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“Non mi avrai Creonte”

Oggi è il 25 novembre, ma per noi, è il 25 novembre tutti i giorni

“Una ragazza non dimentica mai il primo ragazzo che le piace, anche se le cose non vanno tanto bene”. Un bambino che spinge una bambina, così inizia il film La verità è che non gli piaci abbastanza, lei corre dalla mamma e la mamma le dice «fa così perché gli piaci»: ed è così che iniziano i nostri problemi. Viviamo in un mondo dicotomico in cui abbiamo creduto per secoli che le donne venissero da Venere e gli uomini da Marte. Loro: forza, potenza, noncuranza. Noi, donne: cura, gentilezza, dolcezza, debolezza.

Abbiamo un problema con il genere? Assolutamente sì, e non c’è niente di naturale in questi schemi costruiti dalla società. Femmina e donna, non sono la stessa cosa. Maschio e uomo, nemmeno. Ma perché oggi è così evidente che ci sia un problema con il genere? Perché il mondo cambia come cambia la luce, e se prima nascevi e morivi figlio di un contadino, oggi ciascuno di noi ha le carte in tavola per giocare e persino per vincere. E questa messa in discussione, porta a galla la mascolinità tossica che, purtroppo, volente o nolente è al nostro ordine del giorno. “La violenza si appiccica addosso”. La violenza sulle donne c’è sempre stata, non è certo uscita fuori tre anni fa. Ma oggi fa problema perché finalmente se ne parla.

Se una donna viene uccisa durante una rapina, è chiaramente omicidio. Se una donna viene uccisa in quanto tale, da un ex, dal marito, dal padre: è femminicidio. Dobbiamo chiamare le cose con il proprio nome, è importante, è un riconoscimento di un problema. La violenza di genere ha mille forme, parte dalla coercizione del corpo femminile e si conclude con l’atto estremo dell’uccisione. Ma perché le donne non denunciano? Non sarebbe più semplice?  Certo, lo sarebbe. Ma non lo fanno perché hanno paura. Hanno paura perché la nostra società non è in grado di tutelarle, spesso non siamo in grado nemmeno di credere alle loro denunce. Pensiamo che in alcuni processi si è fatto riferimento alla “bruttezza” della vittima che chiaramente non ha potuto subire violenza in quanto, appunto, brutta. Difficile ammetterlo, ma la violenza di genere in qualche modo è utile: è nelle nostre istituzioni, a casa, per strada, a scuola. Un cambiamento di società in cui gli uomini bianchi etero si sono accorti di avere un’etichetta anche loro, un’etichetta che gli va stretta e il fatto che le donne (in primis) stiano alzando le mani per chiedere quei posti che gli spettano, non gli va giù.

La violenza è un crimine del controllo e c’è una sfera insospettabile dove questo avviene più che altrove: l’amore. Eros e thanatos: amore e morte. Altruismo, dedizione, autosacrificio della libertà personale sono alcune caratteristiche che il femminile adotta in amore, e la risposta al perché lo si fa, è molto breve: per guadagnare potere, diventare indispensabili (cucinare, stirare, pulire – non volevo dirvelo – ma sono uno strumento). E quando la donna rompe questa catena di passività, si raggiungono picchi di violenza inauditi perché quando la donna si distacca, l’uomo non sa più vedersi in una dimensione diversa, fuori dalla relazione. Ed è per questo che va messo al centro il maschile nella violenza contro le donne. È lui l’agente. Non è più accettabile che nella rappresentazione mediale della violenza di genere, le donne siano sempre al centro. Non è più possibile vedere manifesti con scarpe rosse e donne tumefatte. “Marco ha violentato Anna”. “Anna è stata violentata”. Già sappiamo quale titolo verrà sbattuto in prima pagina, un titolo in cui Marco (chi ha commesso la violenza) non ci sarà. E non solo, saremo lì tutti, con il dito puntato a dire ad Anna (victim blaming) che non doveva mettere la gonna così corta e che sarebbe dovuta tornare a casa prima e che alla festa non sarebbe dovuta andare e che avrebbe dovuto denunciare prima. Ma finché il problema sono io che vado, non si potrà mettere fine a questa storia. Una storia che si ripete infinite volte, e tra i titoli di giornali, i banner dei talk show o nelle pubblicità progresso non c’è mai il nome del violentatore. Sempre dipinto, tra l’altro, come un bravo ragazzo. Mentre la vittima sarà vittima due volte, perché noi non saremo in grado di chiamare le cose con il loro nome. Abbiamo paura? Sì.

