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I patrioti della Repubblica Romana sconfiggono i francesi il 30 aprile 1849

INTRODUZIONE

Il 29 marzo 1849, dopo la vittoria dell’Austria a Novara nella guerra alla quale hanno partecipato anche alcuni reparti  militari della Repubblica Romana a sostegno dei  piemontesi, l’Assemblea Costituente romana, temendo l’intervento  dell’Austria per  la restaurazione del potere temporale del Pontefice, sostituisce il Comitato Esecutivo con un Triumvirato composto da Giuseppe Mazzini, dal giurista Carlo Armellini e dal giovane letterato Aurelio Saffi, ai quali sono conferiti ‹‹poteri illimitati per la guerra di indipendenza e per la salvezza della Repubblica››.

I Triumviri lanciano un appello ai liberali italiani per costituire un esercito per la difesa della Repubblica, dato che Pio IX ha chiesto l’aiuto dei Sovrani cattolici europei per riprendere la città e restaurare il potere temporale.

In pochi giorni giungono a Roma migliaia di volontari, molti dei quali hanno combattuto nella guerra contro l’Austria. Garibaldi è tra i primi ad accorrere in aiuto della Repubblica Romana, con i suoi Legionari con la camicia rossa, che hanno combattuto in Sud America.

Ci sono inoltre molti patrioti fuggiti dallo Stato borbonico e 1500 studenti universitari  provenienti da varie città italiane.

Gli studenti dell’Università romana de La Sapienza costituiscono il Battaglione universitario romano. Ci sono anche molti giovani artisti stranieri, studenti delle Accademie estere che hanno sede a Roma.

Le forze repubblicane in città, tra soldati regolari ex pontifici, membri della Guardia Civica e volontari, ammontano a circa 10.000 uomini, divisi in quattro Brigate: la prima è comandata da Garibaldi e deve difendere le mura cittadine da Porta S. Pancrazio (Gianicolo) a Porta Portese (Trastevere); la seconda, agli ordini del Colonnello Luigi Masi, deve difendere le mura del Vaticano tra Porta Angelica e Porta Cavalleggeri; la terza, al comando del Colonnello Savini, controlla la riva sinistra del Tevere: la quarta, al comando del Colonnello Galletti, è di “riserva”. Capo di Stato Maggiore è Carlo Pisacane e  Ministro della guerra il Generale Avezzana.

Intanto il Papa ha ottenuto l’aiuto militare dell’Austria, della  Francia, della  Spagna e del Regno di Napoli, che inviano i loro eserciti contro la Repubblica Romana. In particolare, l’Assemblea Nazionale Francese concede al Governo uno stanziamento di 1.200.000 franchi per finanziare una spedizione militare ‹‹rivolta non ad abbattere la Repubblica Romana, ma a sostenere efficacemente la mediazione tra il Papa ed i romani››.

I FRANCESI SBARCANO A CIVITAVECCHIA

Il 24 aprile 1849 nel  porto di Civitavecchia sbarcano circa 8.000 soldati francesi, partiti il 22 aprile dal porto di Tolone, che sono in gran parte veterani della guerra di Algeria, al comando del Generale Nicolas Charles Victor Oudinot, il quale dichiara che il Governo francese intende ‹‹rispettare il voto delle popolazioni romane…e non imporre alcuna forma di governo che non sia da loro accettato››. Al riguardo l’art. V della Costituzione francese dispone che ‹‹la Repubblica rispetta le nazionalità estere…non intraprende alcuna guerra a fini di conquista e non adopera mai le sue forze contro la libertà di un popolo››.

Il Generale Oudinot chiede ai dirigenti della Repubblica Romana di occupare militarmente il Lazio, in modo che la Francia possa avere una “legittima influenza” sullo Stato pontificio. Naturalmente le proposte francesi non sono accolte dall’Assemblea Costituente che il 26 aprile affida all’unanimità al Triumvirato il compito di ‹‹salvare la Repubblica e di respingere la forza con la forza››. Di conseguenza, il Ministro degli esteri francese Edouard Drouyn de Lhuys ordina al Generale  Oudinot di marciare su Roma sperando in un ingresso pacifico nella città.

Dopo lo sbarco dei Francesi arrivano a Civitavecchia 600 Bersaglieri lombardi, guidati da Luciano Manara, che facevano parte della Divisione Lombarda impegnata nella guerra contro l’Austria, e che vogliono difendere la Repubblica Romana. I Francesi però non li fanno sbarcare. Dopo una trattativa, i Bersaglieri sono autorizzati a raggiungere Roma sbarcando ad Anzio (dove arrivano il 27 aprile), ma si sono impegnati a non combattere in difesa della Repubblica prima del 4 maggio.

In seguito però i Francesi catturano un centinaio di Volontari, accorsi in difesa della Repubblica Romana, sbarcati a Civitavecchia.

