Memoria della Grande Guerra in un libro

La storia, poco nota, del soldato Pepe Domenicantonio, uno dei tanti militi ignoti di quell''inutile strage"

“Dormi sepolto in un campo di grano / Non è la rosa, non è il tulipano / Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi / Ma son mille papaveri rossi” (Fabrizio De Andrè, “La guerra di Piero”)

Nota: La musica de “La guerra di Piero” è stata scritta da Fabrizio De Andrè con Vittorio Centanaro. La canzone è stata registrata per la prima volta tra il 18 ed il 25 Luglio 1964 negli studi “Dirmatron” di Roma. La canzone è stata ispirata dai racconti di guerra dello zio materno di De Andrè, Francesco, sopravvissuto alla Campagna d’Albania.

In questa storia – poco nota, ma che tra breve conoscerete – se ne incastrano altre due che, invece, note lo sono o almeno dovrebbero esserlo. La prima delle storie note è quella del Bersagliere volontario Enrico Toti che – sull’Altopiano di Monfalcone,  il 6 Agosto del 1916 – muore mentre lancia contro gli austriaci l’unica arma rimastagli, la sua stampella di mutilato.

La seconda è quella del “Milite Ignoto” sepolto nel segmento del Monumento noto anche come “Altare della Patria” che si trova al centro del Vittoriano, il Monumento eretto in Piazza Venezia per celebrare Re Vittorio Emanuele II e l’epopea del Risorgimento. L’Altare della Patria venne inaugurato il 4 Novembre del 1921 e in quella data accolse la salma di un soldato morto durante il Primo conflitto mondiale, appunto il “Milite Ignoto”. 

La sua bara era stata scelta – il 28 Ottobre del 1921 nella Cattedrale di Aquileia – da Maria Maddalena di Gradisca D’Isonzo, il cui figlio era caduto in quella guerra, tra le 11 bare davanti alle quali la donna era passata camminando lentamente e sostando davanti ad ognuna di esse per qualche minuto. Non è dato sapere a chi appartenesse il corpo rinchiuso nella bara alla fine indicata dalla donna. Dunque, il destino potrebbe avere fatto tumulare a Piazza Venezia, nell’Altare della Patria, anche il corpo di un soldato austriaco. Sarebbe un bel colpo alla retorica nazionalista, ma anche un buon simbolo del fatto che nonostante le divise diverse – come ci ricorda Fabrizio De Andrè nella canzone di cui avete letto sopra i versi iniziali – i morti in guerra sono, alla fine, tutti uguali e da una parte e dall’altra di una guerra, si uccidono solo uomini simili, in quantità industriale.

Non è però di queste due storie che farò Memoria qui, bensì di una terza, sempre una storia della “Grande Guerra” (per noi iniziata nel Maggio del 1915 e terminata il 4 Novembre del 1918 con l’Armistizio firmato il giorno precedente a Villa Giusti, proprietà di un Senatore del Regno D’Italia, situata alle porte di Padova). La storia che leggerete è quella del soldato Domenicantonio Pepe, Classe 1896, contadino analfabeta di Sacco del Cilento (Salerno) morto il 7 Agosto del 1916, sullo stesso Altopiano di Monfalcone dove, il giorno precedente, era morto Enrico Toti. La sua storia è simile a quella di molti altri contadini come lui morti in quella guerra e che non hanno ricevuto dalla Patria per la quale sono stati uccisi alcun riconoscimento e spesso, come nel caso del soldato Pepe, nemmeno una sepoltura degna. E dunque, anche per questi motivi vale la pena di ricordarlo alla nostra Memoria.

La breve vita del soldato Pepe somiglia a quella di molti suoi commilitoni come lui passati, in un battere di ciglia, da soldati a “militi ignoti”, dopo avere vissuto un tempo di paura e di sofferenza, un tempo sospeso tra la vita dura della trincea e la possibile morte in battaglia. E’ una condizione che si ritrova mirabilmente espressa nei pochi versi di un componimento di Giuseppe Ungaretti (che combatté quella guerra sul Carso) che appunto disegna la condizione dei militari in quella guerra ed evidenzia la caducità della loro vita di soldati. Scriverà, infatti, Ungaretti; “Si sta / come d’Autunno / sugli alberi / le foglie // (“Soldati” [titolo originale “Militari”] 1918).

La storia del soldato Pepe l’ha raccontata un suo parente, il Generale della Guardia di Finanza, oggi a riposo, Giuseppe Autuori che su questa storia ha scritto un libro e che, per diversi anni, ha cercato le tracce di quel soldato ignoto. Così la storia di quella ricerca la racconta Silvio Masullo, in un pezzo pubblicato il 23 Dicembre scorso sul Mensile online Patria Indipendente. Eccovene la parte conclusiva.

