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Il salvataggio degli ebrei danesi

La Danimarca è l’unico Paese, tra quelli occupati dai nazisti, ad assumere una chiara presa di posizione contro la politica antisemita nazista. In particolare, il Re Cristiano X, per dimostrare la sua opposizione all’antisemitismo, nel settembre 1941 dichiara che avrebbe portato anche lui la “stella di David” cucita sul vestito. Inoltre, quando le autorità naziste cercano di imporre nel Paese l’applicazione delle leggi razziali contro gli ebrei, il Governo minaccia di dimettersi perché, secondo la Costituzione, tutti i cittadini, anche gli ebrei, hanno gli stessi diritti. Pertanto, i tedeschi non riescono neppure ad imporre la distinzione tra gli ebrei di origine danese (circa 6.400) e quelli di origine tedesca (circa 1.500), che sono riparati in Danimarca prima della guerra, per sfuggire alle discriminazioni e alle persecuzioni derivanti dalle leggi razziali naziste, emanate a Norimberga nel 1935. Il Governo danese non accetta che gli ebrei siano discriminati. Così non sono “censiti”, come negli altri Paesi occupati dai tedeschi o guidati da Governi filonazisti. Il mancato censimento impedisce, all’inizio di ottobre 1943, alle autorità naziste di attuare la deportazione degli ebrei che si trovano in Danimarca.

Nel settembre 1943, quando si decide la deportazione degli ebrei danesi, il Commissario del Reich Werner Best ottiene che siano inviati nel ghetto “modello” di Theresienstadt (vicino a Praga), dove le condizioni di vita dei deportati sono meno disumane.  Eichmann, che dirige a Berlino la Sezione dell’Ufficio per la Sicurezza del Reich competente per la deportazione degli ebrei nei Lager, invia in Danimarca un ufficiale delle SS di sua fiducia per sovrintendere alle operazioni di deportazione, che viene gestita da reparti speciali di SS arrivati dalla Germania.

Però un dirigente politico tedesco, Georg Ferdinand Duckwitz, di 39 anni, anche se iscritto al Partito nazista e collaboratore di Best, si attiva per boicottare la deportazione degli ebrei, comunicatagli da Best il 18 settembre. In particolare, la sera del 21 settembre, accompagnato da un suo amico Nils-Eric Ekblad, impiegato nell’ambasciata svedese in Danimarca, Duckwitz raggiunge in aereo la capitale svedese Stoccolma. La sera del giorno seguente, incontra il Primo Ministro Albin Hansson per chiedergli di accogliere gli ottomila ebrei che si trovano in Danimarca. Hansson, dopo averne parlato con gli altri Ministri, invia un telegramma a Berlino dichiarando la volontà del Governo svedese di ospitare gli ebrei danesi, ma la proposta è ignorata dal governo nazista.

In seguito anche il fisico danese Niels Bohr, ebreo, Premio Nobel per la fisica nel 1922, amico di Albert Einstein, emigrato clandestinamente in Svezia il 30 settembre, rifiuta di partire per l’Inghilterra, per poi andare negli Stati Uniti, se il Governo svedese non avesse pubblicamente dichiarato di accogliere gli ebrei danesi. Il 2 ottobre la sua richiesta è accolta dal Governo svedese e pubblicizzata sui quotidiani ed alla radio.

Duckwitz, ritornato il 25 settembre nella capitale danese, si attiva per far avere agli ebrei il visto di uscita per la Svezia. Inoltre convince il suo amico Comandante del porto di Copenaghen (dove si trova circa il 95 per cento degli ebrei danesi) di trattenere, per manutenzione e riparazioni, le navi da perlustrazione tedesche, in modo che non possano intercettare le imbarcazioni che portavano gli ebrei in Svezia.

