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Ottant’anni fa, il 4 Giugno del 1944, Roma da Città Aperta diventava città libera

Quella domenica fu l'ultimo giorno di occupazione nazifascista della Città

Quel giorno mio padre vide i soldati fermi all’Arco di Travertino.». «Qualcuno pensava che finalmente fossero gli americani.». «Qualcuno pensava che fossero ancora i tedeschi.». «Qualcun altro, temeva che fossero tedeschi travestiti da americani». (Ascanio Celestini«Scemo di guerra», 2005)

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Venerdì 2 Giugno 1944, alle 23,15, dai microfoni di Radio Londra, viene trasmesso in tutta Italia un messaggio speciale che riguarda Roma. È la parola d’ordine “Elefante” e si tratta del messaggio in codice che segnala alla Resistenza italiana che ha inizio l’attacco finale, da parte degli alleati, per la liberazione della città di Roma. Due giorni dopo, Domenica 4 Giugno 1944 – alla sera – Roma – dopo 271 giorni di occupazione nazifascista della città – è finalmente libera.

“Qui Radio Londra, trasmettiamo alcuni messaggi speciali”

Era il 27 settembre del 1938, quando nacque la famosissima Radio Londra, l’insieme dei programmi radiofonici trasmessi dalla radio inglese BBC e indirizzati alle popolazioni europee continentali. Le trasmissioni in lingua italiana della BBC iniziarono con la crisi di Monaco. Con l’inizio delle ostilità, nel 1939, Radio Londra incrementò le trasmissioni in italiano, che raggiunsero la durata di 4 ore e 15 minuti nel 1943. La redazione di Radio Londra diventò nota per la sua tempestività nel trasmettere le notizie nel mondo, nel tipico stile inglese, sintetico, diretto e pragmatico.

Nel Servizio Italiano grande successo ebbe il Colonnello Harold Stevens, il famoso “Colonnello Buonasera”, Ufficiale britannico vissuto a Roma, che, grazie ai suoi commenti pacati e ragionevoli, riusciva a trasmettere messaggi di serenità e speranza nel futuro.

In guerra Radio Londra ebbe un ruolo fondamentale, in quanto spediva messaggi “speciali”, redatti dagli Alti comandi alleati e destinati alle unità della resistenza italiana. Le trasmissioni in italiano di Radio Londra avevano come sigla d’apertura le prime note della 5ª Sinfonia di Beethoven. La scelta non avvenne a caso, almeno a detta di alcuni storici, ma proprio perché quella sinfonia codificava, secondo l’alfabeto Morse, la lettera “V”, iniziale di “Victory”, sempre ripetuto da William Churchill.

La storia di Roma occupata inizia il 10 Settembre 1943 quando i tedeschi – vinta la resistenza armata di militari e cittadini comuni (è la prima volta che accade che cittadini e militari combattano insieme i nazifascisti) – a Porta San Paolo e nelle zone limitrofe della città – occupano militarmente la Capitale del Regno d’Italia abbandonata, all’alba del 9 Settembre, dal Re savoiardo e da tutta una serie di Ministri e Generali in fuga verso Brindisi.  A Roma resterà solo il Colonnello del Genio e dello Stato Maggiore dell’Esercito Giuseppe  Cordero Lanza di Montezemolo il quale – per la sua attività di resistenza antinazifascista (svolta con il nome di battaglia di “Ingegner Giacomo Cataratto”, poi cambiato in “Professor Giuseppe Martini”) – sarà successivamente arrestato per delazione, internato nel Carcere tedesco di Via Tasso e assassinato alle “Cave Ardeatine”, il 24 Marzo 1944, insieme ad altri 334 civili e militari innocenti di qualsivoglia reato o delitto.

