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Memoria italo-sovietica

Una gavetta militare riporta indietro di 83 anni e racconta due storie, di guerra ma anche di solidarietà e pace

Sergentmagiù, ghe rivarem a baita?” (domanda ossessiva dell’Alpino Giuanin al suo Sergente Maggiore, Rigoni Stern – Mario Rigoni Stern, “Il Sergente nella Neve”.

Con rigore assoluto, come se stessi raccogliendo tanti testamenti, scrivevo tutto, annotando anche le emozioni degli interlocutori, i lunghi silenzi, le crisi di pianto, gli abbandoni. Ma ben presto avvertii che l’intero racconto dei “testimoni” mi affascinava, e non  solo la guerra di Russia.”  (Nuto Revelli, sul suo “La strada del Davai”)

La Colonna marciava affondando fino al ginocchio nella bianca vastità del proprio sepolcro.” (Giulio Bedeschi, “Centomila Gavette di Ghiaccio”)

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Chi ha letto i libri di Giulio Bedeschi (“Centomila Gavette di Ghiaccio”, Mursia,1963), di Mario Rigoni Stern (“Il Sergente nella Neve”, Mondadori,1953) o di Nuto Revelli (“La Strada del Davai”,1966, Einaudi) sa a cosa mi riferisco. Mi riferisco alla Campagna di Russia, che Mussolini decise dii intraprendere nel Luglio del 1941, appena un mese dopo che il suo amicone Adolf Hitler aveva invaso l’Unione Sovietica (Giugno del 1941) lanciando L’”Operazione Barbarossa”, obiettivi: la conquista del petrolio del Caucaso e la schiavizzazione, fino allo sterminio, del popolo russo, dai nazisti ritenuto inferiore e indegno di vivere.

Sebbene Hitler non avesse mai chiesto il supporto militare dell’alleato fascista, Mussolini volle a tutti i costi prendere parte a quella Operazione militare tedesca ed impegnò le truppe italiane dall’Agosto del 1941, al Gennaio 1943, prima con  il Corpo di Spedizione italiano in Russia (CSIR), riunito poi, nel 1942 nell’8^ Armata o  ARMIR (Armata Italiana in Russia); raggruppamento militare che fu inviato e schierato a fianco dell’esercito germanico. Avanzate sino a Stalingrado, al seguito delle forze tedesche, le truppe italiane si trovarono travolte dalle offensive sovietiche del Dicembre 1942 e del Gennaio 1943 e, patendo enormi sofferenze poiché mal equipaggiate e a corto di rifornimenti, iniziarono una tragica ritirata nella steppa. Le operazioni di rimpatrio in Italia ebbero inizio nel Marzo 1943.

Nota: con la distruzione dell’ARMIR e il rimpatrio dei superstiti ebbe di fatto termine la partecipazione italiana alla Campagna sul fronte orientale, sulla quale le autorità fasciste misero in atto una propaganda falsa e la censuratemendo che la popolazione venisse a conoscenza della tragicità di quella guerra alla quale tanti giovani avevano partecipato e nascondendo una verità che, insieme ai pesanti bombardamenti alleati sulle città italiane, insieme agli scioperi del Marzo 1943 e alle notizie catastrofiche sull’andamento degli altri fronti di guerra, stava indebolendo la compattezza del “fronte interno” e scalzando definitivamente il popolare al regime fascista.

I caduti italiani nella Campagna di Russia assommano, secondo alcune stimecirca 90mila. I morti sul fronte russo di tutti i Paesi impegnati nel conflitto furono circa 30 milioni di cui una buona metà era composta da civili russi. Tra gli italiani, molte migliaia furono i dispersi e molti dei nostri soldati, fatti prigionieri dai sovietici, alla fine della guerra, decisero di rimanere in quel Paese e non fecero ritorno in Italia.

I Girasoli: sul tema dei soldati italiani non rientrati – per loro volontà – dall’Unione Sovietica alla fine della Campagna militare e della guerra, vedere (o ri-vedere) “I Girasoli”, Film del 1969, diretto da Vittorio De Sica e interpretato da Sophia Loren Marcello Mastroianni.

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Perché scrivere oggi della “Campagna di Russia”? Perché una notizia, pubblicata diversi giorni fa, ma risalente al 2022, racconta una storia (anzi due)  poco conosciute, ma simili a molte altre come questa che vide un soldato italiano – Mario Gorreri, di Fidenza, Classe 1912 – ospitato, curato e salvato da una famiglia russa, i Prokhorov,  di Belgorod.

Quel soldato, prima di rientrare in Italia lasciò in ricordo alla famiglia russa la sua gavetta militare che è stata restituita alla famiglia del militare italiano nel 2020, qualche tempo prima della sua morte.

