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Boldini alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna

La mostra terminerà il 25 settembre

Il ritratto della contessa Papudoff e l’autoritratto di Boldini a Montorsoli

Terminerà il 25 settembre la mostra dedicata a Boldini, già ospitata quest’anno al Palazzo Zabarella di Padova dal 15 gennaio al 12 giugno, che si svolge alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna.

Per l’esposizione pittorica di Boldini sono state selezionate oltre 100 opere provenienti dai maggiori musei e collezioni private europei e americani.

La rassegna è imponente e, a quarant’anni da quella del 1963 al Musée Jacquemart-Andrè di Parigi, dà al grande pubblico una nuova immagine e più approfondita di uno dei maggiori esponenti della pittura a carattere internazionale tra l’Ottocento e il Novecento. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna, ripresentando la mostra "Boldini" che ha ottenuto un grande successo a Padova, vuole ampliare la notorietà di un’operazione storico-critica ritenuta particolarmente encomiabile sotto il profilo estetico e culturale.

Boldini, all’inizio della sua carriera, visse a Firenze dove frequentò l’Accademia ed entrò in contatto con il gruppo del Caffè Michelangelo e, strinse amicizia con Signorini, Fattori e Banti. Si formò a contatto con i macchiaioli di questo gruppo e diede subito prova di una forte capacità di caratterizzazione realistica in piccoli dipinti "a macchia", che restano le sue opere più convincenti ed efficaci: "Giovanni Fattori nel suo studio", 1865, "Ritratto di Vincenzo Cabianca". Si ricordano anche opere del soggiorno fiorentino, di impianto ancora tradizionale come i due ritratti di Giulia Orsoni e Gaetano Gioia, si tratta di una produzione circoscritta, unitaria e geniale.

Gli anni della permanenza in Toscana furono la prima metamorfosi del "sifo" Boldini che già facevano prevedere l’evoluzione boldiniana, ossia la straordinaria capacità di percezione della propria epoca. Essa era un dono, una virtù congenita che Boldini seppe adeguare alle proprie necessità di vita ed alle proprie scelte estetiche.

Quindi Boldini, partendo dalla formazione dei macchiaioli fiorentini, seppe elaborare una nuova tipologia di ritratto che nasce dalla immediata sintonia che il genio irrequieto dell’artista instaura immediatamente con l’ambiente in cui si trova ad operare. Boldini sentì forte il connubio tra arte e natura, quindi una totale aderenza alla realtà psicologica e sociale dei personaggi, rispondendo a ciò che era sentito come essenziale anche dai compagni macchiaioli. Boldini, dai miniaturisti poi, fece derivare la concentrazione degli spazi unita all’osservazione minuziosa del dettaglio, di un naturalismo ricercato.

Spinto dai suoi amici ad approfondire le sue conoscenze sull’arte europea, fece un primo viaggio a Parigi nel 1867, dove apprezzò gli artisti che gli avevano indicato la vera via, qui infatti ammirò le opere di Manet e Courbet. Durante il soggiorno parigino elaborò un capolavoro apprezzato dal mondo artistico "Il generale spagnolo". Il dipinto venne eseguito nel 1867 mentre si trovava con la Falconer sulla Costa Azzurra: quest’opera ricorda i convitati del Banchetto degli ufficiali di San Giorgio a Haarlem per la dorata luminosità e per le striature rossastre che attraversano il volto severo del vecchio militare e muovono la bionda capigliatura con dei riflessi caldi; il generale è presentato in una posa frontale che apparentemente tradizionale non è affatto descrittiva. Boldini ci pone l’uomo come esso è tanto che il suo cipiglio, la severità del suo volto, pian piano assume un aspetto familiare per non dire cordiale. Famoso anche il doppio ritratto delle contessine Papudoff, nel quale Boldini esterna degli effetti tattili nelle taffetas di seta rosa delle vestine, nelle trasparenze del tulle delle maniche, nello scintillio dei legni dorati delle cornici, nella ricchezza delle tappezzerie; in questo dipinto si notano l’eleganza nella pennellata, nel saper descrivere il dettaglio d’ambiente, caratteristiche che documentano il suo insinuarsi nell’indirizzo naturalista allora di moda.

