Pasolini e Torpignattara: un rapporto speciale
Scoperta il 31 ottobre 2024 una targa in memoria del celebre poeta e regista“Arrivo a Torpignattara che un sole sfiatato si aggrappa ai terrazzini dei palazzi nuovi, ammucchiati in fila, sopra le case di un quartiere di cui si è persa la memoria: un quartiere tra rustico e malandrino … Lascio la macchina e cerco Sergio, camminando intorno al semaforo dell’incrocio tra la Casilina e via della Marranella … Sergio il Mozzone … il suo indirizzo è in via dell’Acqua Bullicante, ma in realtà non è mai vissuto lì… lui è vissuto, sempre qui, tra la Marranella, il Pigneto e la Borgata Gordiani …” (P.P. Pasolini, Diario di Accattone, 21 ottobre 1960).
Sul muro del civico n. 18 di via Torpignattara, il popoloso e storico quartiere del V Municipio V di Roma, il 31 ottobre 2024, è stata scoperta una targa in memoria di Pier Paolo Pasolini, per la cui ideazione, promozione e testo mi assumo la piena responsabilità, ringraziando le autorità del V Municipio (in primis il presidente Mauro Caliste) per la loro disponibilità e per il patrocinio concesso all’iniziativa.
Ma perché la targa e perché proprio in quel luogo? Tutti conoscono il significato che la lunga e abituale frequentazione del poeta, romanziere e regista friulano con i quartieri della periferia est della capitale d’Italia ha avuto sulla sua formazione linguistica, sentimentale, ideale e spirituale, sia in relazione alle sue opere letterarie (le raccolte poetiche e romanzi come Ragazzi di vita e Una vita violenta), sia per ciò che concerne la sua cinematografia (da Accattone a Mamma Roma, dalla Ricotta a Uccellacci e uccellini, per non parlare delle sue numerose sceneggiature la cui regia fu affidata ad altri registi).
Ma come era nato il rapporto con la periferia romana e, in particolare, con il quartiere (allora ancora borgata) di Torpignattara? Nel 1950, Pasolini (povero “come un gatto del Colosseo”, come si autodefinisce in una sua famosa poesia), appena giunto da Casarsa insieme alla madre Susanna, dopo una breve permanenza in piazza Costaguti – in una casa borghese nella quale la madre trovò un lavoro come donna delle pulizie, e in una piccola stanza destinata ai domestici – va ad abitare nella lontana borgata di Ponte Mammolo, sulla Tiburtina, nei pressi di un’ansa dell’Aniene.
Durante l’estate dello stesso anno, sulle rive del fiume (luogo di balneazione per borgatari e ragazzi di vita dei quartieri limitrofi) conosce il giovanissimo Sergio Citti, imbianchino di Torpignattara. Fanno amicizia e il poeta comincia a frequentare il quartiere di provenienza di Sergio e i luoghi nei quali egli si ritrova con i suoi amici. Tra questi luoghi vi è lo storico cinema Impero, ma vi sono anche “baretti” (il “bar della pugnalata” più volte menzionato in Ragazzi di vita) e pizzerie, come la storica “L’Aquila d’oro”, la pizzeria dei tre scalini, situata proprio in via Torpignattara al civico 18, attualmente sede di un ristorante cinese (ahimè!). In questa pizzeria, da lui frequentata con cadenza settimanale (almeno fino al 1954, anno del suo trasloco nella casa di via Fonteiana, a Monteverde), Pasolini si presenta agli appuntamenti con Sergio e i suoi amici armato di taccuino, sul quale comincia ad annotare parole, espressioni gergali, motti e termini vari pronunciati (in quello strano dialetto romanesco imbastardito di accenti e di un lessico provenienti dalle varie parlate meridionali diffuse in borgate popolate soprattutto da immigrati) dai suoi commensali durante questi incontri conviviali.
Oltre alla lingua, il poeta friulano apprende, dalla viva voce di Sergio e di Franco Citti e dei loro amici, anche le “storie” dei personaggi, soprattutto giovani, che popolano i quartieri, le borgate e i borghetti (agglomerati di baracche) sparsi in tutta la periferia est della Capitale. Quelle serate trascorse nella pizzeria-trattoria L’Aquila d’oro (la seconda “università” per Pier Paolo Pasolini, dopo quella di Bologna nella quale si laureò nel 1945) saranno la fonte di suggestioni, di intuizioni, di idee che, a loro volta, saranno la base reale e sociale delle sue prime raccolte di poesie (Le ceneri di Gramsci, L’usignolo della Chiesa cattolica, La religione del mio tempo, Poesia in forma di rosa), dei suoi romanzi (Ragazzi di vita, Una vita violenta, Amado mio, ma anche l’incompiuto e postumo Petrolio), dei suoi film (a partire da Accattone) e delle sue sceneggiature.
Pasolini, quindi, contrasse, nei confronti di un quartiere come Torpignattara, un debito di gratitudine che egli onorò in molti modi: aiutando i fratelli Citti a diventare registi e attori, chiamando gli amici dei Citti a recitare nei suoi primi film come “attori presi dalla strada”, ambientando nelle sue strade, nei suoi baretti, nei suoi pratoni molti episodi e scene di racconti e di romanzi e di film, e ritornando a Torpignattara in molteplici occasioni e incontri; e ciò fino agli ultimi giorni della sua vita. Non a caso uno degli ultimi capitoli del suo romanzo postumo Petrolio è dedicato alla descrizione di una lunga passeggiata, compiuta da una giovane coppia, lungo le strade di Torpignattara.
Se, dunque, Pasolini ha onorato, nei modi per lui peculiari (letteratura e cinema), il suo debito nei confronti del quartiere, non altrettanto si poteva dire, almeno fino al 31 ottobre scorso, di Torpignattara.
Con questa targa, finalmente, i cittadini di Torpignattara hanno onorato un impegno che durava da molti anni e che, per molteplici motivi, non era stato ancora messo in esecuzione. La folla che ha accompagnato l’atto dello scoprimento della targa, avvenuto il 31 ottobre scorso, ha dimostrato che il popolo di Torpignattara non ha affatto dimenticato il profondo rapporto che, fin dai primi anni cinquanta, lo lega al grande intellettuale italiano.
Devo infine sottolineare che, in forma fortemente simbolica, questo legame è stato suggellato dalla presenza, in mezzo a quella folla, di uno degli attori preferiti da Pier Paolo Pasolini, cioè Ninetto Davoli che, a partire da Uccellacci e uccellini, sarà uno degli interpreti e protagonisti principali in tutti i suoi successivi film.
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