  • “[…]”. “Il tutto è nato da una foto del militare, da ultimo in forza al 155° reggimento fanteria brigata Alessandria, incorniciata e custodita gelosamente dai familiari, come una sorta di nume tutelare della casa. L’immagine di un ragazzo acqua e sapone dall’aria smarrita, riprodotta su una cartolina postale preaffrancata, nonostante l’elegante divisa di fante del Regio Esercito. Nella cartolina non compare alcun messaggio a causa della probabile condizione di analfabetismo dell’interessato.

Frutto delle ricerche è il libro, “Breve storia di Pepe Domenicantonio, un contadino eroe”, edizioni Maria Pacini Fazzi, che si contraddistingue per la cura dei particolari riguardo a strategie belliche, armi, addestramento, divise, alloggiamento, tempo libero (poco) dei militari. Un segmento poco esplorato della pubblicistica della Grande Guerra, approfondito con perizia dal generale Autuori in forza dei suoi 40 anni di servizio attivo.

Le traversie umane e belliche di Domenicantonio, un contadino analfabeta, sono la fotocopia dei tanti militi ignoti, strappati alle famiglie e alla terra dai capricci dei potenti. Sacco, il paese di origine, è collocato in una deliziosa posizione con una vetta che lo sovrasta (il monte Motola, 1.700 metri di altezza) e a valle la sorgente del fiume Sammaro, un paradiso ambientale che attrae migliaia di visitatori. Minicuccio, la declinazione affettuosa del nome, nell’ultima estate prima dell’arruolamento probabilmente era stato impegnato nella mietitura del grano. “La vita in quella comunità agreste, seppur dura, scorreva sostanzialmente placida e lenta, scandita dai rintocchi diuturni delle campane poste alla sommità della facciata barocca della pluricentenaria chiesa di San Silvestro papa ed in cima al millenario campanile adiacente alla stessa”, precisa l’autore.

Era stato giudicato “rivedibile” alla prima visita di leva, ma recuperato nell’ottobre 1915 e spedito al fronte dopo un rapido addestramento. Le necessità di un esercito antiquato, l’elevato numero di soldati morti, prigionieri e mutilati, l’allargamento del conflitto (nel 1915 l’Italia aveva dichiarato guerra all’impero ottomano e alla Bulgaria), non consentivano eccessive cautele. Autuori ricorda che il prozio era caduto a pochi metri da Enrico Toti, l’iconico bersagliere, celebrato con tutti gli onori nel dopoguerra. Erano stati entrambi impegnati nella sesta battaglia dell’Isonzo, combattuta dal 4 al 17 agosto 1916 tra l’esercito italiano e austroungarico, un evento bellico fondamentale per l’economia del conflitto e per la conquista di Gorizia, un obiettivo ambito dagli irredentisti dalla fine dell’Ottocento. In tale occasione le perdite italiane furono di 51.232 uomini, di cui 1.759 ufficiali; gli austriaci persero 41.835 uomini, di cui 807 ufficiali. “I familiari di Domenicantonio, e dei milioni di giovani come lui, non hanno avuto neanche una tomba dove pregare. La foto ritrovata da Pino rappresentava probabilmente uno dei pochi momenti di felicità di una persona umile e buona”, sottolinea Maria Carmela Polito, magistrato e cugina dello scrittore. Monfalcone si trova a 12 chilometri da San Martino del Carso, teatro di una delle più belle liriche di Giuseppe Ungaretti. 

  • “Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro. Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto. Ma nel cuore nessuna croce manca, è il mio cuore il paese più straziato.”.

Il sacrificio di Domenicantonio è stato riconosciuto con una Croce di bronzo al merito di guerra, con provvedimento datato 3 marzo 1920 del ministro della Guerra Alberico Albricci durante il governo Nitti, con la medaglia di gratitudine nazionale alle madri dei Caduti per la Patria, concessa unitamente al diploma d’onore alla mamma Giuseppa Pepe Marino e con una medaglia commemorativa della guerra. Il riconoscimento più importante resta l’affetto eterno di una famiglia unita e di una piccola comunità, che ricorda i suoi Caduti nella piazza Nicola Monaco, dedicata al partigiano Nicola Monaco, Medaglia d’Oro al Valor Militare, fucilato dai fascisti a Sant’Albano Stura in provincia di Cuneo. 

“Il mio obiettivo è di estendere la ricerca, restituendo memoria e dignità agli altri Caduti, in collaborazione con altre persone”, ci confida lo scrittore. La proposta sarà ufficializzata nel corso di un evento, alla presenza di studiosi e autorità istituzionali, programmato nei primi mesi del prossimo anno. Silvio Masullowww.patriaindipendete.it

Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”


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