralmente sbalordita dalla qualità della voce e organizza un’audizione straordinaria presso una commissione del Conservatorio di Montreal suscitando ottima impressione e, nonostante l’anno scolastico sia iniziato già da due mesi, viene iscritto d’autorità presso quel conservatorio di musica dove studierà per 6 anni pur continuando a lavorare per aiutare la famiglia.

Con il maestro Riccardo Marzollo, già sostituto del Maestro Arturo Toscanini alla N.B.C. di New York, studia repertorio italiano e in seguito è integrato negli studi dal Maestro Antonio Narducci arrivato da Milano.

In seguito gli stessi maestri gli consigliano di tornare in Italia per potersi familiarizzare con l’ambiente del teatro lirico.

1972, il ritorno in Italia

Arriva a Milano nel 1972 dove l’ascolta il maestro Ettore Campogalliani che lo fa iscrivere alla sua cattedra di canto al Conservatorio Giuseppe Verdi per continuare nell’approfondimento operistico. Dotato di buona memoria, impara velocemente gli spartiti musicali.

Continuando a perfezionarsi con il Maestro Renato Pastorino, si impadronisce ancor di più degli spartiti delle opere più adatte alla sua pasta vocale, opere che, dal debutto ufficiale a 34 anni all’Opera di Genova in Cavalleria rusticana nel 1976, eseguirà in tutti i teatri del mondo: all’Opera di Roma, Venezia, Bologna, Torino, Teatro alla Scala di Milano, Berlino, Liceo di Barcellona, Madrid, Marsiglia, Orange, Avignone, Nizza, Tolone, Caracas, Lima, Cile, Messico City, Rio de Janeiro e tante altre città in Italia e all’estero.

Nella sua carriera, dall’anno 1975 al 1995, è stato mirabile interprete delle opere del suo repertorio da tenore eroico-lirico spinto-drammatico quali: Aida, Forza del destino, Attila, Ernani, Trovatore, Otello, Nabucco, La Gioconda, Cavalleria Rusticana, Pagliacci, Piccolo Marat, Parisina, Fanciulla del West, Tosca, Manon Lescaut, Tabarro, La Donna serpente, Sansone e Dalila, Andrea Chenier, Norma e altre ancora riscuotendo sempre entusiasmanti successi di critica e di pubblico.

Nel 1978 lo “scopre” il grande Maestro Gianandrea Gavezzeni e dopo una meticolosa audizione lo fa scritturare per il difficile e massacrante ruolo di Ugo d’Este nella Parisina di Pietro Mascagni che inaugura la stagione lirica al Teatro dell’Opera di Roma. Successivamente gli affida l’improbo ruolo di Re Altidor di Teflis nell’opere La donna serpente di Alfredo Casella che verrà eseguita al Teatro Massimo di Palermo.

Il Maestro Gavazzeni lo stima molto e lo dirige in diverse opere in vari teatri incluso il teatro alla Scala di Milano. Ad ogni incontro gli ripete: «Il suo caso è unico; voce eccezionale, ottima preparazione musicale, sempre rispettoso e cordiale con tutti. Perché i teatri non l’impegnano di più? E’ incredibile.» E ribadisce, «Sono anni che dirigo; il suo caso è unico e non capisco. Sarà che dà fastidio con la sua voce? Misteri del teatro. Peccato per i veri appassionati e intenditori di voci.» E questo vale più di qualsiasi altro commento o critica.

Una brillantezza vocale che esprime lo stato d’animo dell’interprete dei diversi personaggi dei quali assimila l’intimismo emozionale che ritrasmette nel pathos di chi l’ascolta e non lo dimentica.

I suoi acuti sono scintillanti sciabolate d’acciaio cromato spalancati alla libertà del mondo.

Ciò che è stato qui riportato è per far capire quanto sia importante l’istintiva predisposizione naturale, sia quanto la stessa risulti efficace quando affiancata alla padronanza del bel canto confortato e addomesticato dal lungo studio ed esercizio di perfezionamento di un passaggio, di una frase, di un suono, sempre tendente ad ottimizzare il dosaggio del fiato.

1995, il ritiro dalle scene

Nel 1995 decide di chiudere col canto nonostante sia ancora nel pieno possesso dei suoi mezzi vocali (e forse lo è ancora).

Le ragioni? Semplice: si è stancato dell’ambiguo e difficile ambiente del Teatro. Troppi pregiudizi, invidie, falsità per una persona forse ingenua, ma generosamente sincera e onesta che ha vissuto amare esperienze di vita sulla propria pelle.

Mai sceso a compromessi, è diventato troppo difficile per lui continuare a cantare senza la tutela della copertura di un agente ben ammanigliato (che ha sempre rifiutato). Una sofferenza, è vero, ma senza cedere; preferisce smettere pur se con dolore e grande rammarico.

Per ascoltare Vendittelli

Delle sue incisioni, rigorosamente dal vivo, è disponibile sul mercato l’intera opera Parisina di Pietro Mascagni ripresa all’inaugurazione della stagione 1978/1979 al Teatro dell’Opera di Roma con la direzione di Gianandrea Gavazzeni.

E’ disponibile poi sul mercato discografico un cofanetto con 2 CD che comprende 32 brani, tutti dal vivo, pubblicati dall’editore Bongiovanni di Bologna della collana “Il mito dell’opera”. E ancora un altro con 18 nuovi brani recuperati dallo stesso editore; tutto acquistabile in internet.

Sentirete un canto appassionato che nasce dalle viscere e arriva al cuore suscitando intime vibrazioni nell’animo di chi ascolta.  Provate a concentrare l’attenzione su ogni frase cantata e scoprirete nell’inflessione naturalmente commossa, una velata malinconia nella sua voce.

Curatore biografia: Giorgio A. Zentilomo. Ultimo aggiornamento Luigi Matteo


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