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Finalmente una sera insieme! I due fidanzati escono per un cinema e poi una passeggiata romantica in centro, ma quattro immigrati hanno cattive intenzioni sulla ragazza. Sono ubriachi e nella penombra di un vicolo della città tirano fuori i coltelli. Gianni cerca di difendere la fidanzata senza pensare a se stesso, toglie di mano il coltello ad uno degli aggressori e lo colpisce. Gli altri fuggono mentre i due ragazzi rimangono impietriti e spaventati per ciò che è accaduto. A nulla vale la corsa disperata verso l’ospedale ed il marocchino muore. A Gianni viene data in primo grado l’eccesso di legittima difesa, il carcere per qualche anno, poi l’assoluzione piena per legittima difesa, ma ormai è troppo tardi. Quel luogo, quella vita tolta lo hanno cambiato nell’anima ed in un giorno piovoso Gianni s’impicca.
Non è un romanzo ma una storia realmente accaduta, narrata in un volume curato dal giornalista Paolo Paparella, entrato per nove mesi nel carcere di Rebibbia per insegnare.
Il libro è un testo accademico diviso in tre capitoli, rinominati celle. La prima cella con testimonianze di esperti che hanno dato il loro contributo alla delineazione del sistema carcerario italiano, di docenti universitari e psicologi. La seconda con la fotografia della direttrice del reparto, del responsabile carcerario italiano è l’incontro tra i liceali di una prestigiosa scuola ed i detenuti che tramite email si sono scambiati pensieri sulla vita, sul tempo che passa e sulla prigionia. Il dialogo sembra uscito da un testo Freudiano in cui le testimonianze di vita sembrano intrecciarsi a tal punto che le emozioni diventano un comune denominatore tra vite di ignoti seppur vicini “amici” di penna.
All’incontro del 16 giugno parteciperanno i liceali che hanno scritto, giornaliste entrate in carcere per dialogare con i detenuti vis-à-vis e molti esperti, psicologi e professionisti.
Un germoglio tra le sbarre. Dal disagio Personale al disagio sociale, tra carcere e libertà, Pioda Edizioni.