Incontro con il poeta a Tor Tre Teste

Alla Scuole Sibilla Aleramo e Olcese

Prima che ne perda memoria (succede così a chi – come dicono gli inglesi – è 76 anni vecchio) mi piace raccogliere le emozioni e le sensazioni provate in due giornate di “Incontri con il poeta” mercoledì 25 gennaio alla scuola Sibilla Aleramo e giovedì 2 febbraio 2023 alla scuola Olcese.

Due giornate da ricordare perché sono stato gratificato del titolo di “poeta” al quale tengo di più e nel quartiere di Roma che amo di più: Tor Tre Teste dove ho vissuto dal 1978 fino al 2016 e che ho “tradito” per traslocare a Pietralata dove da allora vivo. Essere riconosciuto poeta in patria è stata ad ogni modo una grandissima soddisfazione, e di questo sono grato alle insegnanti della scuola.

Voglio nominarle tutte (uso il femminile perché sono state tutte donne ad eccezione dell’insegnante Cosimo Caroli).

IB e II B gli insegnanti Cosimo Caroli, Roberta Emili, Mirella Izzo

II A le insegnanti Elena Basile ed Elvira De Dominicis

II C le insegnanti Anteriana Marignoli e Cinzia Ianni

III B l’insegnante Eleonora Gizzi

III A le insegnanti Michela Fabrizio, Maria Pasquale e Claudia Mura

IV A le insegnanti Rita Cadeddu e Loredana Ferrari

IV C le insegnanti Annalisa Pavone, Letizia Fabellini e Valentina Triboli

V B le insegnanti Carla Diddoro e Nicoletta Guariniello

 

Grazie a loro, alla loro sensibilità e al loro impegno, ho potuto trascorrere alcune tra le ore più felici della mia vita, apprendendo dai bambini, più che insegnando loro. Del resto è quasi impossibile “insegnare” la poesia (per sua natura indicibile). Quello che si può fare è cercare di favorire una sana educazione sentimentale. Cosa necessaria e giusta più che mai dopo la vicenda disastrosa del Covid (quanto grande e penosa deve essere stata per queste giovani creature, il duro periodo di segregazione!)

 

Invariabilmente in tutti gli incontri con i bambini ho esordito con una filastrocca cantata da loro.

Ad esempio a quelli della prima elementare, con il prezioso aiuto delle insegnanti, ho fatto cantare la filastrocca “I giorni della settimana” seguendo, attraverso lo schermo, il collegamento su https://www.youtube.com/watch?v=AlfUkhsA0BU

In coro tutti i bambini hanno cantato il ritornello:

Girano girano in fila indiana

sette i giorni della settimana.

girano girano in fila indian

sette i giorni della settimana.

ripetuto dopo che, singolarmente, sette diversi alunni avevano cantato ciascuno il loro giorno:

Lunedì lo faccio viola

il primo giorno della scuola.

Martedì invece giallino

mi alzo sempre di buon mattino.

Mercoledì penso a far confusione

lo dipingo col marrone.

Giovedì si fan gli gnocchi

rosso rubino come i fiocchi.

Venerdì azzurro mare

mangio il pesce o vado a pescare.

Sabato son proprio stanco

io lo lascio quasi bianco.

Domenica che festa

ho l’arcobaleno in testa.

Con tutte le altre classi ho iniziato l’incontro con l’ascolto e poi il canto dell’intera classe di “Ci vuole un fiore” di Gianni Rodari, una splendida trascinante canzone/poesia che i bambini hanno cantato coralmente.

Terminato il canto, ho cercato di far comprendere loro che la poesia è dentro di noi e che è importante saper utilizzare per scovarla tutti i nostri sensi, quindi saper: vedere, gustare, toccare, odorare, immaginare. E sapere emozionarsi come se si vedesse una cosa, una persona, un animale, un albero, un fiore, un panorama per la prima volta; con lo stesso stupore e la stessa curiosità un bambino appena nato che vede e ammira stupito tutto ciò che lo circonda per la prima volta.

