Ri-portare alla luce un femminicidio

Le parole di una storia messicana ed un libro

“Giustizia islamica” (è fatta)

Quando scrivo queste righe, l’alba del 20 Dicembre è passata da un pezzo e l’esecuzione capitale (per impiccagione) di Samira Sabzian, donna iraniana di trent’anni, colpevole di avere ucciso l’uomo che, per quattro anni filati, l’ha brutalizzata è stata eseguita. Samira è stata la 18a donna impiccata in Iran in questo 2023.

Nel 2009 Samira, che era ancora una bambina, era stata costretta a sposare quell’uomo molto più grande di lei e subito erano cominciate le violenze (lo Stato iraniano ammette quel tipo di matrimoni, che sono definiti forzati, ma non tutela le donne vittime della violenza che in quelle situazioni si scatena). Nel 2013 la ragazzina aveva, infine, trovato il coraggio di uccidere il suo aguzzino. Ora quella ragazzina è diventata una donna matura e gli ayatollah iraniani hanno deciso – per la “colpa” di essersi ribellata alla prescritta sottomissione al maschio-padrone – di toglierle la vita il giorno 20 Dicembre 2023, con una settimana di ritardo sulla data precedentemente stabilita. Gli sforzi di diverse ONG per i Diritti Umani non sono riusciti ad evitare la sua morte. Come recita una famosa canzone portata al successo da Shel Shapiro e dai suoi Rokes, nei favolosi anni ‘60, “Bisogna saper perdere”, peccato che qui si combatteva per salvare una vita.

Di questi tempi natalizi, nei quali generalmente si predica la bontà (magari a cura di chi difficilmente la esercita con i suoi simili) dovremmo non dimenticare chi come la gente dell’Iran (donne in testa) lotta per vivere in libertà, contro un regime assassino che vuole solo lo sterminio della diversità; un regime per il quale parole come libertà, differenza, democrazia sono solo bestemmie, scoprendo il lato macabro degli ayatollah e la loro interpretazione assassina della religione di Maometto, piegata a bassi interessi di conservazione, ad ogni costo, del potere. 

A Natale, lo ripeto, dovremmo essere tutti più buoni. Meditiamo gente, meditiamo sulla cattiveria degli altri verso i diversi e quelli ritenuti tali e impariamo a riconoscerla – e duramente contrastarla e combatterla – in qualsiasi forma essa si presenti al nostro cospetto. Ah, dimenticavo, BUONE FESTE E FELICE ANNO NUOVO!

Nazifascisti alla sbarra

È notizia di ieri che Fiore, Castellino, Aronica e gli altri quattro imputati per l’assalto del 9 Ottobre 2021 alla Sede Nazionale della CGIL a Roma, sono stati tutti condannati dai Giudici della Prima Sezione Penale del Tribunale di Roma. In particolare, la Corte ha inflitto 8 anni e 7 mesi di carcere a Giuliano Castellino, leader romano del movimento di estrema destra Forza Nuova. Un mese in meno (8 anni e 6 mesi) per il fondatore di Forza Nuova, Roberto Fiore, così come per il militante di FN ed ex NAR, Luigi Aronica. Otto anni e due mesi per gli altri imputati Luca Castellini, Salvatore Lubrano, Lorenzo Franceschi e Pamela Testa.

 “Una storia messicana di femminicidio”

“Nella città di frontiera messicana di Ciudad Juarez, donne e ragazze muoiono e scompaiono da 30 anni. Trent’anni fa in città furono ritrovati i corpi di due ragazze. È stato l’inizio di una raccapricciante serie di oltre 2.300 omicidi di donne finora.” (Roberto Panebianco, 11 Agosto 2023)

Nota: “le statistiche parlano chiaro, in Messico muoiono assassinate circa dieci donne al giorno e solo il 24% dei casi viene indagato come femminicidio. È una tendenza che si mantiene costante da anni. Il tasso di impunità è altissimo. Ai femminicidi, che possiamo considerare il punto estremo di una catena, bisogna aggiungere anche la violenza verbale e psicologica, le percosse, lo stupro, con i quali convivono quotidianamente le donne.” (Fonte:”Doppiozero”)

I femminicidi, di solito, non sono omicidi segreti. Da subito, infatti, si sa chi è la vittima, e chi è l’assassino e si conoscono il movente e le modalità in cui il fatto criminoso si è consumato. Appena all’inizio della storia, si comprende anche l’opportunità che ha prodotto quell’omicidio. Insomma, il lavoro degli investigatori è semplice e spesso quell’omicidio di una donna è il prodotto del crimine che la prevenzione (di cui in questi casi molto si parla, ma per la quale poco si lavora) ha fatto cilecca. 

A questi assassinii ed a queste modalità del loro essere abbiamo, purtroppo, fatto l’abitudine, da Gennaio scorso ad oggi per tutte le 110 volte in cui, nel nostro Paese, è stato perpetrato un femminicidio, ovvero l’uccisone di una donna in quanto tale. Ci sono, invece, altri Paesi, come ad esempio il Messico, nei quali un femminicidio può, per anni, restare segreto e per scoprire la verità c’è bisogno che qualcuno metta magari insieme molte righe di parole, magari in un libro. 

