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7 aprile 1944: quei giovani eroi di Torpignattara caduti sul Monte Tancia

A piazza della Marranella, a fianco dell’ingresso di ciò che un tempo era la sede della Sala del Consiglio municipale, rimane la targa, consumata dal tempo, dei caduti di Torpignattara nella guerra di Liberazione, tra il settembre 1943 e il giugno 1944. Tra questi, ve ne sono quattro che caddero in una delle più sanguinose e gloriose battaglie della Resistenza romana e italiana: la battaglia del Monte Tancia, in Sabina, in prossimità di Poggio Mirteto, svoltasi il 7 aprile 1944.
I quattro giovani di Torpignattara caduti su quella montagna, mentre fronteggiavano con le armi circa un migliaio di soldati tedeschi della Divisione SS H. Goering e una guarnigione di fascisti repubblichini, furono: i fratelli BRUNO e FRANCO BRUNI, GIORDANO SANGALLI e LEOPOLDO ORSINI. I primi tre caddero in combattimento, l’ultimo venne fucilato dopo la cattura da parte dei tedeschi. Il più anziano, Bruno Bruni, non aveva ancora 21 anni, il più giovane, Giordano Sangalli, aveva da poco compiuto i 17 anni.
I loro nomi sono riportati, oltre che a piazza della Marranella, anche in una targa posta dall’ANPI a Poggio Mirteto e in un’altra che si trova sulla sommità di Monte Arcucciola, una delle cime di Monte Tancia, là dove si svolse la battaglia 78 anni fa.
Ma come erano capitati questi giovani di Torpignattara in quei paraggi, sulle aspre montagne della Sabina? Circa un mese prima, con gli arresti avvenuti il 13 marzo (molti degli arrestati finirono assassinati alle Fosse Ardeatine), i GAP dell’VIII Zona, guidati da Nino Franchellucci e Luigi Forcella, furono costretti a lasciare il loro quartiere e a rifugiarsi sulle montagne della provincia di Rieti, entrando così a far parte delle bande D’Ercole, Strale e Stalin e proseguendo su un diverso e più impervio campo di battaglia le loro azioni di guerriglia partigiana. Fu così che il Comando tedesco, dopo aver individuato la base operativa dei partigiani decise di inviare la famigerata Divisione delle SS Hermann Goering, insieme ad un battaglione M e ad elementi della Guardia repubblicana di Salò, per snidarli ed eliminarli.
L’operazione, iniziata all’alba del 7 aprile, venerdì di Pasqua, durò ben 10 ore di durissimi combattimenti, e costò la vita non solo dei 4 ragazzi di Torpignattara (che si sacrificarono per coprire la ritirata, sull’altro versante del monte, del grosso delle truppe partigiane), ma anche di altri 7 partigiani romani e sabini. Le perdite tedesche furono di molto superiori: circa 400 caduti. Ciò determinò la dura rappresaglia consumata contro la popolazione civile del luogo, con circa una cinquantina di civili passati per le armi. Tra i partigiani che presero parte ai combattimenti e che riuscirono a salvarsi dalla cattura, vi fu anche Clemente Scifoni, allora appena diciottenne, ma già super ricercato per le sue audacissime imprese.
Ricordiamo che Clemente è scomparso, a 95 anni, il 14 gennaio 2021.
Dei 4 giovani eroi, immolatisi sul Monte Tancia per coprire la ritirata dei loro compagni, solo Bruno Bruni è stato insignito della Medaglia d’oro al valore militare.
Io, personalmente, ho avuto la fortuna di visitare il luogo dove si svolse la battaglia, e dove fu eretto il cippo con la targa che ricorda l’evento e i caduti in combattimento, nel lontano 25 aprile del 1995, quando accompagnai Clemente Scifoni e Rosario Bentivegna in una visita effettuata a più di 50 anni dalla data della battaglia. Quei giovani eroi di Torpignattara non furono i soli martiri che il quartiere offrì alla lotta per la libertà e per la democrazia; molti altri furono uccisi alle Fosse Ardeatine, altri ancora a Forte Bravetta. È giusto ricordare i loro nomi, tutti i loro nomi, ed è ancora più urgente che il loro sacrificio, e il contributo dato da tutto il quartiere alla lotta di Liberazione, sia riconosciuto con l’assegnazione della Medaglia d’oro al merito civile al quartiere di Torpignattara, così come avvenuto per il Quadraro (2004) e per Centocelle (2017).
Fonti:
R. Bentivegna, Achtung Banditen, Milano 2004;
G. Mogavero, I muri ricordano, Roma 2002.

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