LA BATTAGLIA DEL 30 APRILE 1849

La mattina del 30 aprile i Francesi arrivano attraverso la Via Aurelia in prossimità di Roma e si dividono: la Brigata comandata dal Generale Jean-Baptiste Philibert  Vaillant prosegue per la Via Aurelia per raggiungere il Vaticano e quindi entrare in città da Porta Pertusa. Con loro c’è anche Oudinot. La Brigata al comando del Generale Pierre Alexandre Jean Mollière prosegue lungo la Via Aurelia Antica per raggiungere Villa Pamphili, per poi entrare in città da Porta San Pancrazio.

Lungo il percorso ci sono numerosi cartelli con il testo dell’art.5 della Costituzione francese, che i soldati leggono ridendo. Del Resto Oudinot è convinto, e lo ha detto chiaramente ai suoi uomini, che i Romani non si batteranno. Quindi pensa di entrare facilmente in città. Verso le ore 11 i Francesi arrivano sotto le mura vaticane a Porta Pertusa, che trovano chiusa con un muro. Infatti è stata murata da alcuni anni e le carte topografiche francesi non sono aggiornate. Sono convinti che i romani si arrenderanno subito senza opporre alcuna resistenza e quindi entreranno in città, sfondando il muro che chiude la Porta, che però è stato rinforzato all’interno. I patrioti romani della Guardia Civica rifiutano di arrendersi e resistono ai loro attacchi per sfondare la Porta. Allora i Francesi, seguendo le mura vaticane, si dirigono in parte alla Porta Angelica (difesa dalla milizia cittadina) ed in parte alla Porta Cavalleggeri (difesa dal Colonnello Masi), che chiudono la Piazza del Vaticano.  Però anche qui i patrioti resistono ai loro attacchi.

Intanto la Brigata al comando del Generale Mollière arriva a Villa Pamphili, dove si scontra con il Battaglione Universitario romano, al comando del Colonnello Pallavicini, che però è costretto, per la grande disparità di forze, a ripiegare verso il Casino dei Quattro Venti e Villa Corsini, dove sopraggiunge Garibaldi con i suoi Legionari e con i Lancieri del Colonnello Masina, usciti da Porta San Pancrazio, che riesce a fermare i Francesi in un durissimo scontro, combattuto anche corpo a corpo. Nino Bixio riesce con pochi uomini, con uno stratagemma, a catturare un intero Battaglione del 20° Reggimento francese, guidato dal Maggiore Picard.  Dopo alcune ore di combattimenti, il Generale Mollière decide di ritirarsi, tornando indietro lungo la Via Aurelia.

A questo punto Garibaldi, benché ferito leggermente da una pallottola ad un fianco (che fa medicare la sera dal dott. Ripari), accorre con i suoi Legionari ed altre truppe, costeggiando le Mura che scendono dal Gianicolo, a Porta Cavalleggeri, prendendo alle spalle i Francesi del 33° Reggimento. Pertanto, anche Oudinot deve ordinare la ritirata di tutte le sue truppe lungo la via Aurelia. I Francesi hanno subito una grave sconfitta, con circa 300 morti, 530 feriti (curati negli ospedali dei Pellegrini e di Santa Maria della Scala) e 360 prigionieri.  Invece patrioti romani hanno avuto solo 62 morti ed un centinaio di feriti.

Garibaldi, sostenuto anche dal Colonnello Galletti, vorrebbe inseguire con i suoi cavalieri i Francesi, che sono appiedati, per impedire la ritirata e quindi catturarli. Però Mazzini, pensando ad un armistizio con la Francia, ordina a Garibaldi di desistere dal suo progetto perché non intende “umiliare” ulteriormente i soldati francesi, con la loro disfatta totale, che avrebbe provocato una durissima reazione del Governo francese ed avrebbe anche accelerato l’invasione del Lazio da parte degli Austriaci. Mazzini inoltre convince Garibaldi a liberare i prigionieri francesi. Oudinot, che si è accampato a Castel di Guido, al 18° km della Via Aurelia, ricambia liberando Ugo Bassi, catturato a Villa Pamphili, ed i Volontari, accorsi in difesa della Repubblica Romana, catturati dopo il loro sbarco a Civitavecchia.

Il primo maggio Garibaldi esce da Porta San Pancrazio con i suoi Legionari a cavallo e si unisce a Malagrotta (al 14° Km della Via Aurelia) con i Lancieri del Colonnello Masina ed un reparto di Dragoni ex pontifici, deciso a tagliare la ritirata dei Francesi verso Civitavecchia. Oudinot però gli manda incontro un ufficiale per avvisarlo che sta trattando l’armistizio con il Triumvirato, dal quale, quasi contemporaneamente, riceve l’ordine di ritornare in città, che a malincuore esegue perché aveva la vittoria a portata di mano. Peraltro la Repubblica aveva numerose “truppe fresche”, che non avevano partecipato ai combattimenti, compreso il Reparto dei Bersaglieri Lombardi di Luciano Manara. Così i Francesi, che hanno passato la notte a Castel di Guido “in armi”, temendo un attacco, possono ritirarsi tranquillamente a Civitavecchia, in attesa dei rinforzi per un nuovo attacco alla città.

