

Resta il dubbio di essere controllato per aver fatto del bene a chi opera in favore della comunità
Mai prima, come da quando è entrata in vigore la legge sulla privacy – legge 31 dicembre 1996, n. 675 – i mezzi d’informazione stanno puntando il dito sulla violazione di tale legge.
È sorprendente come, in precedenza, fosse raro che si parlasse di violazione con mezzi di ascolto illeciti – le cimici – le intercettazioni telefoniche o con telecamere nascoste all’insaputa del sorvegliato, come avviene da qualche tempo a questa parte.
Desta stupore, ma da quando è stato nominato addirittura un Garante della privacy, il numero delle segnalazioni e denunce di violazione sono cresciute a dismisura.
Se dovesse rispondere a verità, per parte mia la cosa non mi tocca: non ho beni in Italia e all’estero che non siano stati debitamente denunciati alle competenti autorità di controllo, né altre magagne nascoste che possano mettermi in allarme per presunte intrusioni nella mia privacy, sia da controllori statali legalmente nell’ombra, sia da spioni non autorizzati, per ricatti o spinti da azioni illecite che al momento non saprei meglio immaginare, al di là delle truffe telematiche, contro le quali il cittadino deve essere costantemente allertato ed educato.
Con orgoglio, o rammarico, appartengo alla categoria dei pensionati che, insieme ai lavoratori dipendenti di qualsivoglia categoria, tassati alla fonte, è da sempre servita allo Stato per sanare, in buona parte, l’evasione fiscale, malattia cronica, esistente nel Paese.
Tuttavia, se la denuncia di controlli non autorizzati da parte di strutture al servizio del governo, dovesse rispondere a verità, il fatto rivestirebbe una gravità da far dubitare della orgogliosamente conclamata libertà democratica, da noi messa in vetrina e in bella vista.
Mi auguro che ciò non sia vero, anche se non riesco a giustificare alcuni accadimenti, sicuramente rispondenti a una logica che non comprendo. Mi spiego meglio: negli ultimi due o tre anni, l’istituto bancario del quale mi servo per quanto attiene ai bisogni che incombono su qualsiasi cittadino, mi ha chiesto conferma, in due diverse occasioni, su richiesta di un controllo di legge, se un paio di bonifici di piccola entità, 50 € ciascuno, in favore di due ben noti enti benefici che non credo operanti senza autorizzazione, fossero stati effettuati realmente da me medesimo.
La banca mi ha spiegato che forse l’attenzione e la conferma richiesta fossero indirizzate a verificare che nessuna entità malavitosa ai miei danni potesse celarsi dietro l’effettuazione dei bonifici, quando la donazione spontanea l’ho fatta liberamente, senza alcuna costrizione e i bonifici erano indirizzati alle stesse due associazioni in entrambi i casi.
Ora, io sono un ingenuo e impreparato a conoscere i meccanismi che muovono gl’ingranaggi dello Stato. Utilizzo il bonifico, collegandomi da casa, ogni volta che devo saldare un conto e nessuno mi ha mai domandato a chi e perché abbia eseguito l’inoltro di denaro. A questo punto, ragionevolmente mi viene da pensare che sia sotto controllo una delle due istituzioni benefiche che ho deciso di aiutare col mio sostegno. Non credo che sia io il destinatario, anche se resto col dubbio di essere controllato per aver fatto del bene a chi opera in favore della comunità.
Nello stesso tempo, è evidente che ingenti capitali si muovono alla zitta verso paradisi fiscali, senza che qualcuno riesca a controllare chi dovrebbe essere davvero perseguito dalla legge per un’azione compiuta a danno dello Stato e di coloro che sono costretti a pagare le tasse, col prelievo alla fonte.
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