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Il “Rumore del Male”, ovvero la storia di Rudolf Thyrolf

Un "nazista qualunque", di cui quasi per nulla si scrive e si fa Memoria

“Salve tenebra, vecchia amica mia / Eccomi a parlare ancora con te /
Perché una visione silenziosamente / Si è intrufolata mentre dormivo /
Ed ha lasciato una traccia / E questa visione mi si è impiantata in testa /
E lì rimane ancora con il frastuono del silenzio. //. 
(Simon & Garfunkel “Sound of Silence”,1969)

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Roma, Palazzo Venezia, 10 Giugno 1940, il giorno delle “decisioni irrevocabili”… e della catastrofe

“Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno d’Albania!

Ascoltate!

L’ora, segnata dal destino, batte nel cielo della nostra patria.

L’ora delle decisioni irrevocabili.

La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori d Gran Bretagna e di Francia.”………”.

“[…]”.

(Benito Mussolini – Palazzo Venezia, Roma, 10 Giugno 1940)

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Tutte le storie hanno un inizio, anche quella di cui scrivo qui. In questa storia, tutto comincia a Roma, nel pomeriggio tra il 24 ed il 25 Luglio del 1943, quando 28 gerarchi fascisti arrivano, in camicia nera, all’ingresso del Palazzo di Venezia – sito sull’omonima Piazza – e residenza di lavoro del duce ed entrano alla spicciolata. Dopo poco, nella “Sala del Pappagallo” arriva Mussolini – trovandoli tutti accomodati sui loro scranni. Dunque, la Seduta del Gran Consiglio del Fascismo può avere luogo, Dopo il rituale “Saluto al Duce”, chiesto ai presenti dal Segretario del Partito, Carlo Scorza e la sua lettura dei nomi dei gerarchi, che alla chiama rispondono “Presente”, la Seduta ha davvero inizio e nessuno in quella Sala (Mussolini compreso) immagina cosa accadrà nelle ore successive, ma quella sarà la prima (dopo tanto tempo) e l’ultima Seduta di quell’importante Organismo fascista. La fine di quella riunione decreterà infatti – con le 20 firme (su 28) di gerarchi, in calce all’Ordine del Giorno presentato da Dino Grandi – la fine del fascismo mussoliniano. (*)

Nota: tra i 20 firmatari di quell’Ordine del Giorno figurava anche Galeazzo Ciano, ex Ministro degli Esteri e genero di Mussolini. Ciano, con altri cinque di quei gerarchi (Emilio De Bono, Luciano Gottardi, Giovanni Marinelli, Carlo Pareschi e Tullio Cianetti) sarà catturato, processato, condannato e fucilato, nel Gennaio del 1944 nel Poligono di Tiro di Verona, dai fascisti repubblichini di Mussolini e Pavolini – divenuto Segretario del ricostituito Partito Fascista Repubblicano, e fondatore delle Brigate Nere – che ne aveva caldeggiato la condanna a morte.

Dopo l’esecuzione, un Ufficiale delle SS scrisse sprezzante nel rapporto ai suoi superiori che: “gli uomini che non giacevano a terra, erano stati colpiti così male che si contorcevano e gridavano e si era reso necessario sparare i colpi di grazia da parte del comandante e di alcuni militi del plotone d’esecuzione.”.

Nelle prime ore della mattina del 25 Luglio, sembra sia davvero tutto finito e per i gerarchi in orbace, ma non solo per loro, tutto sembra arrivato al capolinea, anche le loro vite. Nella giornata spariranno le camicie nere, i distintivi del Partito Nazionale Fascista (i romani li chiamano “cimici”) e spariranno anche i gerarchi, impauriti per le manifestazioni di giubilo che, col passare delle ore, riempiono la città.

Ma, in realtà, il fascismo sarà duro a morire e la sua coda repubblichina non solo sarà velenosa, ma lascerà una lunga traccia di sangue in un’Italia semidistrutta dalla guerra che, per liberarsi dell’occupazione nazista e dei fascisti, dovrà lottare ancora per 20 sanguinosi mesi, imbracciando le armi e pagando un dazio altissimo, in vite spezzate, per riconquistare la libertà e la democrazia, queste si repubblicane per davvero.

Ma entriamo adesso nella storia oggetto di questa Nota.

Se – come avete letto – secondo i componenti del famoso duo americano Simon e Garfunkel, il silenzio ha un suo suono, a volte assordante, anche il male fa rumore e si porta dietro – come capirete continuando a leggere – violenza, morte, indifferenza e dimenticanza, in quantità industriale.

