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Arlecchini, Pulcinella e chitarre. Le Maschere di Pippo Oriani

Fino al 9 ottobre al Museo Boncompagni Ludovisi

Continua la sua programmazione di eventi il Museo Boncompagni Ludovisi, riavviata da poco con una mostra "a tema" dedicata al pittore futurista Pippo Oriani (Torino 1909-Roma 1972) e alle sue opere che riguardano le maschere della Commedia dell’Arte (Arlecchini e Pulcinella soprattutto) e gli strumenti musicali, che è visitabile fino al 9 ottobre.

Si fa riferimento inoltre alle produzioni dell’artista realizzate sia all’inizio della sua attività verso la fine degli anni Venti, con alcune del 1929-30, sia nell’ultima fase di attività degli anni Cinquanta e Sessanta. In questo periodo Oriani ritorna alle tematiche affrontate nel periodo futurista attraverso una revisione meditata nella quale coesistono molti degli elementi surrealisti che già avevano "sconvolto" la sua fede nella poetica futurista quando, a metà degli anni Trenta la sua pittura manifestava un inquieto espressionismo con riferimenti all’inconscio e all’onirico. Pippo Oriani, infatti, si inserì nel movimento futurista nel 1928, non ancora ventenne e rifiutò con decisione le aspirazioni tradizionali della pittura, fu con Fillia, uno dei più dinamici componenti del "Gruppo del Secondo Futurismo Torinese". Grazie a Marinetti riuscì ad incontrare tutti i maggiori artisti della Ville Lumierè, come: Léger, Zadkine, Kandinsky, Lurçat, Le Corbousier, Delaunay, Survage. All’inizio, quando anche le sue opere cominciarono ad essere conosciute ed apprezzate, egli ebbe il consenso di Picasso. Oriani aveva cominciato in tono minore, come lui diceva "gingillandosi" usando matite, acquarelli e tempere. Ma Picasso lo richiamò all’ordine, raccomandandogli di "usare colori più resistenti", prevedendo che dopo trenta anni le sue opere sarebbero diventate più popolari, una profezia che si è avverata. Oriani si interessò alle nuove correnti architettoniche e all’arredamento moderno e si avvicinò anche al cinema d’avanguardia, il suo vitesse (velocità) sta a testimoniare la partecipazione italiana a questo settore particolare del cinema, è uno dei pochi film futuristi superstiti.

Oriani fu anche un giornalista e critico. Fu Redattore-capo di "La Città Nuova", diretta da Fillia e pubblicò su quotidiani italiani e periodici parigini e su "La Città Futurista" e su "Stile Futurista". Le sue opere selezionate per l’evento trattano due temi in sostanza, quello delle "maschere", con l’innumerevoli serie di arlecchini, pulcinella e quello della"natura morta", prediligendo le opere in cui è presente la chitarra, un elemento fortemente simbolico oltre che legato allo spettacolo. L’"Arlecchino Notturno n°2" fu il primo ad essere presentato nel 1928 alla mostra del Decennale dell’Unità d’Italia al Parco del Valentino di Torino. Si può dire che Oriani si muovesse nell’ambito di quelle ricerche di cubismo sintetico che lo accomunano nelle prime sperimentazioni a Gino Severini. Nelle opere di Braque, Picasso e Léger, Oriani scruta gli elementi da copiare, le situazioni compositive, i temi e le iconografie da riproporre.

Anche il tema delle "maschere" stimola fortemente la fantasia creatrice di Oriani. Egli ripete all’infinito, si può affermare, i diversi tipi di arlecchini, di pulcinella, di clown e qualche volta si dedica ai più parigini pierrot, che suonano, danzano, recitano e studiano la parte. L’universo delle maschere di Oriani è un luogo dove la coscienza si perde e le losanghe o i riquadri colorati dei vestiti degli arlecchini costituiscono un pretesto per moltiplicare quel gioco dei piani in apparenza scivolosi o sospesi, sui quali essi insistono a cadenze aritmetiche e dove si stagliano, come nuvole e come gonfie vele, le bianche vesti dei pulcinella, pausa distensiva nel vortice delle stesure decorate e colorate. Gli arlecchini e i pulcinella di Oriani sono anche spaesati e attoniti, infatti, osservando bene le loro fisionomie, nonostante la maschera, trattengono spesso un’espressione tragica o un ghigno crudele.

La difficoltà di reinserirsi nel mondo artistico contemporaneo fa intravedere ad Oriani due vie da percorrere: quella delle "presenze umane", in cui la materia pittorica stessa soffre la condizione esistenziale in maniera pesante e quella delle "maschere" con la quale attraverso le molteplici geometrie recupera e riattualizza la vastità delle gamme cromatiche, le finzioni "sceniche" e la visione positiva, dinamica e sorprendente della identità futurista dell’artista, mai tralasciata. Per l’occasione viene anche proiettato il film Vitesse messo a disposizione dalla Fondazione Oriani di Metz (Francia), presieduta dal figlio dell’artista, Gabriel Henri Oriani, che insieme a Mariastella Margozzi, ha curato la mostra. Il catalogo della mostra, che contiene tutte le fotografie a colori delle opere e un saggio introduttivo di Mario Verdone, è edito dalla Fondazione Oriani di Metz.


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