Ho raccontato ai bambini di come ho vissuto, tanto diversamente da loro, le mie classi elementari, in un paese sperduto, a Ischitella nel Gargano (che poi abbiamo mostrato, grazie  al supporto elettronico, sulla cartina d’Italia). Ho descritto con toni realistici come avveniva ad esempio l’ingresso in classe di uno dei miei maestri di allora: il severissimo maestro Sacco. Di lui – incancellabile nella mia memoria – ho ricordato che, alto, possente, con due baffoni, lo sguardo accigliato, come primo atto al suo ingresso in classe indicava con il dito due scolari a caso e li faceva uscire sull’uscio della scuola, in strada, facendo loro indossare due cappelli di carta con su scritto “Io sono un asino”. Poi i bambini di tutte le file dei banchi (52, tutti maschi; perché allora c’erano le classi separate, maschile e femminile) erano invitati ad abbassare la testa, eccetto quelli che sedevano nei banchi in fondo che egli gratificava con un secco colpo di canna in testa. Ottenuto quindi, dopo queste “esecuzioni” un gelido silenzio totale, avviava la sua lezione, senza che si sentisse volare una mosca. Questo metodo non veniva affatto messo in discussione dai genitori di allora che grosso modo, nel colloquio a inizio anno con l’insegnante anzi si raccomandavano così: “Signò Majè dallu che ’o reste ce pense ji (Signor Maestro, picchialo, che al resto ci penso io”). A parziale discolpa di questi metodi va detto che eravamo pigiati in classi anguste (circa 50 per classe!) ed eravamo abbastanza indisciplinati.

Naturalmente non tutti i maestri erano come lui ed ho ricordato anche il mio maestro Pietro Paradiso che usava il metodo del rimprovero (più efficace e bruciante di una bacchettata) con il quale spiegava il perché di un nostro errore o di una cattiva azione, davanti alla classe facendoci conversare. Un’altra importante parte del metodo del maestro Paradiso era quella di portarci passeggiando fin sulla collina più alta del mio paese, denominata non a caso “Belvedere”, e mentre camminavamo ci insegnava i nomi degli alberi e dei fiori e poi, giunti sulla collina, ci faceva osservare il sottostante lago di Varano, l’istmo che separa il lago dal mare Adriatico, il lago di Lesina, le isole Tremiti, ci indicava i paesi intorno al nostro e ci raccontava delle popolazioni che anticamente avevano abitato il nostro territorio.

Ai bambini, curiosi di ascoltare queste mie indelebili esperienze fanciullesche, ho raccomandato di rispettare ed amare le loro insegnanti, molto più comprensivi della generalità dei nostri.

Un altro tema che ho cercato di trasmettere è stato quello di sorridere, di alimentare la gioia di vivere e di non dare per scontato, il cibo, la salute, la libertà, la pace, ricordando loro quello che accade ai milioni di bambini nel mondo che soffrono per la fame o per le guerre.

Li ho pure invitati a risvegliare il poeta che è in noi osservando attentamente la bellezza che ci circonda e, a Tor Tre Teste, immersa nel suo grande parco la cosa è più facile che in altri quartieri.

A proposito del parco “li regazzini della IV A”, come si sono firmati nella poesia di cui mi hanno omaggiato, avendo letto la mia poesia sul parco di Tor Tre Teste, mi hanno dedicato questa loro bella poesia in dialetto romanesco, composta di quattro strofe con rima alternata da un gruppo di quattro alunni intitolata “È proprio bello er parco nostro” e che io trascriverò premettendo ad ogni strofa il nome dell’autore:

Giulia – È proprio bello er parco a Tor Tre Teste

e semo fortunati a vive’ qua,

sopra ce sta na gran volta celeste

le voci dei regazzini se senton risuonar.

