

Qual è la più grande fonte di gioia? dove troviamo quell’allegria contagiosa che è proprio dei bimbi e dei santi? Quando ridono loro, sembra che ridano persino i loro organi interni; è tutto sé stessi in quella risata, ed è contagiosa da non resistere, e ridi anche tu con l’intero universo.
È l’innocenza del cuore e della mente che permette lo scorrere della gioia in ogni parte di noi. Le gioie, anche quelle più forti e più ricercate, per chi ha mente e cuore sporcati sono sempre frammiste a momenti di noia e fastidio, e non valgono un grammo di quella serena allegria che a tonnellate sperimenti una volta che finalmente hai terminato la tua purificazione.
Puro è ciò che non conosce miscuglio e a purificare a volte ci vuole una vita. Il cuore è il luogo in cui riponiamo – è un’immagine nostra mentale – tutti gli affetti e le decisioni d’amore. Quando il cuore non contiene altro che Dio, esso non conosce più antipatie, gelosie, appetiti insaziabili o passioni indomabili, né conosce il vuoto, il gelo nelle emozioni o quella buia disperazione che attanaglia chi ha rinunciato a cercare. Il cuore puro ama ogni cosa, e ciascuna secondo ragione.
Quando il cuore non vuole più alcun odio e se ne tiene lontano, dona umore uniforme alla persona, che mai s’innalza oltremisura in superbia, né mai sprofonda, se non pochi centimetri, nella tristezza. Davanti agli occhi della mente ha ben fisso il suo Dio e la mente è scattante e limpida in ogni pensiero, e quel bene che accoglie da Dio è sempre a disposizione di chi ne avesse bisogno. È questo che rende così penetrante lo sguardo dei santi.
Questo avviene solo in un cuore redento, che ha ricevuto il sangue di Cristo e vi ha aggiunto le poche gocce della propria umiltà: qualche lacrima calda deve pur scendere sulle nostre guance, per amore del dolorante Gesù sulla croce, se abbiamo compreso di non esser degni di un amore divino!
È la redenzione, ovvero l’ingresso di Cristo vivente dentro il cuore e la mente, a trasformare l’anima in terso specchio sottile che lascia intravedere l’interno occupato da Dio. Un cuore che non sia passato attraverso il sacrificio di Cristo rimane sempre un po’ infermo, tremolante nel cammino e incerto sul suo percorso.
Il peccato è piacere estorto da qualcosa di santo. Ogni oggetto e ogni creatura, il corpo e l’anima che insieme noi siamo, tutto nel mondo santifica chi vi si rapporta secondo il criterio di Dio. Tutto è santo e santificante nel mondo. E noi lo guastiamo per trarne un piacere che esso non ha per natura, ma solo nell’immaginazione di un cuore malato. È il regno del male che in questo modo instauriamo, e neanche ne siamo noi i re. Il satana non è proprietario del mondo, ma siamo noi ad averglielo dato.
L’espiazione del male passa attraverso il dolore raccolto da qualche pena umiliante, che brucia la nostra superbia e scava nel cuore per piantarvi una radicale e gioiosa umiltà. La sofferenza che ridimensiona la nostra attenzione alle esigenze del corpo è quella che dona pace ai sensi interni ed esterni; la sofferenza che scaturisce da un atto coraggioso d’amore è quella che invece purifica la fantasia da sogni di gloria mondana e instaura l’amore alla semplicità; infine, la sofferenza che nasce dall’infedeltà, la malizia e quella spossatezza mortale che ci fa incapaci a salvarci da soli è quella che rende stabile il legame con Dio e dà finalmente un percorso veloce di santità.
È necessario il dolore, perché il tradimento arrivò per mancanza d’amore e sfiducia, ora l’anima va rieducata ad amare e a fidarsi anche nel buio.
Quanto ho sofferto in passato! e subito dopo ecco improvvisa una pace serena ed energica! E ogni pensiero di male che prima ossessionava la mente e lasciava in subbuglio il mio cuore ora è del tutto svanito, non lasciando una traccia, ma solo un lontano ricordo di una vita diversa. Chi si sforza d’amare, prevedendo e accettando tutto ciò che sarà necessario per testimoniare il suo amore, e perdona chiunque lo umilia non tenendone conto, ha tutto lavato, asciugato e scaldato nella mente e nel cuore. Dio tutto cancella di male in chi tutto accoglie e perdona, a tal punto che l’anima arriva a stupirsi di esser mai stata diversa. Amore, perdono e sofferenza sono la triade che genera gioia.
Sia benedetto ogni insulto! Sia benedetto ogni grammo di peso nel cuore, ogni tremito di agitazione, ogni lacrima di rabbia o dolore versata per Dio o per quelle persone alle quali Dio ha legato il Suo nome.
«Il Dio di Abramo, di Isacco e Giacobbe» è il Dio di chi come Abramo se la ride, perché non si fida dei doni di Dio, ma li attende comunque, e di chi come Isacco rimane sempre un po’ ai margini, deriso e ignorato; è il Dio di chi genera una discendenza abbondante di figli e di figlie come Giacobbe, un popolo nuovo per servirlo come prima nessuno avrebbe saputo. Ad Abramo, Isacco e Giacobbe è legato il nome di Dio.
Amare Dio è avere come amici coloro che sono poveri nell’armadio e nel cuore; tenere compagnia ai malati di mente, ai depressi e incapaci; e lottare per i profeti di Dio, disprezzati e messi alla porta, venerati come statue e traditi come persone: ecco l’impiego che voglio, ecco il mansionario a cui aspiro, e comincio già a crearmi un curriculum per essere assunto.
Poveri, incapaci e profeti sono coloro che nessuno prende sul serio. Chi va dietro a sogni di gloria, che ne sa della solidarietà in cui vivono i poveri! Chi cerca rivalsa per la propria ignoranza e gode del suo momentaneo potere, che ne sa della serenità in cui gli umili e i disprezzati vivono! Che ne sa della gioia di Dio, chi rifiuta i profeti, coloro che conducono a Dio, per una vita facile e qualche applauso nel mondo!
Dio, prima che sia troppo tardi, umiliali e salvali tutti, perché possa esserne amico e gioire con loro nel tuo paradiso!
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