“Prove aperte” volume secondo di Marco Palladini

Nel libro “materiali per uno zibaldone sui teatri che ho conosciuto e attraversato”

Marco Palladini, romano, è scrittore di vocazione sperimentale, critico e autore nell’ambito del teatro di ricerca e performer scenico-poetico, lungo il suo percorso professionale, del quale citeremo solo alcuni tratti.
Ha pubblicato i volumi in versi Et ego in movimento (’87), Autopia (’91), Ovunque a Novunque (’95); da Fermenti è uscito nel ’99 Fabrika Poiesis, ultimi libri Attraversando le barricate (2013) e è guasto il giorno (2015). Ha curato, inoltre, vari libri collettivi e pubblicazioni per il teatro, tra cui Serial Killer (Sellerio, 1999). Per l’assessorato alla Cultura del Comune di Roma e il Centro Beat 72 ha organizzato e condotto manifestazioni itineranti, mentre in veste di autore, critico e giornalista ha collaborato a molte testate nazionali tra le quali: Paese Sera, L’Unità, Il Messaggero, L’Umanità, L’Europeo, Rinascita, Close-Up, Filmcronache, Produzione & Cultura, Ragionamenti, Max, Il Patalogo.

Dopo il primo volume – Prove aperte, edito da Fermenti in collaborazione con la Fondazione Marino Piazzolla – che ha ottenuto il Premio Feronia 2016 per la saggistica – questo secondo volume costituisce un ulteriore approfondimento, spaziando su vari settori attinenti al teatro, utilissimo a chi lo ama ma anche a chi vuole conoscerne la vitalità attraverso l’esperienza e la cultura di questo grande autore-attore.
Entrambi i volumi, Prove aperte I e II, sono in ideale connessione con la precedente pubblicazione di Palladini “I teatronauti del chaos“, edita da Fermenti nel 2009, dedicata a “La scena sperimentale e postmoderna in Italia (1976-2008)” mentre la presente raccolta, allarga lo sguardo a tutti “i teatri” incontrati e visti nel suo ultradecennale cammino di autore-osservatore, includendo, quindi, i teatri più legati alla tradizione, alla convenzione, alle ribalte ufficiali, alla regia critica, all’attore-mattatore ed alla drammaturgia, includendo parte dei più importanti nomi della scena nazionale e molti significativi protagonisti della scena internazionale.

Il libro, (vol II), presenta nella sezione iniziale, un’ampia campionatura di memorie su importanti spettacoli e sui principali protagonisti del teatro italiano colti in un arco temporale che scorre dal 1981 al 2015.

La sezione centrale racchiude, invece, interventi svolti in occasione di convegni e di pubblici dibattiti, nonché una serie di note critiche su alcuni libri cruciali che interrogano la scena contemporanea sotto il profilo teorico-semiotico, dell’arte dell’attore, del teatro di regia, della drammaturgia, della ricerca sperimentale e della sua immagine fotografica.

Un’ultima sezione, in gran parte inedita, contiene riflessioni, interviste, ricordi autobiografici, presentazioni di sala che riguardano il teatro, soprattutto quello che Palladini ha personalmente scritto, prodotto, diretto e interpretato in circa tre decenni, per un impegno globale sempre svolto – come avrebbe detto il suo antico mentore Beppe Bartolucci – “in aperto campo”.

Interessante soprattutto, anche per i “non addetti”, entrare attraverso il racconto dell’autore, nella narrazione di uno “spazio simbolico” come quello del teatro, uno spazio sempre contestato dall’intrusione del Reale. Il teatro non è cinema, la passivizzazione, l’ipnosi non è completa, è spazio altro che produce altra dimensione, ma solo in tacito accordo con un pubblico che si sottopone volontariamente ad una elaborazione totale della propria sensibilità, pur percependo la presenza umana, fisica e vulnerabile degli attori che la producono. Una sottile intercapedine propositiva e linguistica quindi, ma che può essere sottoposta a violazioni, dove il corpo, la voce e la tensione nervosa degli animatori sostengono tutta l’impalcatura di una creazione, ancora più preziosa oggi, quando è soprattutto l’immaginario elettronico, con la sua realtà virtuale, a tessere una rete perpetua ed omologante, omogeneizzante e spesso inconsapevole, dell’esperienza comune.

Citiamo quindi da pag 279 del testo, l’esperienza sul campo di Marco Palladini – Il teatro non è un luogo pacifico. È un locus solus dove si evocano grandi e tragici conflitti, temi epocali e drammatici, contrapposizioni esistenziali e filosofiche, gnommeri psicopatologici quasi inestricabili, dove si mettono a nudo e in dialettica tensione le ragioni prime dell’uomo e del suo contraffatto vivere […] Il teatro è reputato da molti avulso dal reale. Però, il teatro che socraticamente sa di non sapere, a volte, può diventare il luogo di una collisione col reale, soprattutto quando fuoriesce dalla dimensione separata della sala teatrale convenzionale. […] Un campo di forze in lotta dove l’azione artistica, per riconfermare le sue ragioni native e il suo gesto salvifico, deve rischiare il naufragio, deve affrontare l’urto del reale con la sola arma della sua superstizione, della mistica credenza in se stessa. Almeno due volte nella mia ormai pluridecennale esperienza scenica mi sono trovato ad agire artisticamente in un simile campo di battaglia, riuscendo, mi piace sottolinearlo, a non soccombere, ad uscirne in qualche modo ‘vincitore’ […] –

“Prove aperte. Materiali per uno zibaldone sui teatri che ho conosciuto e attraversato” (1981-2015). Vol. 2 di Marco Palladini – (Editore: Fermenti 2017)

FOTO DI VALTER SAMBUCINI in occasione di una presentazione il 30 marzo scorso al teatro di Villa Torlonia – Incontro-dibattito sul tema “La scena teatrale italiana degli ultimi quattro decenni” a partire dal recente libro di Marco Palladini “Prove aperte, vol. 2”, con la partecipazione dei seguenti, ritratti in foto (Foto 1) da destra Paolo Ruffini (operatore culturale), Marco Palladini, Attilio Scarpellini, (critico teatrale e saggista), Valentina Valentini (docente di Arti e scienze dello spettacolo all’Università La Sapienza di Roma) e Carlo Quartucci (regista teatrale).


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