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Obiettività dell’informazione

“La Repubblica” dice di essere un giornale progressista. Il suo fondatore, Eugenio Scalfari, non fa che rammentarne le radici liberal democratiche e i quarti di nobiltà risalenti ai fratelli Rosselli, al pensiero federalista di Spinelli e Colorni e a tutta la vasta gamma delle correnti rifacentesi al grande pensiero liberal-socialista.

Essendo un giornale di così alta ispirazione culturale, dovrebbe anche essere esempio della cosiddetta “obiettività dell’informazione”. Concetto piuttosto ostico da spiegare e, soprattutto, da trovare nell’ampia distesa dei mass media italiani per non parlare dei social network. Chi conosce un po’ la carta stampata sa che la non obiettività dell’informazione comincia ben prima di articoli, servizi e commenti, inizia dalla disposizione delle notizie sui menabò delle pagine, sul loro risalto, sui titoli che le accompagnano.

Sabato scorso in Italia ci sono state due manifestazioni: quella di Torino di cui hanno parlato a iosa i mass media, con commenti di vario tipo che nel giornale diretto da Mario Calabresi hanno sconfinato nei ditirambi di Ezio Mauro che con i manifestanti pro Tav mostra un’affinità elettiva; e quella di Roma contro il razzismo indetta da una rete di 250 (c’è chi dice addirittura 450) associazioni. E’ stata, quella di piazza Castello, una manifestazione riuscita, con migliaia di partecipanti. Gli esaltatori del “Sì Tav” l’avevano fissata già prima del suo svolgimento nel numero, evocativo, di quarantamila persone. I detrattori, vedi “Il Fatto Quotidiano”, li hanno ridimensionati a 25 mila perché tale è stata la valutazione della Questura. Ma la guerricciola dei numeri in questi casi appare alquanto ridicola. Il fatto politico era la piazza piena e il suo orientamento economico e politico tradizionalmente e trasversalmente “sviluppista” (dal PD a FI alla Lega), che non è, come si sa, la stessa cosa dello sviluppo. Basterebbe ricordare in proposito il celebre discorso (1967) di Bob Kennedy sulle bugie insite nel Pil. Il giornale di Mauro, Calabresi e Scalfari ha giustamente messo l’avvenimento con un richiamo e inizio dell’articolo in prima pagina con tanto di foto. Poi avendo scelto di fare il titolo principale sull’assoluzione della Raggi e sugli attacchi di Di Maio ai giornalisti, ha compensato dedicando ai “Sì Tav” tre pagine centrali con una grande foto.

Quella di Roma è stata una manifestazione socialmente opposta a quella torinese quanto a partecipazione sociale. A indirla è stata una vasta gamma di associazioni e gruppi politici della sinistra alternativa. Precari, cassintegrati, famiglie senza casa, immigrati, giovani l’hanno colorata sparpagliandosi alla fine su Piazza S. Giovanni. C’era pure il sindaco di Riace Mimmo Lucano. Lo slogan di fondo non era un sì ma un no; un no alle politiche sociali e dell’immigrazione del governo gialloverde. L’obiettivo principale della contestazione e del dileggio è stato Salvini. Gli organizzatori hanno sparato la cifra di centomila partecipanti, cosa non vera. Non si conoscono i numeri della Questura, troppo impegnata non a contare i partecipanti quanto a fermarli e a perquisirli ai caselli delle autostrade. La manifestazione era nazionale. Comunque anche questo evento è stato un fatto politico. Solo che “la Repubblica” l’ha confinato nella VI pagina di cronaca – mezza pagina, per la verità, perché l’altra metà era pubblicità – con un articolo a quattro colonne ornato da una foto di  festosi immigrati neri in primo piano, nessuna panoramica. L’articolo a firma di Roxy Cappelli, però, era oltre modo generoso. Sotto a un titolo a due colonne: “L’onda montante contro il razzismo ‘Mai con Salvini siamo 100 mila’ “, Cappelli descriveva una “ marea montante” di “Oltre 100mila persone tutte unite da un credo, forte, preciso, unico: no al razzismo”. Mancava solo: “Impegnativo per tutti”. Forse Roxy voleva rimediare alla marginalità della notizia data in cronaca. Ma la sua esuberante descrizione delle testimonianze, dei cori, delle musiche ecc., faceva risaltare ancor più la contraddizione della direzione giornalistica di non aver dato nemmeno un richiamo in prima pagina e una disposizione dell’avvenimento nelle pagine nazionali, visto che, per l’appunto, nazionale e non romana è stata la manifestazione.

Curiosamente, ma non tanto, la stessa cosa ha fatto “Il Fatto Quotidiano” di Travaglio e Padellaro. Notizia in quattordicesima pagina, articolo partecipe ed entusiasta, titolo a sette colonne: ”Contro Salvini la piazza c’è. Migliaia per l’accoglienza”.  Ma, anche  qui, nessun richiamo in prima pagina. In prima c’erano i “Sì Tav”; per parlarne male, ma c’erano. A dominare, come per “la Repubblica”, era il titolo sulla Raggi assolta.

Di solito quando una notizia importante non viene data, in gergo giornalistico si dice che è stata “bucata”.

Quella degli antirazzisti a Roma, Calabresi e Travaglio, concordia discors, l’hanno sgonfiata senza bucarla. Hanno solo tolto il tappo alla valvola di sicurezza.

Aldo Pirone


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