

Per ritenere Michetti inadeguato a fare il sindaco di Roma, basta sentirlo parlare. Se poi si ha un coraggio leonino, tale da rasentare lo sprezzo del pericolo, ci si può avventurare anche nella lettura del suo programma elettorale che gli è stato scritto a più mani dai suoi sostenitori: Fd’I di “donna” Meloni, la Lega di Salvini e FI di Berlusconi. Il ponderoso e quasi clandestino tomo, 122 pagine, è un compendio esteso di banalità la cui lettura fa subito cadere nelle braccia di Morfeo manco fosse una puntura di mosca tse tse.
Anche mistificatorio nel suo genere. Ne dà subito un esempio preclaro a pag. 4. “Nel 1990, – c’è scritto – per volontà di Craxi e Andreotti, fu varata una legge nazionale per Roma Capitale, oggi definitivamente abolita”. Si tratta della Legge 396 primo firmatario Antonio Cederna uno dei fondatori di Italia Nostra, considerato, e a ragione, il padre del Parco dell’Appia antica e deputato della sinistra indipendente eletto nelle liste del Pci. Quella Legge, nella sua sostanza, fu il frutto di una lunga battaglia parlamentare del Pci e di Cederna – a proposito di ambientalismo di sinistra – sulla quale ci fu la convergenza alla fine di una larga maggioranza parlamentare.
Non fu abrogata ma lasciata nel dimenticatoio e colpita a morte nel 2010 dal famoso e osceno “patto della pajata” fra la destra romana e regionale all’epoca di Alemanno sindaco, di Polverini governatrice del Lazio e di Bossi capo della Lega: pronubo il governo di Berlusconi. Era ancora l’epoca in cui la Lega, nella quale militava Salvini, parlava di “Roma ladrona”; proprio lui, il “bauscia”, che ancora qualche anno dopo, nel 2016, voleva far pagare il pedaggio ai romani sul GRA.
Vergogne di cui bisognerebbe ricordarsi.
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