I cittadini romani scoprono, da subito, la farsa tedesca di avere accettato per Roma lo status di “Città Aperta” (che voleva dire priva di mezzi e accantonamenti militari) proposta dal Generale Giorgio Calvi di Bergolo (genero del Re) che poi gli stessi tedeschi arresteranno il 23 Settembre e deporteranno in un piccolo Albergo nella località austriaca di Hirschegg, insieme ad alcuni componenti della Famiglia reale e a Francesco Saverio Nitti. I nove mesi successivi di occupazione tedesca e fascista della città costeranno ai romani pesanti sofferenze ed innumerevoli lutti.

Molti romani saranno rastrellati e deportati per il Servizio del Lavoro tedesco; altri saranno uccisi, perché renitenti alla leva obbligatoria fascista o Resistenti nelle varie Formazioni armate che si andranno costituendo nella città, subito dopo la battaglia di Porta San Paolo. Decine e decine sono gli atti di resistenza armata attuati dai Partigiani romani, contro le truppe tedesche di occupazione. Altrettante centinaia quelli non armati che vedono partecipi comuni cittadini e cittadine (dalla resistenza passiva ai Bandi ed alle Ordinanze tedesche e fasciste; all’attività di protezione di ebrei e prigionieri alleati, fino all’azione sempre non armata in appoggio ai Partigiani combattenti presenti in città).

Alla liberazione della città gli uomini e le donne di Roma pagheranno un prezzo altissimo al terrore nazifascista.  Oltre ai 597 morti dei tre giorni di battaglia a Porta San Paolo (tra cui 27 donne,156 civili e 414 militari); alle 335 vittime della strage delle “Cave Ardeatine”, del 24 Marzo 1944. ed ai 1.023 ebrei deportati al Portico d’Ottavia e in tutto il resto della città, il 16 Ottobre del 1943, la città conterà, durante l’occupazione tedesca947 deportati nel rastrellamento del Quartiere Quadraro77 Partigiani fucilati a Forte Bravetta10 fucilati al Forte di Pietralataoltre 320 deportati con il trasporto del 4 Gennaio 1944 verso i KL di Dachau e Auschwitz;10 donne uccise presso il “Ponte di Ferro” (il Ponte dell’Industria all’Ostiense), per aver assaltato un forno, il 7 Aprile del 1944;  14 ex-detenuti del Carcere tedesco di Via Tasso, massacrati a “La Storta”, proprio il giorno della Liberazione della città. Ancora, tra le vittime della barbarie nazifascista ci saranno un numero imprecisato di romani e romane uccisi perché non si erano fermati all’alt di tedeschi e fascisti o perché trovati privi di documenti. Vanno poi ricordati tutti i Partigiani e le Partigiane romani caduti durante i nove mesi di lotta in città, che Rosario Bentivegna (Paolo) stimerà in 1.750.

Gli ultimi partigiani romani morti per la libertà

Ugo Forni con la madre

Alcuni di quei Partigiani saranno uccisi ancora il 5 Giugno – a liberazione avvenuta – come il dodicenne Ugo Forno (“Ughetto”) ed il suo compagno, quattordicenne Francesco Guidi, che cadranno al Ponte ferroviario sull’Aniene che  oggi si chiama “Ponte Ugo Forno”, mentre sparano ai genieri tedeschi che vogliono farlo saltare; o come il diciannovenne Felice Rosi che – Partigiano combattente nella “Banda Roma”, del Fronte Militare Clandestino di Resistenza, del Colonnello Montezemolo – cadrà, nei pressi di Prima Porta, per aver cercato, insieme ai suoi compagni, di fermare un carro armato tedesco “Tigre”.

Anche sul territorio cittadino, che oggi delimita i confini del XIII Municipio Aurelio, di Roma Capitale, vi furono episodi di lotta – armata e non – e di resistenza passiva agli occupanti tedeschi ed ai fascisti. Dagli “Arditi del Popolo” di Cencio Baldazzi,  a Valle Aurelia (il “Borghetto dei Fornaciari”); alle azioni di propaganda e lotta partigiana di Vittorio Buttaroni, del Movimento di Giustizia e Libertà, di Romualdo Chiesa, del Movimento dei Cattolici Comunisti e del “Comandante Trionfale”, Romolo Iacopini, di Bandiera Rossa, al “Borgo dei Fornaciari”.

