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La fenice di Gianfry – Pierferdinando Schettino – Malato di mente, ma con la pistola – Lo sfregio è solo il romanesco

Fatti e misfatti di marzo 2013 di Mario Relandini

La fenice di Gianfry

“Futuro e libertà per l’Italia” – ha promesso, ai suoi ultimi rimasti, il “leader” Gianfranco Fini – non morirà qui, ma rinascerà dalle sue ceneri”.
“Futuro e libertà per l’Italia”, insomma come l’araba fenice. E, però, ci sarà da attendere più di un po’. Secondo la tradizione riportata dallo storico Erodoto, infatti, la mitica araba fenice risorgeva ogni 500 anni. Per “Futuro e libertà per l’Italia”, dunque, se ne riparlerebbe nel 2513. Lunga vita a Gianfranco Fini

Pierferdinando Schettino

“Pierferdinando Casini – hanno annotato le cronache – non si è presentato alla Direzione dell’Udc, ma si è limitato a scrivere una lettera pur di “mea culpa””.
Pierferdy non si è presentato per pudore, per vergogna o per timore di ricevere qualche pomodoro in faccia? Forse per tutti e tre i motivi. Perché, se anche il presidente e il segretario udc, Rocco Buttiglione e Lorenzo Cesa, quasi si sono messi a piangere dalla commozione nel leggere la lettera del loro “leader”, qualcuno è invece andato giù di brutto nei suoi confronti. E c’è stato anche chi lo ha sprezzantemente paragonato al comandante Francesco Schettino: Francesco Schettino – è stato detto – ha mandato a sbattare la nave “Costa Concordia” contro uno scoglio ed è scappato, Pierferdinando Casini ha mandato a sbattere la barchetta udc contro le urne elettorali e “si è dato” anche lui.

Malato di mente, ma con la pistola

“Andrea Zampi, il piccolo imprenditore che ha ucciso a revolverate due impiegate della Regione Umbria e poi si è tolto la vita – si è venuto a sapere – nel 2009 era stato in cura al Centro di igiene mentale di Perugia, poi in un centro specialistico di Pisa ed era stato sottoposto anche a due Tso (trattamenti sanitari obbligatori)”.

Ma, se queste erano le sue condizioni, come mai Andrea Zampi era in possesso del revolver della strage? Proprio nel 2009 – si è saputo in Questura – quando si era appurato del suo stato mentale, gli era stato subito revocato il porto di  due armi in suo possesso. Ma allora? Allora, però, la stessa Questura gli aveva poi concesso, nel settembre scorso, una licenza per il tiro al piattello. E, proprio pochi giorni fa, Andrea Zampi era andato ad acquistarsi una “Beretta 9×21”. Senza porto d’armi, però, ma tranquillamente. Dove? Da chi? In che modo? La facilità di munirsi di armi micidiali, dunque, non esiste soltanto negli Stati Uniti. E qualcuno, tuttavia, dovrebbe seriamente occuparsene. Non solo in riferimento all’episodio specifico di Perugia.

Lo sfregio è solo il romanesco

“L’enorme cartellone con la scritta “Daje regà!!” sulla facciata della Chiesa degli artisti in piazza del Popolo a Roma – è intervenuta Federica Galloni, direttrice per i Beni architettonici del Lazio – verrà fatto sostituire con uno più consono al luogo”.
Si sa già come sarà? Sarà con la scritta in italiano anziché in gergo. Con un dubbio tra “Forza Roma” e “Forza ragazzi”, ma con preferenza per la seconda ad evitare problemi di derby. Tutto a posto, dunque? Come no. Perché, se un giorno un enorme cartellone venisse a coprire – ad esempio – la facciata di Sant’Andrea della Valle, nell’enorme scritta non si leggerebbe più “E mò, regà, annamo a magnà”, ma, in perfetta lingua italiana, “E adesso, ragazzi, andiamo a mangiare”. Restando lo sfregio del cartellone, ma con una dicitura più fine. Più comprensibile, anzi, anche ai non residenti – tanto per dire – a Garbatella o a Testaccio. Con un possibile dirottamento maggiore verso l’attività commerciale dello “sponsor” benefattore. “Ma d’altra parte – ha tenuto a sottolineare la direttrice per i Beni architettonici del Lazio – i soldi della pubblicità permettono il finanziamento di lavori di restauro molto onerosi, anche se le regole devono essere sempre comunque rispettate”. Ma certo. Si sa benissimo, purtroppo, che i beni artistici, se fosse per lo Stato, sarebbero tutti a pezzi. Solo che le regole dovrebbero essere però rispettate davvero dai “privati benefattori interessati”. Fatto che troppo spesso, invece, non avviene. E del quale i funzionari dei Beni architettonici del Lazio, troppo spesso, nemmeno si accorgono d’ufficio, ma devono ricevere segnalazioni dall’esterno. Forse se ne accorgerebbero sicuramente se, invece di viaggiare in “auto blu”, se ne andassero un po’ in giro a piedi. Almeno dove, a Roma e nel Lazio, ci sono più beni preziosi da tutelare.

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