Memoria del lontano passato

Un antico Papiro greco può raccontarci la sua storia antica, ma anche una a noi più vicina. Un libro ce lo racconta

Oggi, a Dongo (Como) la Piazza nella quale, il 27 Aprile 1945, fu bloccata e ispezionata dai Partigiani garibaldini la colonna autocarrata della Flak, la contraerea tedesca, nella quale fu scovato, nascosto da un cappotto ed un elmetto tedesco, Benito Mussolini, duce del fascismo, in fuga – Piazza Paracchini Lungolago è intitolata al Comandante Partigiano Giulio Paracchini (nome di battaglia “Gino”) della 52ª Brigata Garibaldi “Luigi Clerici”, ucciso dalle Brigate Nere sui monti sopra Dongo, il 24 aprile 1945. 

Da un camion di quella autocolonna, la gente di Dongo vide scendere il duce e lo vide entrare dentro Palazzo Manzi, per essere consegnato al Comandante della 52ª Brigata Garibaldi, Pier Luigi Bellini Delle Stelle “Pedro”, che lo arrestò ufficialmente, “in nome del Popolo italiano” e su mandato del CNLAI.

Su quella stessa Piazza, il 28 Aprile successivo venivano fucilati i 15 gerarchi fascisti, catturati dai Partigiani del “Colonnello Valerio”, al Secolo Walter Audisio. Tra i fucilati, i ministri della R.S.I. Ferdinando Mezzasoma, Paolo Zerbino, Augusto Liverani e Ruggero Romano, il sottosegretario della Presidenza del Consiglio, Francesco Barracu e il segretario del Partito Fascista Repubblicano e fondatore delle Brigate Nere, Alessandro Pavolini. Mussolini – come è noto- finirà il giorno successivo 29 Aprile, fucilato con l’amante Clarice (Claretta) Petacci, spalle a un muretto a secco in località Giulino di Mezzegra. Ma nell’elenco dei fucilati di Dongo c’è un nome che quasi nessuno conosce e ricorda, quello di Goffredo Coppola, Professore Universitario, filologo, ma anche gerarca, di casa e Villa Torlonia e in seguito al MINCULPOP del ministro Mezzasoma e uno dei protagonisti della storia raccontata dal libro che oggi vi propongo. 

Il libro s’intitola “Il Papiro di Dongo”, lo ha scritto Luciano Canfora, Filologo e Storico di vaglia, e lo ha mandato in Libreria quest’anno la Adelphi, 2005.

Un mio amico scrittore (ma non solo) sosteneva che la trama di un buon libro deve cominciare ad essere scritta dalla fine ed è così che comincia il racconto di Canfora, da quell’Aprile di quasi 79 anni fa e dai fatti accaduti su quella Piazza del piccolo paese comasco di Dongo e poi davanti alla ringhiera del Lungolago. 

Gli Storici (e non solo loro) hanno scritto molto sull’ “oro di Dongo”, il fantomatico tesoro fascista che i gerarchi, fuggiaschi con il Capo, pare si portassero dietro, ma nessuno, fino ad ora aveva mai raccontato la storia di un particolare e prezioso Papiro greco, rintracciato in Egitto, legandola a quel luogo. La lacuna è stata colmata da Canfora che ci racconta una storia complicata sì, e forse poco appassionante per molti (io, confesso di esserne stato, invece, preso) ma interessante. Per l’argomento e forse anche per la sua lunghezza (oltre 800 Pagine) Il Volume non avrà, probabilmente, molte recensioni, ma vale la pena leggerlo comunque. 

IL LIBRO

“Questo libro racconta una passione intellettuale che si tramuta in cupo odio razziale; racconta la vicenda di una grande studiosa ebrea, Medea Norsa, spinta ai margini del mondo universitario. E racconta la ferocia che può sprigionarsi da un testo: un papiro greco di enorme rilievo, conteso sin dal momento della sua scoperta ad opera di Evaristo Breccia, responsabile dei nostri scavi e, insieme, funzionario egiziano. Erano gli anni della giovane e non incontrastata presenza italiana in Egitto. Dopo promesse e rinvii, il prezioso testo alla fine fu reso noto sul quotidiano del Duce, nei giorni sospesi e distratti dell’agosto 1939. Artefice del colpo di teatro fu Goffredo Coppola, che in quel quotidiano era di casa. 

