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I viali ed i parchi della Rimembranza per ricordare i caduti della Grande Guerra

Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale in moltissimi Comuni ci furono iniziative popolari per la realizzazione di monumenti, cippi e lapidi, recanti i nomi dei soldati Caduti nel conflitto, allo scopo di creare una memoria ed una pietas collettiva, come si era fatto nelle guerre del Risorgimento.

Dopo la presa del potere da parte del fascismo, il regime di Mussolini, nella “strategia della ricerca del consenso popolare”, si appropriò delle celebrazioni della Vittoria del 4 novembre 1918 nella Grande Guerra, che aveva portato alla Unificazione Nazionale, con la conquista di Trento e di Trieste (ed anche dell’Istria e della Dalmazia, poi perdute con la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale).

Così, alla fine del dicembre 1922, il Sottosegretario alla Pubblica Istruzione, Dario Lupi, stretto collaboratore del Ministro Giovanni Gentile, ispirandosi  a quanto era stato fatto nella città di Montreal (Canada), nella quale, dopo la Grande Guerra, era stata costruita una Strada della Rimembranza fiancheggiata da alberi (che recavano una targa di ottone con inciso il nome del soldato caduto e la data della sua morte), propose di realizzare in tutti i centri abitati un Viale o un Parco della Rimembranza, per ricordare ed onorare i Caduti della Prima Guerra Mondiale.

Lupi voleva realizzare in Italia tantissimi Viali o Parchi della Rimembranza, con la piantumazione di oltre seicentocinquantamila alberi nuovi, tanti quanti erano i soldati italiani Caduti nella Grande Guerra e si impegnò attivamente per realizzare questo obiettivo.

Il 27 dicembre 1922 il Ministero della Pubblica Istruzione inviò a tutti i Regi Provveditori agli Studi una Circolare, diretta alle Scuole Elementari, con la quale si chiedeva  «che le scolaresche d’Italia si facciano iniziatrici di una idea nobilissima e pietosa: quella di creare in ogni città, in ogni paese, in ogni borgata, la Strada o il Parco della Rimembranza. Per ogni Caduto nella grande guerra, dovrà essere piantato un albero; gli alberi varieranno a seconda della regione, del clima, dell’altitudine …».

In pratica gli scolari dovevano piantare un albero per ogni soldato Caduto. In questo modo,  ci sarebbe stato, simbolicamente,  il  “passaggio di testimone” tra il soldato Caduto, il cui nome era inciso su una targa metallica posta sull’albero,  e gli scolari che l’avevano piantato e che erano  i “futuri soldati” italiani.

Il giorno seguente, 28 dicembre, il Ministero pubblicò sul Bollettino Ufficiale n. 52 la Circolare  n. 73 contenente le Norme per la costituzione dei Viali e Parchi della Rimembranza, che in particolare stabiliva che  «tre regoli di legno dei tre colori della bandiera nazionale … descrivano un tronco di piramide triangolare e siano tenuti fissi da sei traversine sottili di ferro … Uno dei regoli, e precisamente quello colorato in bianco, alquanto più lungo degli altri due, dovrà portare a 10 cm dall’estremità superiore una targhetta in ferro smaltato, con la dicitura:
IN MEMORIA
DEL (grado, nome, cognome)
CADUTO NELLA GRANDE GUERRA
IL (data)
A (nome della battaglia)».

Successivamente, questo “sistema” fu sostituito da uno più semplice: su ogni albero piantumato erano poste tre fasce, rappresentative dei colori della bandiera nazionale

(verde, bianco e rosso). La fascia bianca, posta al centro, era però più larga delle altre due perché recava una targhetta in ferro smaltato, con il nome del soldato Caduto ed il luogo in cui era morto.

In seguito furono emanate altre Circolari dal Ministero della Pubblica Istruzione per sollecitare e regolamentare la realizzazione di Viali o Parchi della Rimembranza. In particolare non si potevano piantare meno di 20 alberi. Pertanto, i Comuni che avevano avuto meno di 20 Caduti, dovevano riunirsi con quelli limitrofi per realizzare un Viale o un Parco della Rimembranza “comune”.

I Comuni erano liberi di scegliere il luogo nel quale piantare gli alberi ed in genere si scelsero le strade che conducevano al cimitero o alla Scuola Elementare.

Ci fu una grande adesione al Progetto da parte delle Scuole Elementari che, in un anno, realizzarono in oltre mille Comuni  il proprio Parco, che divenne uno “spazio sacro”,  destinato ad ospitare le  cerimonie fasciste in ricordo della Grande Guerra.

Nei Comuni si costituirono, con la collaborazione degli insegnanti delle Scuole Elementari, dei Comitati esecutivi, per redigere l’elenco dei soldati Caduti, sulla base delle informazioni ricevute dall’Ufficio comunale di Anagrafe e dal Distretto Militare.

