Disinformacija. Lavoratori e sindacati non fanno notizia. Solo scandalo

La consultazione della Cgil per il nuovo statuto dei diritti dei lavoratori ignorata dai mass media

Ci siamo già occupati dell’informazione malata del nostro paese. L’informazione stampata, i giornali per intenderci, in Italia nasce fin dall’inizio come strumento di editori padroni che avevano altri interessi economici: armatori, industriali meccanici, cementieri, produttori di acciaio ecc. I giornali che editavano e finanziavano servivano a proteggere quegli interessi. Erano strumenti di pressione sul governo e sulla politica per ottenere commesse, incentivi, protezionismo economico, più che libere voci di informazione e formazione dell’opinione pubblica. Il “quarto potere” nell’Italietta dominata dal trasformismo non ebbe mai corso, fu essenzialmente appendice del potere economico. A svolgere una funzione di controinformazione furono giornali e giornaletti del nascente movimento operaio e socialista. La stampa di lor signori fu sempre usata a protezione e a difesa degli interessi della grande borghesia capitalista e agraria, antisocialista e antioperaia, nelle sue varie sfumature, dal moderatismo al conservatorismo al reazionarismo. Applaudì al fascismo nascente, rimanendone poi prigioniera, dipendente dalle famigerate veline del Minculpop (Ministero della cultura popolare) che dettavano quotidianamente la fattura dei giornali durante il regime mussoliniano. Il duce, infatti, essendo stato giornalista di grido, ebbe sempre cura dei giornali, conoscendone per diretta esperienza il potere di orientamento dello spirito pubblico. E li seguì sempre da vicino dettando titoli, sottotitoli e commenti.

Oggi l’informazione è fatta non solo dai giornali ma dalla Tv e dalla Rete internet. I primi due canali sono in gran parte occupati da editori non puri che continuano ad avere copiosi interessi in altri campi: finanziari e industriali. Per cui non è cambiato granché dalle origini. I nomi delle grandi “testate” continuano a dominare il panorama dal quale è pressoché scomparsa la stampa dell’opposizione politica; e, per la verità, anche l’opposizione stessa. L’unico canale veramente di libero accesso all’informazione è internet e i social network che lo popolano. Ci trovi di tutto, anche parecchi dementi.

27836-sindacatiPerciò non sorprende se in questo panorama preoccupante per la materialità della nostra democrazia, i fatti inerenti al mondo del lavoro non abbiano l’onore dell’ attenzione di questa informazione eterodiretta. Se non per dare come cosa fatta gli annunci e i numeri taroccati del capo del governo sull’economia e sull’occupazione, o per mettere “il mostro” sindacale in prima pagina appena scoppia qualche caso o agitazione che crea disagio o sconcerto. Cosa c’è di più ghiotto, infatti, per l’informazione drogata di un’assemblea di dipendenti del Colosseo a Roma, regolarmente comunicata, ma che crea file di turisti in attesa, o dell’agitazione scomposta, ai limiti del sabotaggio, di un gruppo di lavoratori aderenti a sindacati autonomi della metropolitana romana? O dell’improvvida lamentela di una rappresentanza sindacale (Uil-Ugl-Usb) contro un direttore, il caso della Reggia di Caserta, che lavora troppo? O dell’immagine, particolarmente deturpante, offensiva, indifendibile dei “furbetti del cartellino” a Sanremo e Avellino, col vigile urbano che timbra in mutande? Il “Sindacato” è diventato l’accusato di ogni male, senza più distinzione fra i sindacati autonomi e corporativi e gli altri, e anche fra le varie Confederazioni. Con un capo del governo che della lotta al sindacato e ai lavoratori ha fatto la sua missione di vita, avendo eletto a eroi gli imprenditori, anche quelli che scappano all’estero per non pagare le tasse in Italia. L’informazione italiana in questi anni è stata largamente dominata dagli interessi padronali, dall’esaltazione acritica del mercato, di ogni deregulation, del privato assimilato tout court all’efficienza, insomma, in una parola, dal “pensiero unico” neoliberista. I sindacati, soprattutto la Cgil che ha cercato di mantenere, non sempre riuscendoci per la verità, un profilo che guarda all’interesse generale dei lavoratori e del Paese, sono stati additati come responsabili di quasi tutti i mali del paese. L’ostacolo di ogni modernizzazione, le catene da cui liberarsi per far volare l’economia, messa in ginocchio dalla finanza creativa del turbocapitalismo, verso gli zero virgola, per altro anche sbagliati, che tanto esaltano il capo del governo Renzi.

Intendiamoci. I Sindacati, quelli confederali, non sono per niente esenti da critiche. Hanno mancato la presa sulle trasformazioni produttive, sono rimasti legati per troppo tempo al fordismo che li fece forti. Non hanno saputo padroneggiare la rivoluzione tecnologica e la scomposizione e frantumazione del lavoro che ne è conseguita. Cgil-Cisl e Uil faticano non poco a mantenere un profilo di confederalità quando la classe lavoratrice non è più nelle grandi fabbriche ed è dispersa sul territorio nelle piccole aziende, davanti ai computer come nei sottoscala del lavoro nero, consegnata a un precariato endemico il cui simbolo sta diventando il “voucher” a ore acquistato dal tabaccaio. Ma proprio per questo, ogni tentativo di adeguare la propria cultura e la propria azione rappresentativa al mondo del lavoro di oggi e non a quello di ieri, sognato e ideologizzato, dovrebbe fare notizia.

E invece no.

In questi giorni, per esempio, la Cgil sta consultando i propri iscritti per una legge d’iniziativa popolare sulla “Carta dei diritti universali del lavoro – delle lavoratrici e dei lavoratori”. In questo giornale ne abbiamo già dato notizia informando sulle novità culturali prima ancora che giuridiche della proposta di legge: 97 articoli che assicurano diritti universali a tutti i lavoratori “del braccio e della mente”.

Spi-Cgil-La consultazione sta coinvolgendo milioni di persone iscritte alla Cgil. Ma sui giornali, nei salotti, nelle arene e nelle “gabbie” della TV, non trovi niente di tutto questo. Allora, ingenuamente, pensi di trovare la cronaca di questa consultazione e le migliaia di voci operai e di lavoratori, uomini e donne, che l’accompagnano, sulla vecchia e gloriosa testata de “l’Unità”; invece ci trovi solo l’applausometro per il governo, gli incredibili soffietti per Renzi, le rancorose polemiche contro i suoi avversari interni ed esterni al PD.

E’ la disinformacija bellezza!

 


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