Sotto trovate il racconto di questa storia di solidarietà umana, così come ce lo ha raccontato il Quotidiano Repubblica in uin pezzo pubblicato il 16 Marzo scorso.

Nota: Nella sua Rubrica “Buongiorno”, quotidianamente pubblicata su “La Stampa “, di Torino, anche Mattias Feltri ha raccontato questa storia. Il suo pezzo si concludeva così:

La notizia, ho scoperto, era stata data pochi anni fa, durante la pandemia, in una piccola, commovente conferenza con le due famiglie, la direttrice dell’istituto di cultura italiana a Mosca, rappresentanti degli Alpini e dei Combattenti e reduci: c’è un video su YouTube. E chi salta fuori? Il generale Vannacci, allora addetto militare dell’ambasciata a Mosca. Tutti riflettevano sull’umanità che riemerge anche in guerra, anche da parte di un popolo invaso generoso con l’invasore, nel caso il popolo russo. E lì il nostro Vannacci ha detto che Gorreri era partito per fare il suo dovere, ma poi «le cose andarono tragicamente», e Gorreri fu «sconfitto sul campo di battaglia». Capisco l’orgoglio bellico di un generale ma – a parte che tragicamente sarebbe andata se avessimo vinto noi, invasori coi nazisti – la storia insegnava altro: che vincere o perdere sul campo di battaglia non è necessariamente la cosa più importante.”.

La gavetta del soldato fidentino Gorreri è tornata in Italia dalla Russia dopo 83 anni

Donata a una famiglia nella Seconda guerra mondiale, oggi la riconsegna ai nipoti durante una cerimonia a cui hanno preso parte rappresentanti dell’Esercito e il sindaco.

Il soldato fidentino Mario Gorreri – classe 1912, oggi scomparso – aveva consegnato, quale pegno d’amicizia, la propria gavetta militare a una famiglia di Belgorod che lo aveva ospitato sul fronte orientale quando era arruolato nell’Armata italiana in Russia nel corso della Seconda guerra mondiale.

Gorreri era riuscito a tornare in Italia a fine 1942, prima che la rotta sul Don travolgesse le truppe italiane. Un ragazzo doppiamente fortunato, perché scamperà alla morte durante il servizio sul fronte orientale e perché verrà rimpatriato appena prima della terribile offensiva dell’Armata Rossa da cui scaturirà la disastrosa ritirata dei nostri. È proprio nel corso del servizio che Mario fa la conoscenza dei Prokhorov, la famiglia russa che gli darà asilo e aiuto in circostanze critiche per il militare. La riconoscenza per i Prokhorov è tanta che Gorreri lascerà al capofamiglia la propria gavetta d’allumini

Come accadeva ai soldati di tutto il mondo, la gavetta di Mario era l’oggetto più personale del suo corredo militare. Infatti reca incisi il nome e cognome del proprietario, la sua data di nascita, la città di provenienza

Nel 2020, a 79 anni di distanza da quelle vicende, la famiglia russa Prokhorov si era messa in contatto con l’Ambasciata italiana a Mosca nel tentativo di restituire alla famiglia di Mario Gorreri la gavetta custodita per così tanto tempo.

È stata la famiglia Prokhorov, che per tre generazioni ha custodito gelosamente il cimelio, su cui sono incisi il nome, cognome, data e luogo di nascita, e reparto di appartenenza di Gorreri, a volere la sua restituzione ai legittimi eredi del militare, rivolgendosi, per individuarli, direttamente all’Istituto italiano di cultura di Mosca, che ha poi coinvolto l’Ambasciata italiana a Mosca

Il 4 febbraio del 2021, grazie alla collaborazione dell’Ambasciata tricolore a Mosca e dell’Istituto italiano di cultura, si è concretizzato un contatto tra la famiglia Gorreri e la fame.

“Nello scorso conflitto mondiale i soldati italiani furono mandati sul fronte russo poco preparati e poco attrezzati per combattere una guerra sciagurata di aggressione. La storia è nota e oggi si ripete a parti invertite. La vicenda del soldato Gorreri è un richiamo a quanto gli uomini possano essere ragionevoli anche in tempi che non lo sono. Una lezione per tutti noi”, afferma Garufi.

Alla cerimonia ha preso parte anche il comandante provinciale del carabinieri colonnello Andrea Pagliaro, il vicario della diocesi di Fidenza don Giandomenico Pedroni e i rappresentanti delle forze dell’ordine del territori oltre alle associazioni Combattentistiche e d’Arma locali.

(Fonte:https://parma.repubblica.it/cronaca/2024/03/26/news/la_gavetta_del_soldato_fidentino_gorreri_e_tornata_in_italia_dalla_russia_dopo_83_anni-422375368/).


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