Nella tormenta della guerra e della guerra civile, il papiro sembra perduto ed il suo ostinato detentore, fucilato a Dongo coi gerarchi in fuga, finisce a Piazzale Loreto. La imprevista risoluzione del dramma avverrà nei tesi e rancorosi tempi dell’immediato dopoguerra. Riappare allora il papiro, dov’era ovvio aspettarselo. E incomincia una seconda vita: al centro di una vicenda in cui si ravvisano le ferite e le ipocrisie del postfascismo, le tortuosità e lo smarrimento dei grandi protagonisti dell’Università italiana.

 – «Tutto cambiò dopo la sconfitta, quando si costituirono, in fretta, nuove vulgate. 

Nella rilettura postbellica della guerra civile italiana, Coppola divenne, per i suoi ex camerati, un santino tutto studi e patria, lontano da ogni vero impegno politico, e invece per il tardivo antifascismo dei suoi ex sodali (rimasti per lo più al vertice della cittadella universitaria) egli divenne una non-persona. Questo produsse una duplice cancellazione dello studioso, da parte neofascista quella sua imbarazzante, allucinante, azione e parola politica. Inaccettabile la cancellazione del suo ruolo politico, che invece fu di prima fila; inaccettabile la cancellazione dello studioso, il cui lascito subì una dilapidazione che questo libro cerca almeno in parte di ricostruire».”.

Fonte: Adelphi Edizioni

Luciano Canfora

Dunque, iniziamo il nostro viaggio tra le sue pagine. E iniziamo da uno dei suoi personaggi principali, il Filologo classico e Papirologo, Goffredo Coppola. Come detto si trattava di uno Studioso, ma anche un gerarca fascista, che fu anche Rettore dell’Università di Bologna durante la RSI e che pagherà con la vita il suo non essersi nascosto nel momento di decidere da che parte della Storia schierarsi. Ci fu chi attese che le acque si calmassero, chi decise per la parte giusta della Storia e chi per quella sbagliata e, all’interno di quest’ultima, diversi furono i modi di essere fascista repubblicano di chi la scelse, Canfora li descrive esattamente, nelle interessanti pagine della sua Introduzione al Volume.

Ho spesso scritto che la Storia è il frutto dell’azione di persone dalle vite minime e proprio partendo da una vita minima, quella di Goffredo Coppola, Canfora ci introduce via via nella sua storia portandoci per mano a riflettere sulla Storia, quella che scriviamo con la S maiuscola, facendoci conoscere gli altri personaggi della storia che racconta, tutti eminenti Studiosi dell’antichità. (vedi Nota)

I Papirologi di Mussolini

Nel Volume di Canfora sono citati – oltre a quello di Goffredo Coppola – altri nomi di eminenti Studiosi di Filologia e Papirologia, noti probabilmente solo agli Esperti del ramo, vediamo allora di conoscerli meglio. C’è Gerolamo Vitelli, grande Filologo ed illustre maestro della scuola papirologica fiorentina. Poi c’è la sua allieva e collaboratrice Medea Norsa, donna di ferreo carattere, devota al maestro. Segue Achille Vogliano, anche lui Papirologo e Filologo, accademico navigato e rappresentante della scuola milanese. E infine c’è Evaristo Breccia, altro eminente Studioso di Storia antica e Filologia.

