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John Coltrane – A Love Supreme (1965)

Chi non ama la musica di John Coltrane? È un mito, uno dei pochi miti del jazz che tutti conoscono, e il suo capolavoro è uno degli album più belli della musica del Novecento e parla di amore divino: A Love Supreme. Fu un successo di critica e di pubblico incredibile quando fu pubblicato nel febbraio del 1965. Vi furono altri capolavori, ma è questo l’album per cui è passato alla storia.
Coltrane muore di tumore al fegato il 17 luglio 1967.

Ho risentito l’album di recente, non posso che condividere quel che ho pensato, è troppo prezioso per me.

Si era fatto conoscere come sassofonista di talento, ma la tossicodipendenza lo aveva reso inaffidabile.
Nel 1957 scrive: «…sperimentai, per grazia di Dio, un risveglio spirituale che doveva condurmi ad una vita più ricca, più piena, più produttiva. A quel tempo, per gratitudine, chiesi umilmente che mi venissero concessi i mezzi e il privilegio di rendere felici gli altri attraverso la musica. Sento che ciò mi è stato accordato per sua grazia. Ogni lode a Dio». Da allora niente droga, niente eccessi, totale dedizione alla musica, fino a A Love Supreme, che lo rese figura quasi sacra. 

È un’unica suite in quattro parti, con titoli che rimandano a un cammino spirituale: Acknowledgement (presa di coscienza), Resolution (risoluzione), Pursuance (conseguimento) e Psalm (salmo).
È il suo personale ringraziamento al Creatore, ma anche la trasposizione musicale della rinascita che aveva vissuto.

In un’intervista rilasciata nel 1966 disse: «Voglio parlare all’anima delle persone… Il mio obiettivo è vivere in modo veramente religioso ed esprimerlo con la musica.
La mia musica è l’espressione spirituale di quello che sono. La mia fede, il mio sapere, la mia essenza» (Newsweek, dicembre 1966).

Non arrivò mai a una fede definita; pur cresciuto in ambiente cristiano, concluse che «c’è una parte di verità in tutte le religioni».

Quando non suonava, studiava testi religiosi e persino esoterici, dal buddismo alla Kabala, dal Veda al Corano.

A Love Supreme rimane il suo più bel tentativo di avvicinarsi quanto più possibile al linguaggio universale della creazione. Nessuno ci aveva mai provato. Per me, ci riuscì.
Dio aveva parlato al suo cuore e lui gli aveva risposto nell’unico modo con cui poteva esprimere ciò che non si può dire a parole.
Provate ad ascoltare ciò che non riesce a dire se non con i suoni. Anche questa è insieme parola di Dio, sebbene trasmessa da un cuore imperfetto, e risposta umana, sebbene non ripeta che solo poche parole in un brano: «a love supreme… a love supreme… a love supreme».

don Domenico Vitulli


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