

Il Presidente Draghi alcuni giorni fa ha spiegato il perché ha sospeso il cashback, la misura varata dal precedente governo Conte per favorire i pagamenti elettronici anche presso le piccole rivendite commerciali e aiutare in tal modo sia i commercianti che la lotta all’evasione fiscale. Ha detto, il Presidente, che non c’era una evidenza così eclatante sulla sua efficacia nella lotta all’evasione, anzi non era “presumibile”.
Ora, che il provvedimento contiano dopo un periodo di rodaggio e di verifica sul campo avesse bisogno di essere migliorato, anche sotto il profilo sociale chiudendo la porta, per esempio, ai furbetti delle ripetute mini transazioni e mettendo un limite di reddito per gli incentivi, era del tutto necessario e, direi, scontato. Si sarebbe così ridotto anche il costo del cashback. Quanto alla sua efficacia nella lotta all’evasione pare del tutto prematuro fare dei bilanci “presumibili”, per questi occorrerebbe aspettare almeno un anno e mezzo di prova. Fermo restando che l’incentivo a pagare con le carte di credito o con i bancomat non sarebbe dovuto rimanere in eterno ma solo il tempo necessario ad abituare gli italiani a usare il pagamento elettronico nelle transazioni commerciali anche minute perché è lì che si annida una parte dell’evasione fiscale; questa era la ratio del provvedimento. Ed è sicuro, d’altra parte, che l’incentivo di 150 euro ha aumentato di parecchio il numero dei pagamenti elettronici in questi mesi pre e post natalizi. Le mini transazioni al disotto dei 5 euro sono state pari al 16% circa (119.832.324) del totale. Con gli aggiustamenti che si sarebbero dovuti apportare e con il recupero di evasione fiscale, alla fine il cashback si sarebbe ripagato da solo. In altre parole poteva essere annoverato nella categoria, tanto cara a Draghi, del debito buono, ovvero un investimento che avrebbe potuto produrre un risultato positivo non solo in termini economici ma etici.
Draghi ha poi addotto un altro motivo per la sospensione del cashback: ha favorito i ricchi. Solo che il provvedimento non era stato pensato per redistribuire la ricchezza. Ma a parte ciò, c’è da dire che simile preoccupazione a favore dei meno abbienti il Presidente del Consiglio non l’ebbe di fronte alla proposta di qualche settimana fa del segretario del Pd Letta, ma anche di altri prima di lui, di aumentare la tassa di successione per i milionari. Lì, se non rammentiamo male, “supermario” disse che non era il momento di chiedere soldi agli italiani ma di darli. Il che, visto il tema posto da Letta di una piccola redistribuzione della ricchezza in chiave solidaristica, era una risposta del tipo, avrebbe chiosato Togliatti, “Dove vai? Porto pesci”. Sta di fatto che nel caso del cashback i 150 euro dell’incentivo non saranno più dati agli italiani.
Alla notizia della sospensione tutte le destre hanno festeggiato. Compresa l’opposizione della Meloni che aveva chiesto da subito non la sospensione ma la cancellazione del cashback che disturbava così tanto gran parte del suo suo elettorato.
Insomma, questa sollecitudine di Draghi a “dare i soldi agli italiani e non di chiederglieli” pare che abbia come destinatari non “tutti gli italiani” ma solo lorsignori.
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