Ravensbrück, l’inferno delle donne
Due libri, una storia atroce per anni dimenticata. Appuntamento giovedì 21 aprile 2016 alla Casa Internazionale delle Donne in via della LungaraA pochi giorni dal 25 aprile, un appuntamento importante giovedì 21 aprile 2016 alle ore 18 alla Casa Internazionale delle Donne (via della Lungara, 19) per la presentazione di due libri di notevole interesse: IL CIELO SOPRA L’INFERNO di Sarah Helm ed il libro fotografico RAVENSBRÜCK IL LAGER DELLE DONNE di Ambra Laurenzi; organizzazione a cura dell’ANED e della Casa Internazionale delle Donne. Introduce Francesca Koch, Presidente della Casa Internazionale delle Donne. Intervengono la storica Anna Foa e le autrici: Sarah Helm ed Ambra Laurenzi.
Un appuntamento da non perdere per l’importanza stessa dei documenti storici che verranno illustrati da Anna Foa, nota per la sua attività di ricerca storica.
I libri
Sarah Helm con il libro documentario di Il cielo sopra l’inferno (Newton Compton Editori, traduzione dall’inglese di Francesca Prencipi) vincitore del Premio UK’s Longman History-Today (febbraio 2016) è stato così definito da fonti autorevoli: «Questo libro merita attenzione, per le straordinarie interviste e per un’ulteriore analisi del nazismo e di coloro che ne furono vittime», Publishers Weekly. «Ravensbrück dev’essere ricordato», The Economist. «Un racconto davvero coinvolgente», The Guardian. «Straordinario, potente, devastante, scioccante», The Independent. «Proprio quando si pensa di sapere tutto sui campi di concentramento, la Helm ci racconta la storia semisconosciuta di questo lager femminile,» Kirkus Reviews.
Certo, la nota più sconvolgente di questo resoconto sembra essere proprio il silenzio storico con il quale è stata circondata l’esistenza stessa di questo Campo, ideato da Heinrich Himmler, l’architetto del genocidio, per contenere le donne scomode, non necessariamente ebree o non esclusivamente tali, ma tutte quelle donne che si opponevano politicamente come esponenti della Resistenza o semplicemente rientravano nella categoria di esseri inferiori: zingare, nemiche politiche vere o presunte, testimoni di Geova, disabili, prostitute, lesbiche, “pazze” o semplicemente indigenti. Non aderendo all’ideale figura di madre, la sola degna di partorire esemplari della “razza superiore”, le donne qui rinchiuse ed umiliate nelle forme più aberranti, furono usate in vario modo, come schiavitù sessuale (circa il 70% nei bordelli interni di altri campi di concentramento) come lavoratrici forzate, come oggetto di sadici esperimenti o semplicemente distrutte ed uccise per banali motivi, infine eliminate in massima parte per cancellare ogni traccia del Campo quando ormai si avvicinavano gli Alleati. In sei anni vi furono rinchiuse circa 130.000 donne, provenienti da più di venti Paesi in tutta Europa, tutte di diversa estrazione, nazionalità, credo politico.
Sembra veramente un’altra storia quella che qui si narra, con lo splendido ed asciutto stile di Sarah Helm in un libro finemente documentato attraverso lunghe e difficili indagini, storia narrata anche attraverso le foto poetiche di Ambra Laurenzi, lei figlia e nipote di deportate politiche nel campo di concentramento di Ravensbrück, riuscita ad illuminare con immagini questa “assenza”. Il Campo femminile era rimasto infatti senza alcuna la testimonianza da quando l’Armata Rossa lo liberò nell’aprile del 1945, senza documentarne in alcun modo o non conservando immagini a futura memoria, occupando poi il Campo per scopi militari negli anni della Guerra fredda, lasciandolo infine aperto solo nel 1994. Un’assenza già sprofondata nell’acqua stessa del lago Schwedt (lago di Fürstenberg/Havel) dove furono buttate in grande quantità le ceneri dei corpi e delle schede identificative delle prigioniere quando, negli ultimi mesi di guerra, il lager divenne un campo di sterminio molto attivo, operazione atta a far sparire in fretta “le prove”. Sembra siano state trucidate tra le 30.000 e le 90.000 donne, molte con i loro bambini. Dice Ambra laurenzi: “Il libro deriva dalla convinzione che i luoghi contengano per osmosi ciò che lì è accaduto …”. Non sbaglia, se vogliamo citare il premio nobel Luc Montaigner che sta indagando fenomeni straordinari che evidenziano il ruolo fondamentale delle onde elettromagnetiche nella biologia molecolare e la cosiddetta “memoria dell’acqua”, oppure semplicemente possiamo sottolineare la capacità dell’Arte di superare, nella sua funzione simbolica e direi terapeutica, l’angoscia assordante di questa assenza, immersa in una Natura silenziosa e bellissima. Il libro contiene foto di rocce arse, costruzioni grigie che si rispecchiano nella trasparenza del lago che conserva sul fondo ceneri, grigie anch’esse, panorami di splendida natura violata dalla memoria, sculture e lapidi in un percorso storico-narrativo sottolineato da testi curati da Aldo Pavia e brevi frasi originali o tratte dalle testimonianze delle deportate. Non mancano le dediche alle donne sopravvissute che, dopo aver creato nel 1948 un primo nucleo di ex-deportate appartenenti a quattro diverse nazioni, hanno costituito ufficialmente nel 1965, con l’iniziale partecipazione di 11 Paesi, il Comitato Internazionale di Ravensbrück, che ancora oggi persegue i suoi obiettivi.
