

Carlo Calenda, candidato a sindaco di Roma, è un esplosivo pronto a detonare a favore di “lorsignori”. Qualche giorno fa, pur di raccattare qualche voto in libera uscita dalla destra romana, vista l’imbarazzante e inconsistente candidatura ufficiale di Michetti, Calenda ha lanciato il suo ennesimo petardo ipotizzando il berlusconiano Bertolaso suo vicesindaco. “Bertolaso, – ha detto – che non è interessato a cariche pubbliche, sarebbe un ottimo commissario alla gestione dei rifiuti o all’organizzazione del Giubileo”.
Purtroppo per lui, il “disinteressato” non ha gradito e ha risposto che non ha intenzione di fare da secondo a nessuno. Figuriamoci! Uno come lui, Bertolaso, noto risolutore dei più svariati problemi, dai terremoti al G7 ai rifiuti ai grandi eventi alla pandemia lombarda ecc., i cui provvedimenti Berlusconi firmava a occhi chiusi, se si mette a fare il vice di Calenda.
La cosa pare che abbia fatto infuriare una parte dei sostenitori di Calenda che credono in lui, nelle sue capacità manageriali, nel suo progressismo farlocco, nella sua parlantina da tuttologo un po’ saccente, molto arrogante e pieno di sé. Che è un po’ la cifra di certi leader politici attuali, da Renzi a Salvini, da Berlusconi, dei tempi ruggenti, a Meloni per non parlare delle seconde file di tutti costoro.
Il fatto è che la candidatura di Calenda, che piace a una certa destra capitolina, ha anche una valenza nazionale. Non che le altre non ce l’abbiano, ma la sua è particolare. È lanciata a bomba contro l’intesa fra Pd e M5s e Leu che ha costituito il fulcro del governo Conte 2 così indigesto a “lorsignori”. Oltre ogni logica, perché a Roma questa intesa non c’è, ma per Calenda è come se ci fosse. Non a caso egli riceve il sostegno di Renzi che volle, da segretario del Pd, l’affossamento di Marino davanti al notaio spianando la strada della capitale alla Raggi e al M5s.
L’obiettivo di Calenda è colpire Gualtieri per affossare Letta e la sua linea di alleanza nazionale con il M5s di Conte. Il suo accesso al ballottaggio e poi la sua elezione avrebbe questo significato.
A cogliere in questi ultimi tempi la sostanza politica di Calenda è stata la satira di Maurizio Crozza. Prendendo spunto da certe affermazioni passate, nel 2019, e dalle performances elettorali nelle periferie romane del candidato sindaco – “Per 30 anni ho ripetuto le banalità del liberismo ideologico… Io non ho capito niente per tempo. Non ho capito quello a cui andavamo incontro” – lo ha ridicolizzato più volte incastonandolo fra i minus habens. Anche perché il nostro, nonostante le sue altisonanti ammissioni autocritiche, continua a stare dalle parti neoliberiste.
Avere un sindaco così, sarebbe l’ennesima sciagura per la capitale d’Italia. Forse non come quella di Michetti, ma ci si avvicinerebbe parecchio. Sicuramente sarebbe un trionfo, sul piano nazionale, per “lorsignori”.
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