Il 28 settembre Duckwitz è informato da Best che l’arresto degli ebrei e la loro deportazione nel ghetto di Theresienstadt è fissato per la notte tra il primo ed il due ottobre, all’inizio del nuovo anno ebraico (Rosh Hashanah) quando gli ebrei rimangono in casa. Duckwitz, avendo saputo che i dirigenti del Partito social-democratico tenevano una riunione clandestina la sera stessa, raggiunge il luogo dell’incontro per avvisare della imminente deportazione degli ebrei il Segretario del Partito Hans Hedtoft, il quale informa prima gli altri dirigenti del Partito e poi il Capo della Comunità ebraica danese Carl Bernhard Henriques, il quale subito informa gli altri dirigenti della Comunità ebraica ed il Rabbino Capo della Sinagoga di Copenaghen, Melchior, i quali, a loro volta diffondono rapidamente la notizia, consentendo così alla maggior parte degli ebrei di mettersi in salvo, trovando rifugio e ospitalità nelle case di amici e di conoscenti, nelle Chiese cristiane e negli ospedali. Inoltre, il Rabbino Melchior chiede al suo amico Pastore di una vicina Chiesa luterana, di nascondere nei sotterranei della Chiesa i paramenti e gli altri oggetti religiosi della Sinagoga.

Intanto, poco prima del primo ottobre, Best proibisce ai reparti speciali delle SS di entrare con la forza nelle case degli ebrei, per arrestarli e deportarli, perché teme una rivolta della popolazione danese, apertamente contraria ai provvedimenti antisemiti e, a maggior ragione, alla deportazione degli ebrei. Pertanto, sono arrestati solo gli ebrei che aprono spontaneamente le porte delle loro case. In questo modo, sono catturati appena 477 ebrei sui circa 8.000 che si trovano nel Paese (compresi quelli di origine tedesca espatriati in Danimarca prima della guerra).   Quasi tutta la popolazione danese partecipa al salvataggio degli ebrei, accogliendoli nelle case, rifiutando così di considerarli “nemici” o peggio ancora “esseri inferiori”, dimostrando in questo modo la loro aperta avversione alla politica antisemita nazista.

Il Vescovo luterano di Copenaghen, Hans Fuglsang-Damgaard, scrive una lettera, letta domenica 3 ottobre in tutte le Chiese luterane, per invitare i fedeli ad aiutare gli ebrei. Inoltre l’Università di Aarhus viene chiusa per protesta, mentre quella di Copenaghen non svolge attività didattica per la settimana del 3 al 10 ottobre.

I nazisti, per trovare gli ebrei nascosti, cercano di convincere gli Ufficiali danesi dell’Esercito e della Marina, internati nei campi di prigionia, a collaborare per scoprire i nascondigli degli ebrei, ma pochissimi collaborano.

Il Movimento di Resistenza danese organizza l’espatrio via mare in massa in Svezia degli ebrei nascosti, utilizzando ogni tipo di barca, soprattutto i pescherecci, per coprire le poche miglia di mare che separano i due Paesi. Le spese di trasporto per i non abbienti vengono pagate con i fondi raccolti tra la popolazione. Si impiega quasi tutto il mese di ottobre per portare in Svezia circa 6 mila ebrei, un migliaio dei quali di origine tedesca. Gli altri ebrei rimangono nascosti in Danimarca, fino alla fine della guerra e si salvano quasi tutti. Degli ebrei arrestati e deportati a Theresienstadt (meno di 500), ne periscono nel ghetto appena il 10% grazie ai privilegi di cui godono, per le pressioni fatte dalle Autorità danesi su quelle naziste.

Sul salvataggio degli ebrei danesi è utile leggere il libro del giovane storico Andrea Vitello (in Bibliografia), incentrato sul ruolo svolto da Duckwitz, l’unico nazista che ha ricevuto dal Museo Yad Vashem di Gerusalemme il titolo di “Giusto tra le Nazioni” per essersi attivato, a rischio della vita, per il salvataggio degli ebrei perseguitati dai nazisti.

BIBLIOGRAFIA

Andrea Vitello, Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca, Editoriale Le Lettere, Firenze 2022

 

Giorgio Giannini


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