Categorie: Costume e Società
Municipi: ,

Memoria dimezzata

Ieri è stato “Il Giorno del Ricordo” istituito per rammentare la tragedia delle Foibe e dell’esodo delle popolazioni italiane dall’Istria, dalla Dalmazia e da Fiume provocato dal nazionalismo comunista titino jugoslavo nel secondo dopoguerra. Per ricordare quel dramma hanno parlato il Presidente Mattarella, la Presidente del Senato Casellati e quello della Camera Fico.

Di solito la destra nazionalista e neofascista usa questa giornata per equipararla subliminalmente al “Giorno della Memoria” che ci ricorda lo sterminio di sei milioni di ebrei fuori e dentro i lager nazisti e far dimenticare le responsabilità del fascismo nazionalista italiano nella feroce politica di snazionalizzazione contro le minoranze slovena e croata. E poi relegare nell’oblio la sua responsabilità nella guerra d’aggressione, assieme alla Germania di Hitler, contro la Jugoslavia, condotta a suon di stragi e deportazioni perpetrate dall’esercito italiano e dai nazisti contro partigiani e popolazioni civili sloveni e croati. I tempi in cui il generale Mario Robotti in quel di Lubiana rimproverava i suoi subalterni perché “Si ammazza troppo poco” e il suo superiore Mario Roatta intimava: “Il trattamento riservato ai ribelli non deve essere ‘dente per dente’, ma ‘testa per dente’ […] eccessi di reazione non verranno mai puniti”.

Quest’anno la crisi di governo ha messo la sordina agli stridori nazionalisti e sovranisti degli anni scorsi. Ma il tentativo di imbrogliare le carte di quella tragedia storica e nazionale sul nostro confine orientale, non mancano. Le prime vittime di una memoria monca che non ha il coraggio di fare i conti con la storia integrale, sono proprio gli eredi degli infoibati dai titini e dei circa 300.000 esuli giuliano-istriano-dalmati costretti, nel dopoguerra, a lasciare le loro terre.

E quella storia integrale, in cui primeggia la responsabilità del nazionalismo fascista per aver creato il brodo di coltura della barbara vendetta del nazionalismo slavo e croato dell’esercito jugoslavo di Tito, bisognerebbe ricordarla, seppur per accenni. Non mi pare che stamane lo abbiano fatto il Presidente Mattarella, tanto meno la Casellati. Solo Fico ha ricordato che oggi “abbiamo tutti gli elementi per respingere senza esitazioni le tesi negazioniste o giustificatorie di quella persecuzione, purtroppo ancora presenti. Ciò non significa certo ignorare o sminuire le aberrazioni della politica di italianizzazione forzata delle popolazioni slave, condotta dal fascismo, e la ferocia criminale che ispirò la condotta delle forze nazifasciste in Jugoslavia. Verso di esse dobbiamo ribadire la più ferma condanna, in coerenza con la Costituzione che nasce sulla Resistenza e si fonda sui valori antifascisti”. Malgrado questo giusto ricordo mi pare che si sia fatto un passo indietro rispetto a alla cerimonia comune del luglio scorso davanti alla Foiba di Basovizza e al monumento ai quattro giovani antifascisti slavi fucilati dai fascisti, quando Mattarella e il Presidente della Slovenia Pahor si tennero per mano in raccoglimento.

“La storia non è un racconto di parte: è testimonianza di ciò che è stato”, ha detto la Casellati, guardandosi bene dal ricordare quello che d’infame fece il nazionalismo fascista e italiano contro le popolazioni slovene e croate dell’Istria e della Dalmazia. Come se quella parte della memoria fosse separabile dalla storia integrale di ciò che successe a cominciare, quanto meno, da subito dopo la conclusione della Grande guerra quando Mussolini proclamava il 20 settembre del 1920 al Teatro Ciscutti di Pola: “Abbiamo incendiato la casa croata di Trieste, l’abbiamo incendiata a Pola […] Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. […] Il nostro imperialismo vuole raggiungere i giusti confini segnati da Dio e dalla natura, e vuole espandersi nel Mediterraneo. Basta con le poesie. Basta con le minchionerie evangeliche”. Un programma puntualmente e ferocemente attuato per oltre vent’anni.

Ben diverso fu il ricordo che il Presidente Ciampi fece alla prima celebrazione del “Giorno del Ricordo” nel 2005. “Il mio pensiero – disse – è rivolto con commozione a coloro che perirono in condizioni atroci nelle Foibe, nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945; alle sofferenze di quanti si videro costretti ad abbandonare per sempre le loro case in Istria e in Dalmazia. Questi drammatici avvenimenti formano parte integrante della nostra vicenda nazionale; devono essere radicati nella nostra memoria; ricordati e spiegati alle nuove generazioni. Tanta efferatezza fu la tragica conseguenza delle ideologie nazionalistiche e razziste propagate dai regimi dittatoriali responsabili del secondo conflitto mondiale e dei drammi che ne seguirono”.

Il fatto è che Italia, Slovenia e Croazia dovrebbero stabilire un “Giorno del Ricordo” comune, per rammentare insieme tutte le vittime del fascismo e dei rispettivi nazionalismi e la storia che li produsse. Solo così si potrebbe parlare di memoria condivisa e solo così le vittime italiane sarebbero veramente onorate sottraendole alle strumentalizzazioni di chi vorrebbe rinfocolare quel nazionalismo che fu il loro carnefice.


Questo articolo è stato utile o interessante?
Sostieni Abitarearoma clicca qui! ↙

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Scrivi un commento