Non vale la pena scrivere sui giornali

E vale ancora la pena voler fare del bene?

Non vale la pena scrivere sui giornali. È pericoloso e inutile, pochi ti leggono e ancor meno sono quelli che reagiscono. E poi Internet ha abituato tutti a rispondere in modo istintivo alle violente sollecitazioni di semplici slogan e frasi ad effetto e non siamo più allenati a leggere con calma e a rifletterci sopra. Non sai mai quindi come commenteranno sotto il tuo articolo. Peccato. 

Avrei scritto di cose importanti, che riguardano la vita di chi non ha voce, perché la loro voce si è fatta roca per aver troppo gridato senza ricevere alcun soccorso. 

Avrei voluto scrivere di un povero giovane che hanno lasciato morire in un ospedale dopo avergli asportato mezzo cervello, ma nessuno ha voluto essere coinvolto o passarmi le prove: cosa importa, infatti, se tanto nulla mai cambia? Avrei voluto parlarvi di quel che succede quando cerchi lavoro: tutti lo sanno, ma rischi la querela se non hai prove sufficienti, oppure l’isolamento se invece ce le hai. 

Avrei voluto mostrare l’illegalità a cui siamo spesso costretti dalle regole assurde di chi ci governa, ma dicono che a un prete questo non dovrebbe importare, anche se non capisco il perché. Ogni anima ha un corpo che va pur sempre nutrito e curato. Non è facile oggi essere un prete: se ti denunciano e vinci la causa, danneggi il tuo accusatore, e questo un prete non lo può fare; se invece la perdi, sei un farabutto per tutti e trovi sostegno forse solo in tua madre. Se sostieni un’idea, qualsiasi essa sia, sei persona di parte; se cerchi la pace, sei uno sporco buonista. E allora, vale ancora la pena voler fare del bene?

Non è che agli altri, che non sono preti, vada poi tanto meglio. Se sei uomo, c’è un elenco di cose che non puoi fare o dire o solo pensare; se sei donna, il dubbio che devi fugare è che tu sappia addirittura pensare. La realtà è nascosta dietro eufemismi che cambiano sempre: quando ero ragazzo si diceva «handicappato» senza problemi, poi mi dissero che erano diventati «disabili», fino a qualche anno fa, quando mi hanno informato che erano ora cambiati in «motolesi». Chiedo scusa in anticipo se vi fosse ora una nuova etichetta e mi trovassi in difetto. 

Certo dobbiamo avere rispetto delle persone, ma quando ero ragazzo gli handicappati erano ben integrati dove vivevo io, ora invece ai motolesi tagliano i fondi e riducono le ore dei loro insegnanti di sostegno. Non so se si possa davvero parlare di progresso. Devo però riconoscere che lo stato italiano ha molta più fede in Dio ora di quanto ne avesse in passato, perché anche a chi è affetto da malattie incurabili richiede costantemente di dimostrare che ne sia ancora affetto: dovrebbero, secondo me, monitorare costantemente il paesino di Lourdes, in modo da conoscere subito un’eventuale guarigione, senza disturbare l’ex motoleso.

Tra controlli statali, regionali, comunali e il controllo sociale con costante minaccia di immediata querela e gli attacchi sui social… ma siamo sicuri che si stesse poi così male sotto l’Inquisizione?

In una democrazia lo stato agisce in nome dei suoi cittadini: è quindi del tutto folle che esso dia per scontato che coloro per conto dei quali agisce siano ladri e spacciatori fino a prova contraria. E anche nei rapporti tra noi, dovremmo darci una bella calmata. Non possiamo essere tutti così sensibili e pronti a sentirci offesi e a gridare se non veniamo trattati come regnanti dei tempi passati, altrimenti, finiremo tutti a tenerci compagnia in un grande stanzone, imbottiti da farmaci e legati alle sponde del letto.

Senza offesa, naturalmente.


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2 commenti su “Non vale la pena scrivere sui giornali

  1. Impeccabile, come sempre.
    Si augura lunga vita alle mamme e ai papa’, auguriamo lunga vita anche ai preti come te.
    Attilio Migliorato

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