Ernesto – I pini, l’alloro e i cedri dappertutto stanno

a sport li regazzini vanno dopo scola

la piazza se riempie er venerdì de tutto l’anno

e le papere der laghetto se ne stanno nella loro aiuola.

Sophia – Er parco è bello, è na gran ricchezza,

se po’ corre, se po’ giocà ar pallone, in bici se po’ annà,

è un po’ triste però, quanno c’è la brezza,

vedè chi solo con i videogiochi, sulla panchina vo’ giocà.

Leo – Fra tutto questo comunque la cosa più bella che ce sta

è potè sorride e salutà li regazzini de tutte le età.

Sempre sul tema del Parco di Tor Tre Teste e del quartiere che lo ospita si sono cimentati, con grande impegno, gli alunni della V B con poesie e disegni che conservo come ricordo e che meriterebbero una pubblicazione a parte. Cercherò di citarle, purtroppo solo in minima parte, estrapolando qualche verso.

Anche con qualche fiore appassito / resti sempre il mio parco preferito (Daniele Pizzuto)

Se un po’ di educazione fisica vuoi fare / all’Atletica devi andare / Se invece un buon gelato vuoi mangiare / alla Zucca magica devi andare / Se delle rane vuoi osservare / al laghetto rotondo devi andare / / Se un po’ di spesa vuoi fare / al Conad dovrai comprare / Se passeggiando ti allontani / troverai un acquedotto degli antichi romani (Adriano Soldati)

Nel quartiere di Tor Tre Teste / ci si fanno molte feste / ci sono tanti giochi carini / per i più grandi e i più piccini (Laura Vincenti)

Se ti annoi e grandi salti vuoi fare / al Giardino dei Demar devi andare! / Feste giostre e palloncini / fan felici tutti i bambini. / Qui c’è la biblioteca Gianni Rodari / che accoglie ogni anno tanti scolari (Viola Sgrigna)

A Tor Tre Teste tutto trovate, / ma per favore non lo inquinate! / Non manca proprio niente, / solo la pace tra la gente (Gioia Moreira)

È un parchetto tutto colorato / con un ottimo prato / che è tutto verde e splendente, / con la luce del cielo lucente / che fa spuntare delle rose, / che sono meravigliose! (Massimo Dolci)

Vado al parco tutti i giorni / e conosco tutti i dintorni /  con i miei amici preferiti / noi giochiamo senza liti (Adriano Cenciotti)

C’è un grande stagno / con un bianco cigno, / tartarughe lente lente / tra i piedi della gente. (Sofia Nugnes)

Le panchine sono piene di nonnine e nonnini / che controllano i bambini. C’è un grande albero di mimosa / e un uccellino si riposa (Giorgia Tacci)

Qui frequento le lezioni scolastiche / e conosco tante persone fantastiche (Francesco Gatti)

Il parco è un’esplosione di colori / rossi, gialli, arancioni: sono i fiori (Gaia Pichelli)

C’è l’acquedotto Alessandrino / su cui si arrampica un bambino. / C’è la grande chiesa bianca / che le case popolari affianca. / Infine c’è la nostra scuola / che nel giardino ospita un’aiuola (Tommaso Capoccia)

Torno indietro all’Acquedotto / dove vedo un bel pesciotto. / L’acqua non è cristallina / ma che bello il mio parco la mattina! (Giammatteo Bellè)

Col laghetto e l’Acquedotto / al parco ci si diverte un botto. /Siamo tutti custodi del parco / lasciatelo pulito e non sporco (Claudio)

Ma quando ci sta il sole / escono tante famigliole, / bambini e nonnini / che portano a spasso i cagnolini (Lorenzo Del Prete)

Lì puoi trovare un laghetto / che gli fa da sfondo l’archetto; / tra natura e feste / ti trovi nel parco di Tor Tre Teste (Siria)

