La città dell’Apocalisse
"Siccità", un film angosciante, ma da non perdere
Francesco Sirleto - 1 Giugno 2023
Con Silvio Orlando, Valerio Mastandrea, Elena Lietti, Tommaso Ragno, Claudia Pandolfi, Vinicio Marchioni, Monica Bellucci, Diego Ribon, Max Tortora, Emanuela Fanelli, Gabriel Monresi, Sara Serraiocco, Emma Fasano, Paola Tiziana Cruciani, Gianni Di Gregorio, Massimo Popolizio.
Soggetto e sceneggiatura dello stesso regista, in collaborazione con Paolo Giordano, Francesca Archibugi, e Francesco Piccolo. La fotografia, efficacemente pittorica e volutamente straziante, è di Luca Bigazzi.
“Siccità”, visto ieri sera presso il cinema Caravaggio con gli amici del Cinecircolo romano, è un film che crea intenzionalmente disagio e brutti pensieri nello spettatore, perché lo riporta ai giorni più tristi e bui della pandemia, aggravata e resa ancora più angosciante e avvilente dalla sua concomitanza con uno degli effetti più spiacevolmente palpabili dei cambiamenti climatici: la siccità.
Una siccità che a Roma (città nella quale si svolgono e s’intrecciano le differenti storie narrate nel film) dura ormai da tre anni.

Individui (non più persone, ormai) arroganti, prepotenti, pronti all’inganno e al tradimento, così come alla violenza e alla menzogna quali forme abituali di scambio sociale e familiare: uomini e donne profondamente delusi dalla vita e costretti a lavori ripetitivi e alienanti; giovani che hanno perso ogni illusione e ogni speranza nel futuro (se mai l’hanno nutrita) e che neanche in famiglia trovano ascolto e considerazione; assenza totale di tenerezza e di amore, surrogati da rapporti basati su uno scambio sessuale condizionato e modellato dalla rete; una città, Roma, irriconoscibile, nella quale perfino il Tevere è ormai ridotto ad un ammasso di fango secco e melmoso; una città che è ormai diventata un’enorme degradata periferia, una giungla dove ci si muove e si vive all’insegna dell’antico motto “homo homini lupus” e dove la convivenza è diventata una sorta di “bellum omnium contra omnes”; una città che, lungi dall’essere il luogo della grande bellezza, è diventata la metafora di un mondo dominato e sregolato da un turbo capitalismo iperconsumista e omologante eguale a quello preconizzato e descritto mezzo secolo fa da Pasolini; una città, infine, che assomiglia moltissimo alla allucinante e sconvolgente e irriconoscibile Lisbona che fa da sfondo al terribile romanzo capolavoro di José Saramago, “Cecità”.

Un film angosciante, è vero, ma da non perdere assolutamente.