Ostia: sulle tracce di Pasolini 41 anni dopo

Cosa sia davvero successo quella notte ancora non si è ben capito. Ma c’è una cosa indiscussa: quella notte l’Italia perse uno dei più grandi intellettuali che abbia mai avuto: P.P. Pasolini

Venendo da Roma, Ostia per molti chilometri è solo una striscia orizzontale di colore blu. Quando si arriva,  a un tratto il paesaggio si fa più nitido. Non progressivamente, ma tutto d’insieme. Capisci di essere davvero arrivato quando senti il profumo dolce della salsedine che si mischia con l’odore del pesce fritto. Forse è lo stesso odore che si sentiva anche quaranta o cinquanta o cento anni fa. Forse è lo stesso odore immutabile  che sentì Pier Paolo Pasolini quando per l’ultima volta, venendo dall’Ostiense, si dirigeva verso l’Idroscalo nella sua Giulia 2000 GT.

Sono passati esattamente 41 anni da quella notte. Faceva freddo, e qualcuno, dopo averlo pestato a sangue, lasciò il suo corpo agonizzante nell’umidità e il buio, a pochi passi dalle baracche vicine alla foce del Tevere. Cosa sia davvero successo quella notte ancora non si è ben capito. Ma c’è una cosa indiscussa: quella notte l’Italia perse uno dei più grandi intellettuali che abbia mai avuto.

Le eredità che Pasolini ha lasciato, oltre che immense, sono molteplici. Ce n’è una culturale, una artistica e una filosofica. Ma soprattutto Pasolini ha lasciato il ricordo di sé nella gente comune, che lui così tanto frequentava per poterla raccontare in maniera spontanea e onesta.

“Io Pasolini me lo ricordo – dice un signore anziano che nel giorno di festa sta seduto su una panchina in riva al mare – e a volte me sembra pure da rivedello in giro. Sarà l’età, che me sto a rincojonì”. Ride, scherza, e con le rughe racconta una Roma semplice e vera. “Quando veniva a Ostia – continua – era già famoso, già aveva fatto i film  e tutti parlavano di lui. Però la sa ‘na cosa? Mo tutti dicono un gran bene de sto Pasolini, ma quando era vivo quante je ne dicevano dietro, poraccio… Che poi ha fatto pure ‘na finaccia!”.

monumentoapppNel luogo preciso in cui Pasolini venne ucciso oggi c’è un monumento. È una scultura firmata da Mario Rosati e collocata in un parco ben curato. Se ne occupano i volontari del LIPU di Ostia. “Noi la seguiamo da quindici anni, senza aver mai visto un soldo per la sua gestione” mi racconta Alessandro, responsabile del centro. “È sempre stata aperta a tutti quanti, e non abbiamo mai avuto un problema. Poi però hanno pensato bene di sfasciarcela tutta a picconate”. Alessandro si riferisce al blitz di Militia, l’organizzazione di estrema destra che lo scorso marzo ha vandalizzato il monumento e lasciato uno striscione che recitava “Pasolini: ma quale poeta e maestro. Frocio e pedofilo, lui era questo”.

Mentre sistemano il parco per la commemorazione del giorno seguente, i volontari mi raccontano la storia di quel posto. “E’ un posto con una fauna unica. Vengono a farci birdwatching da tutta Europa. E poi è il frutto di un vero miracolo”. “Qui è arrivata una multinazionale che voleva cementificare tutto e farci una sorta di lager per animali – mi dice Alessandro con l’orgoglio negli occhi – Noi ci siamo opposti, e alla fine abbiamo vinto. Abbiamo trasformato il posto da una discarica a cielo aperto ad un’oasi frequentata da famiglie e giovani. È il modo migliore per rendere omaggio a Pasolini”.

acciottolatoA pochi metri e tutto intorno al monumento ci sono palazzoni enormi. Come se il progresso criticato da Pasolini avesse provato a fagocitare anche il luogo della sua morte, ma invano. È un luogo che è un misto di sacro e profano: la morte di un intellettuale, il sesso coi minori, una voce disperata che nel buio chiama “mamma, mamma!” e i calzoni abbassati e la faccia tumefatta ricoperta di sangue. E il cemento che prova a inglobare tutto ma poi si ferma a distanza di sicurezza.