La storia di cui, tra breve, leggerete racconta uno di questi casi. Quello del femminicidio, alla fine de-secretato, di Liliana Rivera Garza. Secretare un fatto vuol dire, in concreto, sequestrare le parole con le quali lo si potrebbe raccontare e con cui si potrebbe connotare la verità effettuale di quel fatto. Il sequestro delle parole (la chiamano censura, ma è qualcosa di peggio) è spesso pratica concreta dei regimi autoritari che così nascondono la verità, ma purtroppo capita, sempre più spesso, che sia metodo operativo anche di governi che si fondano sulla democrazia e la storia di cui qui scrivo ne è un esempio, purtroppo concreto. Ma vediamola meglio questa storia. 

Il 16 Luglio del 1990. Liliana Rivera Garza muore a Città del Messico, strangolata dal suo fidanzato, Ángel González Ramos, che poi si dà alla macchia e che non verrà mai arrestato. Liliana, quando viene uccisa, ha vent’anni. E quei vent’anni, come la sua vita, si fermeranno per così dire si “congeleranno” per i successivi trent’anni, ovvero fino al 2020, l’anno della Pandemia da Covid 19 e l’anno in cui la sorella Cristina, nota scrittrice messicana, mette insieme in un libro molte righe di parole alle quali affida il compito per così dire di de-secretare il fatto criminoso che l’ha colpita con la violenza di una gragnola di colpi, ovvero il femminicidio della sorella. Il libro – di cui vi propongo la lettura – s’intitola “L’Invincibile Estate di Liliana” e lo ha mandato quest’anno in Libreria la Editrice SUR. Cristina Rivera Garza ha dovuto attendere ben 29 anni prima di riuscire a trovare le parole per descrivere l’assassinio della sorella. “Il femminicidio” – ha dichiarato in un’intervista – “non è stato ufficialmente classificato come reato in Messico prima del 14 giugno 2012.” Sono passati 29 anni per – come si dice in questi casi – elaborare il lutto, trovare le parole giuste e metterle in un ordine logico che raccontasse una storia credibile e soprattutto raggiungesse un risultato: disvelare la verità su quel femminicidio familiare. 

Certo, per raggiungere questi due risultati ci vuole coraggio, e forza. Non è roba da poco. Quando per anni senti affermare che quella morte violenta, forse è un po’ colpa anche di tua sorella: “non doveva vestirsi così, non avrebbe dovuto comportarsi cosà, una donna deve stare al suo posto, i suoi genitori non hanno saputo darle una educazione….” . Quante volte le abbiamo sentite dire queste parole, davanti ad un femminicidio, ma a quel tempo quella parola non l’avevano ancora associata a quei delitti e dunque, per Cristina tutto era nuovo e tremendamente pesante da sopportare, anche perché sapeva che la sorella aveva deciso di interrompere quella relazione, diventata tossica, e di lasciare  Ángel González Ramos, anche se lui non era affatto d’accordo. Era l’estate del 1990. Un’estate – per citare Albert Camus – “invincibile”.

Alla fine, Cristina ce l’ha fatta a mettere ordine nelle parole e a de-secretare il femminicidio della sorella Liliana. Anche se c’è voluto tempo. Anche se ha pensato che “Liliana ha passato, ormai, molti più anni sottoterra di quelli che ha vissuto sulla terra. Sarebbe stato il suo compleanno numero cinquantuno. È il suo cinquantunesimo compleanno. Bilancia ascendente capricorno. Un gallo nell’oroscopo cinese”. Ed ecco che, alla fine, il libro che contiene quelle parole ha visto la luce e Cristina Rivera Garza ha trovato la forza di chiedere giustizia per la sorella. L’estate Invincibile di Liliana non è per l’Autrice solo un libro o solo il recupero di una Memoria, quella di sua sorella Liliana, ma è anche e soprattutto una speranza e una promessa di futuro. Una ricostruzione destinata a riaprire un caso giudiziario al fine di “rintracciare il fascicolo dell’indagine preliminare 40/913/990-07, che contiene il mandato di arresto emesso contro Ángel González Ramo per l’omicidio di Liliana Rivera Garza, mia sorella. La mia sorella minore. La mia unica sorella”, (*)

(*) Cristina Rivera Garza ha scritto il suo libro nel 2021 e dopo la pubblicazione ha creato  un indirizzo email dove mandare eventuali segnalazioni su Ramos. Dopo sei mesi è arrivato un messaggio secondo cui l’assassino di Liliana Rivera Garza sarebbe scappato negli Stati Uniti, e lì avrebbe vissuto con un falso nome fino alla morte, nel 2020. Le indagini per verificare queste informazioni sono tutt’ora in corso.

Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”


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