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Per una città eco-sostenibile

in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con il Next Generation EU e il PNRR
«Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra” (Hans Jonas, da Il principio Responsabilità, 1979).

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità.

È stata sottoscritta il 25 settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite. Approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU, l’Agenda è costituita da 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – inquadrati all’interno di un programma d’azione più vasto costituito da 169 target o traguardi, ad essi associati, da raggiungere in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale entro il 2030.

 

I 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile

 

Goal 1: Sconfiggere la povertà

Goal 2: Sconfiggere la fame

Goal 3: Salute e benessere

Goal 4: Istruzione di qualità

Goal 5: Parità di genere

Goal 6: Acqua pulita e servizi igienico-sanitari

Goal 7: Energia pulita e accessibile

Goal 8: Lavoro dignitoso e crescita economica

Goal 9: Imprese, innovazione e infrastrutture

Goal 10: Ridurre le disuguaglianze

Goal 11: Città e comunità sostenibili

Goal 12: Consumo e produzione responsabili

Goal 13: Lotta contro il cambiamento climatico

Goal 14: Vita sott’acqua

Goal 15: Vita sulla Terra

Goal 16: Pace, giustizia e istituzioni solide

Goal 17: Partnership per gli obiettivi  (1/2 – 2/2)

 

Gli obiettivi in grassetto e in corsivo sono quelli che, ai fini del discorso che intendiamo sviluppare, ci interessano di più, anche in relazione alle imminenti elezioni amministrative del 3-4 ottobre prossimo.

Tuttavia, prima di scendere nel dettaglio della problematica su come declinare gli obiettivi dell’Agenda 2030 non soltanto in un programma di governo ma anche nella concreta gestione amministrativa delle future Istituzioni rinnovate, comunali e municipali, è opportuno fare riferimento, perché oggettivamente collegato all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, al Next Generation EU approvato nel luglio del 2020 (in piena pandemia) dal Consiglio Europeo su proposta della Commissione Europea.

 

Il Next Generation EU e il PNRR

 

Il Next Generation EU ha affermato il principio che “l’unità dell’Europa, la solidarietà tra i paesi e tra le persone del continente, è la condizione di una nuova stagione di prosperità”. Per questa ragione il piano dota gli Stati membri delle risorse necessarie ad una rapida ripresa economica dopo la pandemia.

Esso prevede una spesa per l’Italia di 191,5 miliardi di euro (a cui si aggiungono oltre 30,6 miliardi del Fondo complementare varato dall’Italia). A questo super finanziamento (merito delle trattative condotte dall’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal suo ministro dell’economia Roberto Gualtieri, attuale candidato del centrosinistra alla carica di Sandaco di Roma) l’Italia ha risposto con l’elaborazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Tale Piano, è necessario aggiungere, non è cambiato di molto nel passaggio dal Governo Conte bis al Governo Draghi.

Il PNRR ha sei missioni, ovvero diversi capitoli tematici di investimento pubblico:

  • digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo
  • rivoluzione verde e transizione ecologica
  • infrastrutture per una mobilità sostenibile
  • istruzione e ricerca
  • inclusione e coesione
  • salute

Queste Missioni sono poi dettagliate in componenti e misure particolari, ossia in specifiche azioni di investimento e progetti. È chiaro che tanto le 6 missioni, quanto le componenti e misure specifiche dovranno trovare attuazione innanzitutto a livello locale, delle Città metropolitane e dei Comuni (e, per quanto riguarda i grandi Comuni, anche su scala municipale).

In riferimento alle previsioni dell’Agenda 2030 e del PNRR, quindi, e soffermandosi in particolare sugli aspetti che prevedono una lotta più incisiva ai cambiamenti climatici e alla sostenibilità delle città e delle comunità, è possibile ragionare ed elaborare programmi e progetti che rappresentino la traduzione, nella concreta gestione amministrativa delle città (e di Roma Capitale in particolare), degli obiettivi enunciati nei Documenti sopra citati.

Roma città sostenibile

La sostenibilità ambientale non deve essere considerata un vincolo, una palla al piede, bensì un volano per accelerare l’innovazione a vantaggio dei cittadini, tenendo insieme giustizia sociale e tutela ambientale. Roma deve porsi come obiettivo prioritario quello della rigenerazione urbana. Ciò significa ripensare la città secondo criteri ambientali e sociali, attraverso azioni e interventi che abbiano come obiettivi: 1) lo stop al consumo di suolo, 2) la riduzione dei consumi energetici e idrici, 3) la ristrutturazione-rivoluzione del ciclo dei rifiuti, 4) lo sviluppo dell’economia circolare, 5) la riqualificazione e l’adattamento degli spazi pubblici ai cambiamenti climatici.

La sostenibilità non serve soltanto a combattere l’inquinamento atmosferico e acustico, le emissioni di gas serra, il degrado delle aree urbane, il consumo di territorio e di energia, riducendo in tal modo i rischi per gli abitanti di ammalarsi di gravi patologie o di subire incidenti stradali. Ma ha effetti positivi anche sull’economia del territorio e sulle opportunità di lavoro e sulla qualità della vita in città. La riconversione ecologica delle costruzioni, degli spostamenti, dei consumi e del ciclo dei rifiuti fa crescere l’occupazione e attira anche investimenti privati, soprattutto nel recupero urbano.

La sostenibilità non significa conservare l’esistente, al contrario è necessario dispiegare, nella realtà complessa di un territorio vastissimo come quello del Comune di Roma, un programma di interventi concreti atti a promuovere la transizione ecologica: investimenti per l’efficienza energetica, per la valorizzazione e la tutela del verde urbano, dei giardini, dei parchi e delle ville storiche, per la realizzazione di percorsi attrezzati per lo sport e il tempo libero, nonché il recupero e l’ammodernamento dell’impiantistica sportiva a partire da quella di prossimità nelle zone più periferiche.

