Una Pensione o la porta dell’Inferno?

Roma, via Principe Amedeo 2 - Il sangue versato tra quelle mura risponde alla domanda. Ne parla un libro di Andrea Cavalieri

«L’ex granatiere Pietro Koch di padre tedesco è probabilmente, tra tutti i leader emersi durante la Repubblica sociale italiana, il più famoso, per non dire il più famigerato.» (Massimiliano Griner – “La “Banda Koch”. Il reparto speciale di polizia 1943-44,” Bollati Boringhieri, 2000)

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Più volte ho scritto della Via crucis laica che si potrebbe percorrere, a Roma, se si mettono in fila tutte le lapidi, le targhe e le pietre d’inciampo che nella città della Repubblica Romana del 1849 di MazziniGaribaldi e Pisacane, ricordano i luoghi dell’occupazione nazifascista e le vittime di quei 271 giorni di terrore in cui – parafrasando il titolo di un film del 1960 di Roberto Rossellini – “era notte a Roma”.

In particolare, due di questi luoghi, la Pensione Jaccarino, in Via Romagna 38 e la Pensione Oltremare, in Via Principe Amedeo 2, ricordano le vittime di uno dei peggiori pendagli da forca che il fascismo repubblichino abbia prodotto (scelta ardua, ma possibile) e che la storia della Roma occupata ricordi. Mi riferisco, in tutta evidenza e precisione, a Pietro Koch (1918-1945).

Giovane di padre tedesco e madre ungherese, Pietro Koch era una persona insignificante che viveva di espedienti e truffe. All’8 Settembre ’43, militare nei Granatieri di Sardegna, fiutato per quelli come lui il momento favorevole, decide di aderire alla RSI e riesce a creare, a Roma, un Reparto Speciale di Polizia Repubblicana, ufficialmente inserito nei Quadri polizieschi della Repubblica mussoliniana, con l’avallo dell’allora Capo della Polizia della RSITullio Tamburini.

Nota: nel Gennaio 1944, Tullio Tamburini venne accusato di arricchimento illecito e in Aprile fu destituito. Gli occupanti nazisti iniziarono a sospettare di lui, credendo che avesse avviato contatti segreti con gli Alleati e il 21 Febbraio 1945 il Generale Karl Wolff  lo fece arrestare a Como e successivamente internare nel Blocco 25 del Campo di Concentramento di Dachau. A fine Aprile 1945 insieme ad altri  prigionieri illustri  Tamburini fu trasferito a Villabassa, in Val Pusteria, dove venne insieme agli altri liberato dagli Alleati il 4 Maggio 1945.

Il Reparto di Koch entrò in attività, a Roma, nel Gennaio del 1944 ed ebbe la sua prima base nella “Pensione Jaccarino”, sita in Via Romagna, 38. Nei sei mesi di attività romana, operò 435 arresti di partigiani ed antifascisti (altri 198 li operò a Milano, dove la Banda si era trasferita dopo la liberazione di Roma, il 4 Giugno del ’44). A Febbraio del ’44, il Reparto di Koch si trasferisce nella “Pensione Oltremare” sita in Via Principe Amedeo, 2 (altra Stazione della nostra Via Crucis laica) dove opererà fino alla fuga da Roma verso il Nord Italia, aggregato alla Colonna tedesca del Colonnello delle SS Eugen Dollmann, nell’imminenza dell’arrivo in città delle truppe alleate.

Nel corso della sua criminale attività il Reparto di Koch provocò la morte di 44 persone (delle 67 arrestate nei mesi romani). Tra queste figurano 29 dei 335 antifascisti e partigiani fucilati alle Cave Ardeatine, detenuti nel covo della Banda, la “Pensione Oltremare” che disponeva di alcune celle negli scantinati dell’Edificio e “ceduti” volentieri ai tedeschi, al momento della rappresaglia nazista, successiva all’attacco partigiano di Via Rasella (23-.24 Marzo 1944).

Nota: il Reparto di Polizia di Koch – che nell’ultimo periodo di attività – a Villa Fossati, la “Villa Triste“ di Milano situata tra Via Paolo Uccello e Via Masaccio, raggiunse i 116 uomini di organico (tra cui figuravano alcune donne e un paio di sacerdoti) – non era l’unico Reparto di Polizia ad operare (e ad essere pagato) agli ordini dei fascisti della RSI. A Roma operavano, infatti, anche il Reparto di Polizia di Giuseppe Bernasconi e la “Banda di Palazzo Braschi”, ovvero il trio Bardi, Pollastrini, Fraquinet. Questo apparato poliziesco costava alla RSI circa due milioni di lire al mese. Nella divisione dei compiti, decisa dai fascisti a Roma, a Koch – che aveva imparato il “mestiere” di torturatore a Firenze, nei ranghi della “Banda” dell’ex seniore della Milizia  e dunque Maggiore, Mario Carità, denominata “Reparto Servizi Speciali” – toccava la ricerca, la cattura e l’interrogatorio dei partigiani e degli antifascisti che riusciva ad intercettare anche grazie a delatori  e traditori dei partigiani, come Guglielmo Blasi, nome di battaglia “Memmo”, ex gappista che catturato mentre tentava un furto, entrò a far parte della Banda di Koch e lo seguì a Villa Fossati a Milano. agli altri la cattura degli ebrei, in concorrenza con i tedeschi agli ordini del Colonnello Herbert Kappler, che aveva il suo Ufficio al numero 155 di Via Tasso: “là, vicino a San Giovanni”, come dicevano i romani.