Poi nel 1869 si trasferì a Londra, dove si esercitò in piccoli ritratti di gusto e stile tipicamente inglese. "L’armatore d’arte", una piccola scena in costume settecentesco; al "Giovane paggio che gioca con un levriero" si accompagnano numerosi studi di paggi, spesso abbozzati nei loro costumi. La produzione inglese di Boldini fu dedicata esclusivamente al ritratto con le caratteristiche uguali a quelle dei quadri toscani: dimensioni ridotte, compressione degli spazi, ricchezza e vivacità di dettagli, di ambiente e di costume. Possiamo definire la produzione inglese di Boldini come una sorta di codicillo dell’attività italiana.

Tornato in Toscana, lavorò all’elaborazione parietale della villa Falconer a Pistoia, con una serie di scene campestri.

Si recò di nuovo a Parigi nel 1872, chiamata da quel momento la sua seconda patria dove è indotto ad una radicale mutazione di stile. Dei molteplici indirizzi artistici parigini, il ferrarese sceglie quello cosiddetto "à la mode" come quello più adatto alle proprie inclinazioni.

La sua pittura tecnicamente minuta, dai colori smaltati si applica ai momenti di vita contemporanea e con essa Boldini rinnova e "reinventa" il clichè del quadro Goupill. Tra le opere di questi anni si ricorda "Place Clichy", 1874.

Le sue tele a volte rivelano gli influssi della pittura di Degas, in particolare per quanto riguarda l’uso di tonalità molto chiare, quasi abbaglianti, nei ricercati accordi cromatici. Nel corso degli anni Settanta l’artista viene applicando il caratteristico stile nervoso, penetrante dei suoi soggetti settecenteschi alle scene di vita contemporanea, dando vita ad un genere pittorico nuovo, caratterizzato da ampie aperture paesaggistiche, ricordiamo "La Senna a Bougival", dove gli elementi naturali quali il fiume e il paesaggio circostante sembrano man mano dissolversi verso l’estremità della tela. Nei quadri di questo periodo è manifesto l’influsso sia di Degas che di Corot.

Durante un soggiorno in Olanda del 1876, si avvicinò alla ricerca di Frans Hals, che lo spinsero ad abbandonare ogni forma di descrittivismo. Dagli anni Ottanta così comincia ad essere definitivo l’allontanamento dai macchiaioli, quando la sua attività da ritrattista lo coinvolse in modo più totalizzante, tanto da rendere il suo stile più rapido e spigliato e la tecnica più naturale e libera. Famoso è il ritratto della contessa de Rasty, raffigurata in un angolo del suo giardino, tra piante in fiore mentre assaggia le prime fragole, le primizie che la governante le porge tutta compunta nell’abito a righe con bottoni dorati e cuffietta con crestina. Una calda tonalità di rosso domina il ritratto della contessa in piedi, opera di grande fascino ed eleganza che la bella modella emana attraverso la lieve torsione del volto sorridente e l’intracciarsi delle mani.

Il percorso ritrattistico di Boldini passa poi al ritratto a mezzobusto di Henri Rochefort, in cui si ha la percezione della finezza nervosa, della originale fisionomia del politico e giornalista repubblicano: l’attenzione del pittore si concentra sull’alta fronte e sul cipiglio quasi a sottolineare lo sguardo severo e vivo. Successivamente si applica a realizzare sei grandissimi ritratti al pastello. E’ il momento del "Pastello bianco" che nel 1889 presentò all’esposizione universale e che segnò il trionfo del ferrarese cimentato nel nuovo corso della sua arte. Tra gli altri figuravano oltre al Pastello bianco, il Ritratto di Giuseppe Verdi e il Ritratto di signora in abito bianco.

Gli aspetti più innovativi boldiniani si riscontravano proprio nei grandi ritratti a pastello a grandezza naturale, "intonati sempre con grande distinzione in una tonalità di grigio luminoso", così precisi da restituire la fisionomia e il carattere di una persona viva. Alla flessuosa silhouette di Madame Max si rifanno il ritratto di Madame Pagès, il quadro di Marthe Règnier e quello della contessa Zichy, opere esemplari per l’ostentazione della cosiddetta linea "serpentina". Boldini dipingeva le donne con i nervi a pezzi, affaticate da questo secolo tormentato. Quindi il teatro, i cavalli, le vedute di Venezia, i passanti, le folle riprese per le vie delle grandi città, la vita mondana, furono i soggetti prediletti dall’artista (Notturno a Montmartre, 1883, Pistoia, collezione Boldini), ma soprattutto i ritratti straordinari delle aristocratiche signore del bel mondo europeo ed americano.


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