Dunque, nelle stesse ore in cui – per volontà di quei 20 gerarchi – a Roma cade il fascismo, a Raisemberg, Capoluogo della Regione tedesca dei Sudeti in Cecoslovacchia, lo Sturmbannführer delle SS, Rudolf Jhoannes August Thyrolf, si prepara a lasciare il Gau tedesco dei Sudeti, dove – avendo percorso una veloce carriera all’interno delle SS – ricopre la carica di Vice comandante della Polizia di Sicurezza e del Servizio di Sicurezza (SD) di quel Corpo di pretoriani del Fuhrer.

Thyrolf, viene dapprima trasferito ad Innsbruck e poi arriva – dopo la proclamazione dell’Armistizio, insieme con i militari tedeschi che invadono l’Italia dal Brennero con l’”Aktion Alarich” – nel territorio non più italiano dell’Alpenvorland, ovvero la cosiddetta “Zona D’Operazioni delle Prealpi”; comprendente il territorio di Bolzano, Trento e Belluno, nel quale i fascisti saloini – pur rimanendo presenti – non hanno più alcun potere. Quel territorio, infatti, è stato incorporato, manu militari, nel Terzo Reich germanico che avrebbe dovuto durare mille anni, ma ne durerà, invece, solo 12.

Thyrolf – in virtù dell’Ordine di Servizio n. 22, datato 3 Giugno 1944, firmato da Ernst Kaltenbrunner, il potente braccio destro di Himmler e capo dei Servizi di Polizia e Scurezza delle SS – si insedia dunque a Bolzano, come Responsabile della Polizia di Sicurezza e del Servizio di Sicurezza delle SS, con giurisdizione su tutto il territorio delle Prealpi, diretto amministrativamente dal Gaulaiter Franz Hofer, che era un buon amico di  Kaltenbrunner e lo sarà anche di Thyrolf.

Formalmente dipendente dal Generale delle SS Wilhelm Harster (che Thyrolf non ama) Comandante della Polizia e del Servizio di Sicurezza tedesco in Italia (basato a Verona) Thyrolf spesso lo snobba e Harster ricambia con pari monetaMa Thyrolf  riesce però sempre ad ottenere, per il suo “lavoro”, direttamente da Berlino – ed esattamente da Kaltenbrunner – quello che da Verona Harster gli nega ed è lì, nel territorio dell’Alpenvorland, che Rudolf Thyrolf comincia davvero la sua carriera di boia senza pietà. (**)

Nota: il Generale delle SS Wilhelm Harster, prima di arrivare in Italia, era stato Comandante della Polizia e dei Servizi di Sicurezza delle SS nei Paesi Bassi e si era macchiato di crimini di guerra, con la deportazione e l’assassinio di migliaia di ebrei (tra cui Annelise Frank) e resistenti antinazisti di quei Paesi. In Italia da Harster dipendevano anche i Campi di Transito di Fossoli di Carpi (Modena) e di Bolzano Gries, due importanti – e mortifere – “stazioni” del “viaggio” dei deportati verso i Campi di Sterminio di Germania e Polonia. Harster morirà a Monaco di Baviera il giorno di Natale del 1991.

Rudolf Thyrolf, Classe 1906, era nato a Varsavia da genitori tedeschi ed era quello che allora si definiva un “tedesco etnico”. Fin da ragazzo si dimostra convintamente di destra e nazionalista e da subito, sarà affascinato dal nazionalsocialismo. Infatti, dall’età di 16 anni, comincerà a tempestare gli Uffici del Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi (NSDAP) con la richiesta di iscrizione che arriverà, però, solo nel Gennaio del 1933. Da studente universitario – con una borsa di studio fornita da una pseudo organizzazione culturale in realtà un’emanazione nazista – Thyrolf va a studiare a Liverpool e diventa, nello stesso momento, una spia nazista. Nel 1936, al suo interno da Liverpool, verrà finalmente anche accolto – rispondendo ai requisiti richiesti per indossare la divisa nera con il teschio,– nelle SS (tessera N.129.870) e inizierà  così una fulminante carriera che lo porterà fino ad ottenere il grado di Sturmbannführer, equivalente a quello di Maggiore della Wermacht, l’Esercito germanico.

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Nel periodo dall’8 Settembre del 1943 all’8 Maggio del 1945 Thyrolf resta al suo posto, a Bolzano, facendo, egregiamente, il lavoro sporco per il quale era stato mandato in quel territorio, ovvero arrestando, torturando ed uccidendo i partigiani, ma anche i civili che sono l’acqua” di quei fastidiosissimi “pesci”,  secondo la dottrina nazista della “terra bruciata”.