La sostenibilità di una città come Roma non può che essere il frutto di un lavoro collettivo, che coinvolga non soltanto le Istituzioni comunali e municipali, ma anche Ministeri, la Regione Lazio, le Ferrovie dello Stato, le Aziende partecipate, l’imprenditoria privata, l’associazionismo e i comitati strutturati e/o spontanei; è necessario agire, infatti, sui sistemi e sui servizi di mobilità, sulla qualità dell’aria, sulle aree verdi, sulla biodiversità, sul sistema di gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, sulle fonti energetiche che utilizziamo quotidianamente, sull’efficienza energetica del patrimonio edilizio, sulla qualità del cibo, sulla gestione dei beni comuni e sull’organizzazione degli spazi urbani.

In questo quadro generale – nel quale le parole chiave sono clima e energia – per cambiare radicalmente il volto della nostra città è necessario porsi questi obiettivi: rendere le reti di trasporto più efficienti, aumentare in maniera consistente le fonti energetiche rinnovabili, creare comunità energetiche, allargare il più possibile l’economia circolare, puntare ad una massiccia riqualificazione del patrimonio edilizio (mettendo un freno ad un’ulteriore consumo del suolo), puntare sulla nascita e sullo sviluppo delle foreste urbane, una maggiore cura dello spazio pubblico, investire di più in ricerca e formazione, così come nei servizi e nei sistemi per la salute, per la cultura e per la cura della città.

Roma è già ora, per estensione, una delle città più verdi d’Europa (con i suoi 166.47 mq/abitante, che risulta dalla somma di parchi cittadini + riserve naturali), ma molto spesso il verde risulta non curato, mortificato dalla sporcizia e dalla presenza di piccole e medie discariche abusive. Occorre intervenire, con bonifiche straordinarie e manutenzioni e servizi ordinari, sul verde esistente; ma occorre anche puntare ad aumentare le alberature stradali, a trasformare aree pubbliche lasciate libere o in abbandono in giardini e piccoli parchi. Anche il patrimonio edilizio pubblico e privato deve dotarsi di tetti e di cinture verdi (le “foreste” urbane) che permettano di diminuire danni e rischi del cambiamento climatico, di rendere più fresca la città, di migliorare la qualità dell’aria, di ridurre l’inquinamento, di tutelare le acque, di salvaguardare le biodiversità e la qualità dell’ambiente urbano.

Roma deve diventare una città “solare”, che riduca drasticamente il ricorso alle fonti fossili, con la riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati, che promuova le migliori possibilità di impiego delle fonti rinnovabili disponibili per i diversi usi. Una città che faciliti la diffusione delle comunità energetiche, per sistemi di produzione diffusi, che rendano più flessibile la produzione e riducano il carico sulla rete e le perdite.

Accanto e in parallelo con la cura del verde, occorre riprendere e sviluppare il concetto e la pratica della “cura del ferro”, della mobilità pubblica e condivisa, della mobilità ciclabile e pedonale, dei servizi di prossimità, della “città in quindici minuti” (lo slogan che caratterizza il programma di centrosinistra del candidato Sindaco Roberto Gualtieri).

La riduzione del numero (e soprattutto dell’uso) delle auto private passa attraverso un aumento massiccio dell’offerta di mobilità pubblica: prolungamento delle attuali linee metropolitane, creazione di nuove linee, la conclusione dell’anello ferroviario, un sistema integrato ferrovie-metro-tram-bus, il completamento e il recupero di stazioni ferroviarie di valore strategico (come, ad esempio, la stazione Pigneto e la stazione Casilina), l’aumento e il prolungamento delle linee tramviarie, la creazione di numerosi ed economici parcheggi di scambio. Per quanto riguarda il traffico privato, puntare sulla transizione verso la mobilità elettrica e a bassissime emissioni, insieme all’aumento massiccio di ciclovie più protette e perciò più sicure.

Roma sostenibile deve diventare una città a consumo di suolo zero, attraverso l’avvio di  processi sistematici di rigenerazione urbana e di riqualificazione e riutilizzo del patrimonio  costruito esistente. Una città che preveda significativi interventi volti a recuperare, bonificare, ri-naturalizzare suoli, aree urbane e periferie urbane degradate.

Roma sostenibile può diventare anche la città dell’agricoltura di prossimità, dove si valorizzi il cibo locale, a chilometro zero, sano, proveniente da aziende agricole del territorio e dall’agricoltura sociale. Un cibo che arrivi nei mercati rionali, nelle mense scolastiche ed ospedaliere, nelle mense aziendali delle grandi imprese pubbliche.

Roma sostenibile può essere la città dell’economia circolare, in cui il problema non sarà più “dove spostare i rifiuti prodotti quotidianamente” ma, al contrario, “come trasformare e riciclare, in loco, i rifiuti”, investendo la maggior parte dei fondi oggi destinati al trasporto in discarica in impianti all’avanguardia, atti a favorire la riparazione, il riuso e il riciclo di beni e oggetti in buono stato, e mediante l’attivazione di una diffusa rete di imprese circolari innovative.

Una città che coniughi sostenibilità e responsabilità, occupandosi essa stessa dei rifiuti che genera. Per far ciò, la nuova amministrazione dovrà dotarsi di un Bilancio ambientale, di genere e sociale, che integri gli indicatori del Benessere Equo e Sostenibile e gli obiettivi dell’Agenda 2030 nei suoi documenti di bilancio, programmatori e consuntivi.


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