Dopo aver accertato il numero dei cittadini del proprio Comune, morti nella Grande Guerra e aver così stabilito il numero degli alberi da piantare (uno per ogni Caduto), la Giunta Comunale sceglieva il luogo dove realizzare il Viale o il Parco della Rimembranza in cui fare la piantumazione delle giovani piante degli alberi  (in genere cipressi, pini, lecci, tigli… ), che erano ceduti gratuitamente dalla Direzione Generale delle Foreste del Ministero dell’Agricoltura.

Gli alberi da piantare non erano gli stessi in tutti i Comuni. Infatti, la pianta doveva rappresentare l’identità ambientale del luogo. Però, in seguito, fu stabilito, in base ad un progetto di “unificazione nazionale”, che si dovevano piantare al Nord piante tipiche del Sud e viceversa. Il progetto però non fu realizzato ovunque per la carenza di essenze arboree e per i costi del trasporto.

La piantumazione degli alberi era un vera “cerimonia” compiuta dagli scolari, che in questo modo si “sostituivano” al soldato Caduto e gli manifestavano la riconoscenza dei concittadini per il suo sommo “sacrificio per la Patria”.

Infatti, gli alberi piantati rappresentavano «la spirituale comunione tra i vivi ed i morti per la Patria», erano «luoghi sacri», dove i fanciulli si sarebbero educati alla «santa emulazione degli eroi».

Le modalità della “piantumazione” furono regolamentate con precisione. In particolare  i piccoli alberi dovevano essere piantati su entrambi i lati della strada che era stata scelta, in buche profonde almeno 1 metro, nelle quali erano messi prima  calcinacci  e pietre (che simboleggiavano la casa), poi uno strato di 10 cm di terra fertile e scarti di legname e quindi 1 kg di fertilizzante (perfosfato). Dopo la piantumazione della piantina, le si metteva vicino un paletto bianco, della stessa altezza, infisso in un buco profondo circa 50 cm, sul fondo del quale si versava della cenere. La piantina era quindi legata al paletto con un vimine (una pianta che vive vicino all’acqua, in ricordo del fiume Piave, dove si era attestata l’estrema difesa degli nostri soldati dopo la “disfatta di Caporetto” dell’ottobre 1917) e tra la pianta ed il bastone era posto un pezzo di tronco di granturco tagliato a metà. Era anche regolamentata la manutenzione degli alberi, che doveva essere fatta costantemente, per alcuni anni dagli scolari della stessa Scuola.

Fu anche istituita una Guardia d’Onore, formata dagli scolari, a cui fu affidata la cura dei Viali e dei Parchi della Rimembranza, che costituirono le cosiddette Selve Votive.

Con Legge 21 marzo 1926 n. 559 i Viali ed i Parchi della Rimembranza, dedicati non più solo ai Caduti nella Grande Guerra, ma anche ai fascisti caduti nella cosiddetta “rivoluzione fascista” (dalla fondazione dei Fasci di Combattimento a Milano il 23 marzo 1919 alla “presa del potere” dopo la “marcia su Roma” del 28 ottobre 1922) furono dichiarati pubblici monumenti. Infatti, l’art. unico della Legge recita: «I Viali e i Parchi della Rimembranza, dedicati, nei diversi Comuni del Regno, ai caduti nella guerra 1915-1918 e alle vittime fasciste, sono pubblici monumenti…».

Con la Legge n. 7 marzo 2001 n. 78 tutti i monumenti” della Grande Guerra, non solo «le cose, direttamente o indirettamente realizzate per l’attività bellica» (che ne costituiscono le cosiddette “vestigia”, come le fortificazioni) «o per la sua memoria, ricordo o documentazione» (come i  Viali ed i Parchi della Rimembranza),  furono dichiarati “Beni Culturali” e quindi sottoposti  al regime speciale previsto dall’art. 50, comma 2, del Codice dei Beni Culturali (approvato con il Decreto Legislativo n. 42 del 2004) secondo il quale «senza l’autorizzazione del Soprintendente, è vietata la rimozione di cippi e monumenti, costituenti vestigia della Prima Guerra Mondiale».

La qualifica di Beni Culturali ai Viali ed ai Parchi della Rimembranza, che sono “Monumenti pubblici“, è stata espressamente riconosciuta con una esplicita Nota dell’Ufficio Legislativo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – MiBAC, del 1 agosto 2008, prot. N. 14365, secondo la quale «sono qualificati senz’altro (cioè senza necessità di un’apposita dichiarazione) Beni Culturali, ai sensi dell’art. 10, Comma 4, Lett.f) del Codice dei Beni Culturali… le ville,i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico e storico» (come i Viali ed i Parchi della Rimembranza).

Giorgio Giannini


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