Nel 1945, quando l’aria per quelli come lui si fa irrespirabile fugge da quella città verso la Germania, ma viene catturato dagli americani. Ha con sé documenti falsi, quindi i militari USA non capiscono di avere tra le mani un criminale nazista ricercato. Tuttavia – come fanno con molti militari tedeschi – prima lo internano in un Campo di prigionia e poi, dopo sei settimane di detenzione, lo rilasciano. Thyrolf torna allora tranquillamente in Germania e nel 1954 – grazie all’amnistia voluta dall’allora Cancelliere tedesco federale Konrad Adenauer – torna ad essere un uomo libero.

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Da quel momento, inizia la “seconda vita” dello Sturmbannfuher SS Rudolf Thyrolf, alias il “Boia di Bolzano”, una vita del tutto tranquilla durante la quale Thyrolf diventa Avvocato e sostituto Notaio. Dall’anno dell’Amnistia, che ha cancellato tutto il suo passato di convinto nazista, passano dieci anni e, il 27 Maggio del 1964 è lui l’uomo che entra nella Stazione della Polizia Criminale di Stolberg, graziosa cittadina del Land Nord Reno-Westfalia, nei pressi di Aquisgrana.  Al piantone si presenta come Rudolf Jhoannes August Tyrolf, ovvero con il suo vero nome e cognome, esercente la professione di Avvocato e sostituto Notaio, nonché quella di Consulente giuridico presso un’Azienda locale.

Davanti al Commissario Capo della Polizia locale e ad un suo collaboratore – che indagano sulla storia criminale di un altro Ufficiale delle SS – Thyrolf rilascia una dichiarazione nella quale – dopo avere, per il Verbale, declinato nuovamente le sue generalità, dichiarando di essere, in effetti, Rudelf Jhoannes August Tyrolfdi anni 58. ex Maggiore delle SS – afferma di non avere memoria di alcuno dei componenti delle SS allora sotto il suo comando (poi, però, incalzato dai due poliziotti fa i nomi dei suoi uomini morti  “dimenticando”, provvidenzialmente, quelli dei vivi). Dichiara, altresì, di non avere memoria di alcuna deportazione, né di alcuna strage di civili o partigiani, avvenuta nel territorio della “Zona D’Operazioni delle Prealpi”, che era sotto la sua giurisdizione nel periodo 1943-1945 e, dopo una serie infinita di altri “non so” e “non ricordo”, categoricamente smentisce di essere stato – insieme ai suoi collaboratori dell’epoca – colpevole di alcun crimine di guerra.

Conclusa e, come si dice, “letta, confermata e sottoscritta” che ebbe la sua dichiarazione, lo Sturmbannfuher SS, Rudolf Jhoannes August Tyrolf lascia gli Uffici della CriPo, la Polizia Criminale di Stolberg, da uomo libero.

Dopo la guerra, nessuno si ricorderà di lui e dei suoi crimini; nessuno lo cercherà più e così il velo spesso della dimenticanza si stenderà prontamente sulle sue nefandezze criminali.  La Memoria delle sue vittime non contava più nulla: era  quello ilo tempo che il destino si nurtrisse di dimenticanza,

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La Nota che avete letto è stata resa possibile grazie all’ascolto del Podcast di Rai Play Sound intitolato “Il Rumore del Male”, liberamente tratto dal lavoro teatrale “Rudolf Thyrolf, una carriera qualunque”, di Renzo Fracalossi per vivere Funzionario pubblico, ma anche scrittore e autore teatrale trentino di vaglia; Podcast che è possibile ascoltare qui: https://www.raiplaysound.it/programmi/ilrumoredelmale

(*) L’originale dell’Ordine del Giorno Grandi è conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma.

(**) Si racconta che il 7 Gennaio 1944 un gruppo di militi della GNR, la Guardia Nazionale Repubblicana, parte da Brescia ed arriva nel territorio compreso nell’Alpenvorland, territorio di assoluta ed unica giurisdizione tedesca.  Grazie alla delazione di un croato, infiltrato tra i partigiani trentini, i fascisti arrivano ai depositi di armi dei resistenti e arrestano due antinazifascisti, il Tenente degli Alpini Gastone Franchetti ed il Professor Guido Gori (che avevano organizzato, in zona, una Banda di Fiamme Verdi, la Brigata “Cesare Battisti”, (partigiani combattenti non legati ad alcuna Formazione politica partitica e di ispirazione militare). Sulla strada del ritorno però i fascisti saloini ebbero una brutta sorpresa. Imboccata che ebbero, infatti, la Gardesana i militi della GNR bresciana furono bloccati e disarmati da un Reparto delle SS. Il materiale bellico in loro possesso venne sequestrato dai nazisti e i prigionieri presi in consegna dalle SS e inviati a Verona, a disposizione della Gestapo. Gastone Franchetti sarà fucilato dai tedeschi, il 29 Agosto del 1944, nel Poligono di tiro di Bolzano, così come il Professor Guido Gori.


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