LA FINE DELLA REPUBBLICA ROMANA

Nei giorni seguenti, il Presidente francese Luigi Napoleone Bonaparte decide di inviare rinforzi a Oudinot e manda a Roma, come ambasciatore e plenipotenziario per trattare con i Triumviri, il barone Ferdinand de Lesseps che parte da Tolone il 9 maggio. Intanto il 13 maggio si tengono in Francia le elezioni legislative. Uno dei principali argomenti del dibattito politico è la restaurazione del potere temporale del Papa. Le elezioni sono vinte dai monarchici e dai moderati, che conquistano 450 seggi su 750. Questo rafforza il Presidente Luigi Napoleone Bonaparte.

Intanto, il Triumvirato invita la popolazione alla lotta ed alla mobilitazione militare.

Il 15 maggio, si chiudono le porte della città: nessuno può lasciare Roma, ad eccezione delle truppe. Sono requisite tutte le farmacie.

Il 15 maggio arriva a Roma de Lesseps, che ottiene una tregua di 20 giorni, fino al 4 giugno. Il Governo francese in realtà vuole solo guadagnare tempo per inviare i rinforzi militari al generale Oudinot.

Il 31 maggio il Triumvirato firma con de Lesseps un Trattato in base al quale la Francia assicura il suo appoggio militare per la difesa della Repubblica Romana ‹‹contro ogni invasione straniera››. Naturalmente il Trattato non è ratificato dal Governo francese. Però la tregua sarebbe durata altri giorni dopo la comunicazione della non ratifica.

Intanto, il Re borbonico Ferdinando II, repressa l’insurrezione siciliana, con la resa di Palermo il 14 maggio, invia verso Roma un forte contingente di 8.500 soldati, con 52 cannoni e un reparto di Cavalleria. Il Triumvirato decide quindi di muovere contro di loro le  truppe repubblicane, guidate dal Comandante in Capo, Generale Roselli. L’avanguardia dell’esercito borbonico, comandata dal Generale Ferdinando Lanza, è sconfitta il 9 maggio a Palestrina dai Legionari di Garibaldi e dai Bersaglieri Lombardi di Luciano Manara. Intanto l’esercito repubblicano, guidato dal Generale Roselli, muove contro il grosso delle truppe napoletane, guidate dal Re Ferdinando II, che si trovano tra Velletri ed Albano, nei Castelli Romani. Però il Generale borbonico Lanza decide di non combattere e si ritira verso Terracina. Garibaldi sconfigge i napoletani il 16 maggio a Velletri e poi li insegue oltre i confini dello Stato borbonico, sconfiggendoli di nuovo ad Arce (Frosinone). Manara occupa Frosinone il 24 maggio. Garibaldi vorrebbe continuare la lotta nel Regno delle Due Sicilie, ma il 26 maggio è di nuovo richiamato a Roma dal Triumviri, dato che sta per scadere l’armistizio  con  i  Francesi, e rientra con Manara in città il primo giugno.

Intanto il 28 maggio sono sbarcati a Gaeta circa 9.000 soldati Spagnoli, al comando del Generale Fernando Fernandez De Cordova, Capitano Generale della Castiglia, che offre il suo aiuto ad Oudinot, il quale lo rifiuta avendo ricevuto i rinforzi. Infatti a Civitavecchia sono sbarcati 24.000 soldati francesi, in gran parte reparti di truppe coloniali (i  famosi zuavi), con circa 75 cannoni ed armati dei nuovi fucili a retrocarica (gli chassepots ). Quindi gli spagnoli si recano in Umbria, che non è stata occupata dagli Austriaci.

Oudinot comunica al Triumvirato che la tregua scade il 4 giugno. Però il giorno prima, all’alba, attacca di sorpresa le truppe repubblicane a Porta San Pancrazio. Inizia un mese di duri combattimenti, che si concludono il 30 giugno con l’occupazione delle mura del Gianicolo da parte dei Francesi, che bombardano pesantemente la città per costringerla alla resa. La mattina del 3 luglio l’Assemblea Costituente, riunita nel Palazzo Senatorio sul Campidoglio, approva la Costituzione della Repubblica Romana, che non entrerà in vigore, dato che la sera i Francesi entrano in città da Piazza del Popolo. La Repubblica Romana è finita dopo 5 mesi.

Il Papa Pio IX ritorna a Roma solo 9 mesi dopo, il 12 aprile 1850, quando la situazione è ormai “normalizzata”, non solo in città ma in tutto lo Stato Pontificio.

 


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