Ad Ostia esistono altri due monumenti dedicati a Pasolini. Sono stilisticamente simili tra loro, ma il loro collocamento racconta bene – chissà se volutamente o per caso – la vita del poeta. Oltre che all’Idroscalo, ce n’è uno in Piazza Gasparri e un altro in Piazza Anco Marzio.

Piazza Gasparri e il suo parchetto negli anni sono diventati il simbolo del degrado di Ostia. Prima i tossici, poi gli sbandati e poi i presunti mafiosi qui hanno involontariamente raccontato il peggio del litorale romano. Il monumento è anonimo e immerso nello sporco. A pochi passi dei ragazzi fumano erba appoggiati ad un corrimano con l’aria annoiata. Pasolini sarebbe fiero di esser ricordato in un posto così.

Basta camminare per pochi minuti per arrivare in Piazza Anco Marzio, pieno centro di Ostia. Qui girano i soldi sotto forma di persone eleganti e labbra sorridenti. I locali sono curati e accoglienti. Quasi sembra di essere in una località di mare esclusiva del Circeo, mentre camminando senti odore di pesce fresco e ciambelle calde. Il monumento è in bella vista, sul lato del lungomare, con una bella dedica incisa sulla pietra.

monumentI passanti che passeggiano con tranquillità lungo la spiaggia sembrano non aver mai sentito parlare di Pasolini. Ma basta spostarsi nei vicoli interni, a pochi passi da Piazza Agrippa, per trovare due signore sedute al bar. “Avoja se me lo ricordo. Mi fija era piccina e voleva sempre cammina’ lì in piazza” – mi racconta una delle due – e quando ce la portavo spesso capitava de incontrallo. Ciaveva proprio uno stile suo e stava in mezzo alla gente, je piaceva proprio, lo sentivi”.

10Mentre parliamo, dalle finestre delle case popolari di via Fasan esce profumo di sugo e arrosto e il rumore dei piatti e delle stoviglie che sbattono. “Boh, a me me stava un po’ sul cazzo – mi spiega l’altra signora – cioè, non l’ho mai conosciuto di persona, però me pareva un viscido. Sempre coi ragazzini, infatti hai visto che fine…”. Tutto intorno la salsedine ha eroso i cofani, gli intonaci e le rughe delle persone.

È difficile capire cosa sia rimasto di Pasolini, perché è difficile capire cosa egli fosse davvero. È stato un personaggio complesso e contraddittorio, così come lo è Ostia. La narrazione che se ne fa – di un’Ostia in preda alla mafia, al malaffare e al degrado – è solo una parte del racconto. L’altra parte è quella del mare limpido, del lungomare recuperato e della vitalità della cittadinanza, che più che altrove ha saputo organizzarsi e farsi sentire quando necessario. La storia della riqualificazione dell’idroscalo è un buon esempio di tutto ciò.

ancomarzioNonostante sia formalmente un quartiere di Roma, parte dell’attuale X Municipio, Ostia è in realtà è una vera e propria città. “Ci sono i quartiere alti e i quartieri bassi” – mi spiegano – “e la struttura sociale è completa. Roma la sentiamo lontana, a maggior ragione da quando siamo commissariati. Nei fatti questa è come una piccola città indipendente”.

vistamareIl racconto pasoliniano delle borgate ormai è scaduto, e Ostia non fa eccezione. La lotta di classe, e le stesse classi sociali, sono sfumate, mentre intorno Roma cresceva e inglobava le periferie, rendendole quartier residenziali. Passeggiando sulla spiaggia trovo un signore di mezza età  con cui chiacchiero per pochi minuti. “Pasolini non lo conoscevo, non vivevo qui  all’epoca. Però la sai una cosa? Tu vuoi sapere cosa è rimasto a Ostia di Pasolini? È rimasta la sabbia che stiamo calpestando. Dicono camminasse spesso qui per trovare ispirazione. Ma è morto quarant’anni fa. A parte la sabbia, cosa vuoi che è rimasto?”. E forse, paradossalmente, ha ragione lui.

Le foto:
1) Monumento a Pasolini all’Idroscalo;
2) Scritta su un cancello all’Idroscalo;
3) Monumento a Pasolini in Piazza Gasparri;
4) Cartello stradale eroso da salsedine;
5) Monumento a Pasolini in Piazza Anco Marzio;
6) Arenile

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