Vado con i miei amici al parco / e giochiamo a tiro con l’arco. Il nostro quartiere è gigante / ed è sempre più brillante (Elena Sofia Russo)

C’è la scuola che frequento / e tira sempre tanto vento. / Ci sono i carabinieri e la polizia / che la gente cattiva mandan via. / Se a Tor Tre Teste tu verrai / son sicuro ti innamorerai. / Io di certo non lo lascerò mai! (Diego Rubini)

C’è una chiesa con tre vele / che è la più bella del quartiere. / Da una torre prende nome / con tre teste di persone (Gabriele Ferro)

Il parco di Tor Tre Teste / era pieno di feste / Nella radiosa primavera / spuntava un’aloe vera / In estate era assai dimenticato / girava solo un gatto sfortunato. / Nell’autunno pieno di pioggia / tutti avevano il parapioggia. / In inverno assai ghiacciato / c’è un parco desolato. (Amy Susan Cascioli Watanabe)

Gli alunni della II A e la II B sono stati impegnati in un dettato di una mia filastrocca intitolata “La mia bandiera” (dedicata ai miei nipotini Andrea e Leonardo) il cui ritornello è stato recitato all’unisono, mentre i due versi che descrivono la nascita del grano, la sua crescita e il suo raccolto sono state recitate da tre alunni per classe.

Questa è la filastrocca:

Ha tre colori e non è la bandiera

non è bandiera, non è il tricolore

ha tre colori ma è la mia terra.

 

È la mia terra vestita di verde

a primavera coperta di grano.

Rit.

È la mia terra vestita di giallo

d’oro coperta ma l’oro si mangia.

Rit.

È la mia terra di nero vestita

arse le stoppie si è assopita.

 

La poesia è servita anche per spiegare ai bambini la semina e la crescita del grano e, dopo la mietitura, la bruciatura delle stoppie, tutte cose sconosciute da loro e che ho cercato di spiegare collegandole a ricordi della mia infanzia. Allora quelli della mia generazione imparavano “dal vivo” il ciclo del grano dalla semina fino al raccolto. E partecipavano persino con le loro piccole manine, alla spigolatura (raccolta delle spighe dimenticate a terra dai mietitori e che poi trasformate in farina erano il nostro premio trasformate in piccole deliziose focacce).

Gli alunni hanno ascoltato con molta attenzione e, dopo aver trascritto, di proprio pugno, la mia filastrocca mi hanno fatto dono del loro scritto con il loro autografo che naturalmente conserverò come uno straordinario regalo. E qui mi piace gratificarli, uno per uno, con l’onor di firma:

Classe II A: Leone Besati, Riccardo Pacitti, Cecilia Recchia, Michelle Boccarossa, Leonardo Fantoni, Lorenzo Pasquarelli, Carlotta Capri, Francesco Tassone, Daniele Maffei, Erica Mammana, Giovanni Dezi, Lorenzo Dezi, Rachele Uccelletti, Tullia Vanni, Edoardo Flamini, Asia Potestà, Elisa Costanzo, Pietro Dorascenzi, Cecilia Cinque, Leo Muzzi, Simone Macaletti, Elisa Fioce;

Classe II B: Giampaolo Condanni, Nicole Castaldi, Edoardo Federici, Letizia Cicchinelli, Massimo Miele, Damiano Ripa, Sofia Angeli, Mattia Proietti, Thomas Lupo, Mina Caminiti, Marylin.

Concludo, ringraziando di nuovo i loro insegnanti, con un forte abbraccio a tutti i bambini che hanno partecipato a questi incontri, che forse non diventeranno da grandi poeti ma che mi auguro sappiano abitare poeticamente i luoghi dove vivranno “da grandi”.

Stavo per dimenticare, e non me lo sarei mai perdonato, di ringraziare il presidente del Centro culturale Lepetit Giorgio Grillo che ha combinato con la scuola e il suo direttore questi meravigliosi incontri.


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