Molti altri militanti Partigiani ed antifascisti vissero e lottarono nell’attuale Municipio XIII: da Galliamo TabariniLuigi GrassiGiulio SacripantiBernardino TroianiFiorino Petrucci  e Renato De Santis, arrestati ed internati nei Campi di sterminio nazisti di Mauthausen, Schloos-Hartheim ed Ebensee, dove furono assassinati; a Teofrasto Turchetti, militare romano arrestato a Peschiera del Garda, anche lui deportato ed ucciso in Campo di Sterminio; a Mario Carucci, militare e Partigiano combattente nella “Banda di Colle San Marco” (sopra Ascoli Piceno) – inquadrata nel “Fronte Militare Clandestino” del Colonnello Montezemolo – catturato dopo un combattimento durato tre giorni, trasportato a Roma, torturato e fucilato, a Forte Bravetta, il 22 Dicembre del 1943;  o ancora  Fiorino Fiorini  e  Bruno Rodellapartigiani combattenti, arrestati e assassinati alle Cave Ardeatine  il 24 Marzo 1944.

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Scriverà Elsa Morante nel suo “La Storia” – Romanzo vivido sui nove mesi di occupazione nazifascista di Roma – descrivendo le colonne tedesche che, transitando tra Via del Corso e Piazza Venezia, lasciavano Roma quel 4 Giugno 1944 (una Domenica) – «Una fila interminabile di camioni stracarichi di soldati germani, tutti neri di fuliggine e sporchi di sangue.»«La gente li guardava e non diceva niente.». «Loro non guardavano nessuno.».

Finalmente Roma è libera ed i romani manifestano la loro gioia. Si scende nelle strade e si va per la città, senza meta. Quando incrocia i convogli militari americani la gente applaude e saluta. Si incontrano altri gruppi di persone e subito nasce un corteo e si grida: «Viva l’America!», «Viva la Libertà!». E’ gioia allo stato puro. Ricorderà, in proposito, il giornalista e scrittore Paolo Monelli«Un soldato americano, altissimo e magro, è a terra, in piedi, davanti ad un carro armato, fermo all’angolo di Via Quattro Fontane, e mastica qualcosa.». «Chiedo: «Where do you come from?». «From Texas.»«Ho l’improvvisa vertigine di una vastità sconfinata, che accoglie e dissolve le angosce, la pena di nove mesi, ove lo stesso sollievo si smarrisce.».

Roma è libera ed i romani tornano a sperare ed a (ri)utilizzare la parola: “futuro”, divenuta inusuale dopo i 271 giorni di occupazione e terrore nazifascista. Una parola che i nazifascisti avevano cancellato, con violenza, dal vocabolario quotidiano dei romani. In quei nove mesi in cui “era notte a Roma”. Quella parola  la si poteva solo pronunciare sottovoce, nel chiuso delle case, dei rifugi antiaerei, dei nascondigli partigiani, perché gridarla avrebbe potuto significare la morte, ma ora che la notte era finita si poteva tornare a farlo senza più nessuna paura.

Un futuro, quello riconquistato in quei primi giorni di Giugno del ‘44 che si sperava di poter vivere in un mondo diverso e più giusto: la fine dell’incubo, ma anche un nuovo inizio, carico di speranze. Di questo potevano, adesso, ragionare sul serio molti romani così come – nella finzione cinematografica di “Roma Città Aperta”, il film-documento di quei terribili nove mesi di vita della città, girato da Roberto Rosselini nel 1944-1945 – avevano fatto Pina (Anna Magnani) e Francesco (Francesco Grandyacquet) mentre, seduti sulle scale del Palazzo al Casilino, dove abitavano, ricordavano il loro primo incontro.