Il primo “colpo” messo a segno da Koch era stato l’arresto del Generale Mario Caracciolo di Feroleto, ex Comandante della V Armata. Numerose poi le retate contro il Partito d’Azioneventitré gli azionisti presi, ventuno quelli spediti alle Ardeatine su un totale di 29 consegnati ai tedeschi. Altro arresto importante fu quello di Maurizio Giglio e della sua rete. Poi venne l’assassinio del partigiano socialista Eugenio Colorni, a Via Stamira, a Roma, da parte di due appartenenti al Reparto di KochColorni sarà insignito della Medaglia D’Oro al Valor Militare alla Memoria.

Maurizio Giglio (1920-1944) – Medaglia D’Oro al Valor Militare alla Memoria

Nato a Parigi il 20 Dicembre 1920, ucciso alle Fosse Ardeatine, a Roma, il 24 MJarzo 1944, laureato in Giurisprudenza, Tenente di complemento di Fanteria, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.

Ufficiale mobilitato sul fronte greco-albanese e ferito in combattimento, Maurizio Giglio si trovava a Roma al momento dell’Armistizio. Alla testa di un gruppo di suoi soldati dell’81° Reggimento fanteria, si batté contro i tedeschi a Porta San Paolo. Quando la Capitale fu occupata, Giglio si allontanò da Roma, attraversò la linea del fronte presso Benevento e si mise a disposizione del Comando italiano. Questo, d’intesa con i servizi d’informazione della V Armata americana, lo munì d’apparecchiature ricetrasmittenti e lo rimandò a Roma affidandogli rischiosi incarichi informativi, prevedendo anche il suo arruolamento nella polizia della pseudo Repubblica Sociale. Fermato mentre scattava fotografie di impianti militari, riusciva – com’è sottolineato nella motivazione della concessione della Medaglia al valore – “con sangue freddo ed astuzia a confondere i suoi avversari ed ottenere la liberazione“. Poco tempo dopo, però, Giglio fu di nuovo arrestato dai fascisti, in seguito ad indicazione strappata al suo radiotelegrafista, che era stato catturato e torturato. Sottoposto a feroci interrogatori e torture, il giovane Ufficiale non rivelò nulla sull’Organizzazione clandestina che dirigeva e fu quindi trucidato dai tedeschi alle Cave Ardeatine.

Tra gli infiniti mezzi di tortura Koch usava anche un impianto doccia con acqua a temperatura di 70 gradi. Alcuni prigionieri sostennero che era meglio stare a Via Tasso piuttosto che alla “Pensione Oltremare”. Anche il regista Luchino Visconti fu portato alla “Pensione Oltremare”, ma si salvò per intercessione dell’attrice Maria Denis e il 5 Giugno del 1945, a Forte Bravetta, filmò la fucilazione alla schiena di Koch, in esecuzione della Sentenza di condanna a morte emessa, nei suoi confronti, dopo un regolare Processo, successivo al suo arresto avvenuto a Firenze, città dove Koch si era rifugiato per raggiungere la sua amante Tamara Cerri e dove si costituì alle autorità di poliziahttps://www.percorsidellashoah.it/sentenze/view/&id=18 e (https://youtu.be/V978ZdPOk1s).

Nota: Pietro Koch con il suo Reparto verso la fine del 1944 era diventato inviso perfino ai fascisti, dato che aveva svolto controlli di polizia anche nei covi fascisti, ad esempio, presso la Sede milanese della “Legione Autonoma Ettore Muti”, e aveva svolto indagini riservate su alcuni gerarchi fascisti, tra i quali figuravano Borghese e Farinacci. Così, il 17 Dicembre del 1944, proprio i fascisti della Muti procedettero, a Milano, all’arresto di Koch a Villa Fossati. Lui fu rinchiuso a San Vittore, nonostante le proteste tedesche, il suo Reparto venne sciolto e i componenti trovati a Villa Fossati arrestati. Successivamente, grazie ai tedeschi, Koch riuscì a fuggire da San Vittore e riparò a Firenze dove poi si consegnò alla Polizia della città liberata.

Curiosamente, la stressa sorte di Koch toccò anche a Bardi, Pollastrini e Franquinet, i fascisti repubblichini romani, che, il 27 Novembre del 1943,  vennero arrestati dai fascisti nella loro sede di Palazzo Braschi (oggi Museo di Roma) su costrizione dei tedeschi di Herbert Kappler. Anche la “Banda di Palazzo Braschi” aveva passato il segno nella repressione e nelle angherie e ruberie verso la popolazione romana; segno messo dai tedeschi che pure su quei versanti non erano – ne erano stati – teneri con i romani.

IL VIDEO

https://mail.google.com/mail/u/0/?shva=1#inbox/FMfcgzGxTFdwgqTPZsKHmfBhcZQSFVbX?projector=1

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Sulla storia di Pietro Koch e, in particolare, della Pensione Oltremare

Lunedì 13 Maggio alle ore 18,00, presso il Circolo di Giustizia E Libertà di Roma (sito in Via Andrea Doria, 79) avrà luogo la presentazione del libro di Andrea Cavalieri “Pensione Oltremare”.

Nel corso dell’incontro verranno messe in luce le figure di quattro martiri di Giustizia E LibertàPilo Albertelli, Armando Bussi, Aldo Eluisi e Mario Intreccialagli.

INGRESSO LIBERO


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