Alcune note biobibliografiche
Sarah Helm, già redattrice del «Sunday Times» e corrispondente estera dell’«Independent», attualmente collabora con diverse testate. È autrice della biografia A Life in Secrets: Vera Atkins and the Missing Agents of WWII e di un’opera teatrale sulla guerra in Iraq, Loyalty. Vive a Londra con il marito e le figlie.
Ambra Laurenzi, delegata per l’Italia nel Comitato Internazionale di Ravensbrück, membro del Consiglio Nazionale dell’Aned Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi di concentramento nazisti e consigliere della sezione di Roma, è docente di Linguaggio Fotografico e Progettazione preso l’Istituto Europeo di Design di Roma, ha tenuto seminari di Storia e Linguaggio fotografico presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trieste. Ha pubblicato il DVD Le Rose di Ravensbrück, Storia di deportate italiane, un racconto-documento presentato in Germania, Austria ed Ungheria.
Anna Foa ha insegnato storia moderna all’Università “La Sapienza” di Roma ed ha inoltre tenuto corsi al Corso Superiore di Studi Ebraici, alla Hebrew University di Gerusalemme e all’Università Gregoriana. Si è occupata principalmente di storia sociale e culturale della prima età moderna, di didattica della storia e di storia degli ebrei. Tra i suoi libri: Ebrei in Europa dalla Peste Nera all’Emancipazione (Laterza 1992,1999), Giordano Bruno (Il Mulino 1998, 2015), Eretici, storie di streghe, ebrei e convertiti (Il Mulino 2004, 2010), Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento (Laterza 2009), Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del 1943, (Laterza 2013), Andar per ghetti e giudecche (Il Mulino 2014). Collabora a Pagine Ebraiche, L’Avvenire, L’Osservatore Romano.
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Gino Rago
Lettera dalla sopravvissuta di Theresienstadt
[ per il giorno della Memoria, 27 gennaio 2018]
“Caro Signor Treves, Cara Signora Bauer,
Vi scrivo dal confine svizzero
[fra Como e Lugano
perché da questo posto non mi sono più allontanata].
Qui ho lasciato l’anima
perché qui fui tradita
[venduta dai «passatori» per poche monete]
Qui mi hanno arrestata.
L’anno 1944. Era primavera.
Liberata a Theresienstadt nel 1945 [era di maggio]
[…]
Da allora fui per tutti «la sopravvissuta».
La «scampata» al fumo. Ai forni.
Fino al 7 del mese di maggio del ’45
[da Fossoli ad Auschwitz verso l’ultimo campo]
sono stata meno di un’ombra.
Sono stata senza Parole. Ero nell’Ombra delle Parole.
Vissi di Parole che non facevano più ombra.
Perché mi rivolgo a Voi?
Perché volete ridare la carne a nuove Parole.
Perché nuove saranno le parole
da ciò che l’Armata Rossa trovò nei vagoni,
nei magazzini, negli hangar,
la mattina del 24 gennaio del 1945.
[840.000 capi di abbigliamento femminile. 44.000 paia di scarpe.
400 arti artificiali. 7 tonnellate di capelli rasati, compresi i miei]
Montagne di occhiali. Denti. Spazzolini. Giocattoli.
Cenci di pigiami a strisce con la stella gialla nel fango.
[…]
Caro Signor Treves, Cara Signora Bauer,
la «sopravvissuta di Theresienstadt» amò le parole che non riuscì a dire.
Ditele voi ora per lei. Pronunciatele voi nella nuova poesia
quelle parole di cenci nel fango
[pigiami con la stella gialla, mutande, bretelle, pizzi, giocattoli].
[…]
Versi nuovi da quegli stracci che ospitarono uomini
[un tempo furono anch’essi uomini vivi]”
Gino Rago
——————————————-
Caro Roberto Piperno,
questo testo poetico è per te, nella sciagura senza eguali del popolo ebraico sono sceso fino all’abisso delle parole.
(Giorgio Linguaglossa leggendo “La sopravvissuta di Th.” se ne è andato in estasi).
Ti abbraccio,
Gino Rago
Per il 27 gennaio 2018