L’assassinio di Ciro Principessa il 20 aprile 1979
Le circostanze della sua morte e del processo sono state narrate nel bel libro di Giulio Marcon, intitolato "Morire per un libro"Sono passati 44 anni da quel maledetto 20 aprile 1979, giorno in cui venne assassinato il giovane militante comunista di Torpignattara (sezione Nino Franchellucci), Ciro Principessa, 23 anni, accoltellato sui gradini d’accesso alla sua sezione da un fascista molto vicino al terrorista nero Stefano Delle Chiaie.
Il pretesto dell’assassinio fu il furto di un libro, prelevato dalla piccola biblioteca della sezione da quel fascista, entrato intenzionalmente in una sezione comunista, lontana dal suo quartiere, con la scusa di voler consultare qualche libro.
Non si limitò, quell’assassino, alla consultazione, ma volle appropriarsi di un libro e uscire frettolosamente dalla sede del PCI. Ciro Principessa lo seguì per farsi restituire il libro, ma quel fascista estrasse dalla tasca un coltello e colpì a morte il povero Ciro.
La vita di Ciro e le circostanze della sua morte, e del successivo processo penale a carico dell’assassino, sono state narrate nel bel libro del giornalista Giulio Marcon, intitolato “Morire per un libro”, pubblicato nel 2019.
L’autore del volume non conosceva personalmente Ciro, ma ha potuto ricostruire quella storia grazie ai racconti dei suoi familiari e degli amici e compagni.
Tra questi ultimi vi sono anch’io, che conobbi Ciro durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 1976, quelle che videro uno straordinario successo del PCI di Berlinguer, che arrivò a sfiorare la maggioranza relativa dei voti (34,4%).
Fui infatti io, in quanto allora responsabile organizzativo della sezione Nino Franchellucci, a compilare la sua prima tessera d’iscrizione al partito. Per Ciro, giovane sottoproletario di Villa Certosa (con una difficile e irrequieta adolescenza, simile a quella di un famoso e tragico personaggio pasoliniano, il Tommasino Puzzilli di Una vita violenta) l’approdo alla militanza politica aveva costituito il principale strumento di riscatto sociale, morale e culturale.
Ciro era diventato un disciplinato militante, molto impegnato nelle attività culturali dei giovani comunisti del quartiere, come ad esempio l’apertura di una biblioteca giovanile in un locale abbandonato di proprietà comunale.
Pochi mesi prima di essere ucciso, aveva voluto andare a Genova per partecipare ai funerali dell’operaio Guido Rossa, assassinato da un commando delle BR.
Ciro è stato dunque uno dei molti giovani assassinati dalla violenza fascista in quegli anni di piombo caratterizzati dalla strategia della tensione, un martire della difesa di quella Costituzione e di quella democrazia faticosamente conquistate dalla lotta e dalla Resistenza al nazifascismo.
Oggi, a distanza di 44 anni dalla sua morte, ricordiamo Ciro in un contesto politico caratterizzato da un Governo guidato da personaggi che, negli anni settanta, militavano in un partito che si dichiarava erede del fascismo di Salò e perciò nemico della democrazia nata dalla Resistenza; personaggi che non nascondevano la loro amicizia e vicinanza a terroristi quali Stefano Delle Chiaie e altri che insanguinarono l’Italia di stragi e di lutti. Personaggi che oggi occupano alte cariche istituzionali e che, nelle loro dichiarazioni, non perdono occasione per denigrare la Resistenza, i partigiani e i martiri per la libertà e la democrazia, e che, oltretutto, verrebbero riscrivere la storia, sminuendo o addirittura cancellando le responsabilità del fascismo fedele alleato della Germania nazista. Personaggi che, infine, quando parlano di “sostituzione etnica”, non nascondono il loro retroterra razzista e la loro nostalgia per le leggi razziali del 1938.
Ecco perché la commemorazione di Ciro Principessa acquista, in questo contesto, uno speciale significato: quello di un forte impegno per sbarrare la strada ad ogni tentazione di ritorno ad un tristissimo passato e per la difesa della democrazia e della Costituzione.
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È talmente sconvolgente che abbia vinto gente simile alle elezioni. Gente che ieri inneggiava al fascismo senza vergogna ed ora deve fingere di essere contro. Grazie a personaggi come Fini che hanno lavato la faccia al partito. Un gran furbacchione e falso. Chi li ha votati è gente ignorante a cui la scuola non ha insegnato a riconoscerli, che in fondo è fascista dentro. Noi di sinistra non abbiamo fatto abbastanza per educare la gente all’antifascismo.