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La vendemmia in un vigneto della periferia est di Roma

In attesa che lo Stato incentivi attività agricole che in Italia ottengono prodotti di eccellenza apprezzati in tutto il mondo

L’aria da qualche giorno è più frizzante anche se il sole scalda ancora. Sta finendo ottobre e l’autunno si affaccia non solo sul calendario. Raggiungo un vigneto alla periferia est di Roma e mi incammino nel solco lasciato a terra dalle ruote del trattore che, poco più avanti, con un rimorchio d’acciaio al seguito, aspetta di essere colmo per andare a scaricare il suo prezioso contenuto.

Qui, tra i filari, il sole rende luminosi i grappoli d’uva che sembrano piccole cascate d’oro. Questa è la materia prima per la produzione dei vini del Lazio e le squadre di operai raccolgono l’uva con allegria e al tempo stesso rispetto per il dono della terra.

Assaggio qualche acino. Quest’anno il raccolto sarà poco abbondante a causa di un’estate secca e rovente, ma il vino, dicono, sarà ottimo. Il padrone dei vigneti lavora più degli altri e vigila sulle sue “creature”, ma consegna il raccolto senza sapere a che prezzo sarà pagato; dopo tanta fatica non sa se verrà remunerato abbastanza da coprire i costi; il lavoro nei campi è duro e piace a pochi, si chiede chi si occuperà della tenuta dopo di lui.

Allora la testa inizia a vagare e penso sia il momento, per lo Stato, di incentivare le attività legate all’agricoltura che in Italia ottiene prodotti di eccellenza apprezzati in tutto il mondo. Il lavoro nei campi è pesante, ma può dare immense soddisfazioni e alti rendimenti se si riescono ad applicare tecnologia e idee innovative e coraggiose.

Bisogna incentivare le imprese giovani e concedere aiuti per l’acquisto dei mezzi e delle attrezzature che sono molto onerose e sostenere gli imprenditori nei momenti di difficoltà legati al clima e alle calamità per rendere nuovamente affascinante vivere nella natura.

Antonella Marzario


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