Medea Norsa

Un’attenzione particolare Canfora riserva a Medea Norsa che sarà privata della primogenitura della scoperta del papiro greco – centro di questa storia e che, perché donna e perché ebrea, vivrà ripetute pesanti vicissitudini, non solo nel periodo fascista, ma anche successivamente. Nel racconto dei rapporti fra i Professori Girolamo Vitelli, Medea Norsa, Giulio Vogliano, Evaristo Breccia e gli altri protagonisti maggiori e minori dell’ambiente culturale italiano ed europeo degli anni Trenta e dei primi Quaranta, si rivela la trama di un sistema di complicità, meschinerie e violenze che presto diviene, in Canfora, descrizione del fascismo, fino a trasformarsi nella sua condanna radicale quando esso si scopre nella sua piena natura liberticida con le leggi razziali e infine con la guerra, al fianco della Germania nazista.

DAL TESTO – “In questa storia le generazioni per così dire si inseguono ed il loro incalzante susseguirsi diviene al tempo stesso specchio e causa del mutamento. Se Vitelli poteva guardare al fascismo con distaccato apprezzamento (mai con adesione: rivendicò da vecchio parlando ai normalisti di poter entrare nell’Università anche senza sentir dentro di sé “l’anima fascista”), la generazione dei Pasquali, dei Vogliano, dei Funaiolo ebbe altro animo e tenne diversa condotta: era già adulta quando scoppiò la Grande guerra, ed era perciò troppo adulta per sentire nel ’22-’26 autentico entusiasmo verso il fascismo, nondimeno ritenne che appartarsi significasse uscire troppo presto di scena, e che “servirlo” fosse indispensabile per contare; e così fece. La generazione seguente, invece, quella dei nati al passaggio tra i due secoli (i Coppola, i Magliaro, i Pighi, i Perrotta, i Diano ecc.), suppergiù ventenne negli anni tra la marcia su Roma e le leggi ‘fascistissime’, “si identificò” col fascismo, che considerò la “sua” rivoluzione.”. (Luciano Canfora, Introduzione)

Ma Canfora non si arresta a questo punto, invece scava in profondità e ci descrive personaggi che, pur capaci di decifrare le lettere quasi cancellate appena riconoscibili su antichi papiri pronti a sgretolarsi appena sfiorati, sono persone passionali. I loro litigi sono furiosi, le loro rotture non ammettono ricomposizioni, le loro ambizioni smodate, il desiderio di affermazione è in loro senza limiti.

  • Perché” – scrive Sergio Valzania, recensendo il Volume – “questo è il senso di quanto si muove attorno al frammento di papiro che è il protagonista passivo della storia. Poco più di una colonna, superstite di un rotolo ellenistico, nella quale si legge una versione diversa da quella di Senofonte della battaglia di Nozio, che costò la carriera ad Alcibiade e forse la guerra agli ateniesi. Un brandello emerso da scavi italiani eseguiti a Ossirinco dopo che gli inglesi avevano sospeso le ricerche nella zona. Forse addirittura rubato dagli scavatori e poi rivenduto agli italiani stessi in un momento sfortunato delle loro campagne archeologiche in Egitto. Un pezzo così importante che la sua edizione, ossia la sua presentazione al mondo scientifico, diviene un titolo di merito tale che per pubblicarla per primi seri professori si abbassano a mezzi per lo meno discutibili. Mentre, suggerisce e in un certo senso assicura Canfora, già esiste un’edizione quasi pronta, egregiamente preparata da uno dei migliori allievi di Coppola, della quale il Coppola stesso dà notizia sul Popolo d’Italia, anticipandone gli elementi di maggior rilievo. Ma Alberto Grazziani, questo il nome dell’allievo, prima abbandona la papirologia per la critica d’arte con Longhi, e poi muore, giovanissimo. Le bozze della sua edizione, pronte per essere stampate su di una rivista destinata a non vedere la luce, scompaiono. Forse bruciate dopo la morte della moglie insieme alla corrispondenza privata che lei aveva ordinato di distruggere. Un intreccio avvincente. Un libro di storia.”.

Dunque, un testo corposo e particolare che non smentisce la capacità di Luciano Canfora di raccontare la Storia, anche quella più complessa, sciogliendone i nodi e rendendola comprensibile. Dote non comune per la quale vale la pena affrontare le numerose pagine di questo Volume.

Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”


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