E in tutto questo circo, dal 2020 siamo senza un Piano Nazionale Antiviolenza (ne avevamo parlato qui  https://abitarearoma.it/corro-nel-parco-della-mia-zona-ma-vorrei-dirti-non-ho-paura/ ) e a chi chiede a cosa serva, la risposta sono i numeri: negli ultimi sette giorni sono state uccise sette donne. Sette. Non è mai colpa dell’uomo violento per i media, è sempre un raptus, è la donna che lo ha istigato. Non solo tg e giornalisti però che applicano un linguaggio poco sensibile a questa violenza, ma anche film, canzoni, libri e serie tv. Noi riproduciamo quello che vediamo. Dire in un programma a mezzogiorno che forse «sono queste donne che hanno qualcosa di sbagliato» e per questo finiscono in una relazione violenta, non va bene. Un film in cui lui tratta male la protagonista, ma poi la ama, poi la lascia, la va a cercare e poi la violenta, e lei torna perché lui è cambiato: non vanno bene. Twilight, The Vampire Diaries, After, Cinquanta Sfumature di grigio.

Passiamo alle canzoni? Facciamo un po’ di analisi del testo! Emis Killa, Salmo, pensiamo anche ad Irene dei Pinguini Tattici Nucleari che inizia con “Irene questa sera la faccia te la strapperei via così faresti paura al mondo ma resteresti sempre mia”. Andiamo nel 1973 con Minuetto di Mia Martini che dice “E vieni a casa mia/ quando vuoi/ nelle notti più che mai/ dormi qui/ te ne vai/sono sempre fatti tuoi/… continuo ad aspettarti le sere per elemosinare amore”, cioè qui abbiamo lui che va a casa sua e fa il suo comodo abbandonandola al suo destino e alle sue pene d’amore, e lei ci sta pur di stare con lui. Poi abbiamo Anna Oxa e Fausto Leali in Ti lascerò, lui che le dice “Ti lascerò crescere/scegliere/anche sbagliare” ma guarda grazie davvero che mi lasci “anche sbagliare” mentre lei (saggia) gli risponde “Ti lascerò scegliere per chi sarà al tuo fianco/piuttosto che permettere di dirmi che sei stanco”. E in Un’emozione da poco, sempre della Oxa, abbiamo l’emblema dell’amore tossico “Dimmi che senso ha/ dare amore a un uomo senza pietà/uno che non si è mai sentito finito/che non ha mai perduto/…per me più che normale che un’emozione da poco mi faccia stare male/ una parola detta piano/ basta già e io non vedo più la realtà”. E potremmo continuare eh, fate attenzione alle canzoni di Battisti mentre le cantate distrattamente. Veniamo offuscate da questo amore, da questa passione, non abbiamo scelta o siamo angeli o siamo demoni. Una figura mistica quella femminile che fa cadere sempre l’uomo in tentazione, siamo la mela di Eva d’altronde. Il futuro delle donne è stato deciso dai problemi degli uomini che avevano. E siamo sempre noi quelle sbagliate, quelle che si dovevano svegliare prima, al primo schiaffo, noi figlie dell’amore romantico, dei film come “Ufficiale Gentiluomo”, noi che siamo cresciute con i baci non consensuali di Biancaneve e Cenerentola (e sì, questa è una provocazione).

Oggi è il 25 novembre, ma per noi, è il 25 novembre tutti i giorni. “Non mi avrai Creonte, né domata né persuasa” (Antigone).


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