Intanto, quella Domenica 4 Giugno 1944, 271°, ed ultimo, giorno di occupazione nazifascista della città – come annota Cesare De Simone nel suo “Roma, Città Prigioniera”: «A Porta Maggiore, un gigantesco MP americano, in piedi su una Jeep, dirige il traffico delle autocolonne della Quinta Armata che salgono dalla Casilina, smistandole su varie direzioni, con larghi movimenti del manganello, lungo e bianco.». «Si chiama Jim Delaway, è un Indiano Apache del Nuovo Messico.».

 

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Il 4 Giugno i romani, dunque, festeggiano la liberazione della città, ma i tedeschi in fuga compiono l’ultimo sfregio ai danni loro e della loro città. Fuggendo da Roma portano, infatti, con loro 14 detenuti politici, dodici dei quali italiani, che hanno prelevato dal Carcere tedesco di Via Tasso e giunti in località La Storta, sita al 14° chilometro della Via Cassia, li ammazzano. Ad ucciderli uno ad uno sarà il Tenente Hans Kahrau, dell’Aussenkommando Rom, con un colpo di pistola alla nuca. (https://www.anfim.org/attivita/pubblicazioni/4-giugno-1944-eccidio-storta/).

Ecco i loro nomi:

  • Gabor Adler, volontario ungherese, alias il capitano inglese “John Armstrong“‘, alias “Gabriele Bianchi“, inviato a Roma dagli inglesi in azione di spionaggio. Sepolto al Cimitero del Verano, riquadro 5[.
  • Eugenio Arrighi, tenente (Fronte militare clandestino, Legione Garibaldina)
  • Frejdrik Borian, ingegnere polacco (Brigate Matteotti)
  • Alfeo Brandimarte, maggiore delle Armi navali (Fronte militare clandestino) – Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria
  • Bruno Buozzi, operaio, dirigente sindacale, già deputato del PSI (Brigate Matteotti) Sepolto al Cimitero Monumentale del Verano, accanto alla tomba del Capitano Armstrong.
  • Luigi Castellani, impiegato (Brigate Matteotti)
  • Vincenzo Conversi, ragioniere (Brigate Matteotti)
  • Libero De Angelis, meccanico (Brigate Matteotti)
  • Edmondo Di Pillo, ingegnere (Brigate Matteotti) – Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria
  • Pietro Dodi, generale di cavalleria nella riserva (Fronte militare clandestino) – Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria
  • Lino Eramo, avvocato (Fronte Militare Clandestino)
  • Alberto Pennacchi, tipografo (Brigate Matteotti)
  • Enrico Sorrentino, capitano (Fronte militare clandesti
  • Saverio Tunetti, maestro elementare (Brigate Matteotti).

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Nota Finale: per il sacrificio e la lotta dei suoi cittadini durante i nove mesi di occupazione nazifascista della città, il 16 Luglio del 2018, il Gonfalone della città di  Roma è stato decorato della Medaglia D’Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione:

“La Città eterna, già centro e anima delle speranze italiane nel breve e straordinario tempo della Seconda repubblica romana, per 271 giorni contrastò l’occupazione di un nemico sanguinario e oppressore con sofferenze durissime. Più volte Roma nella sua millenaria esistenza aveva subito l’oltraggio dell’invasore, ma mai come in quei giorni il suo popolo diede prova di unità, coraggio, determinazione. Nella strenua resistenza di civili e militari a Porta San Paolo, nei tragici rastrellamenti degli ebrei e del Quadraro, nel martirio delle Fosse Ardeatine e di Forte Bravetta, nelle temerarie azioni di guerriglia partigiana, nella stoica sopportazione delle più atroci torture nelle carceri di via Tasso e delle più indiscriminate esecuzioni, nelle gravissime distruzioni subite, i partigiani, i patrioti e la popolazione tutta riscattarono l’Italia dalla dittatura fascista e dalla occupazione nazista. Fiero esempio di eroismo per tutte le città e i borghi occupati, Roma diede inizio alla Resistenza e alla guerra di Liberazione nazionale nella sua missione storica e politica di Capitale d’Italia. 9 settembre 1943 – 4 giugno 1944.”.


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