Riccardo III di W. Shakespeare al Teatro Quirino

La tragedia della violenza e dell'inganno come strumenti per la conquista e l'esercizio del potere

Ho assistito, ieri sera 19 maggio 2023 al Quirino, ad un’eccellente versione moderna, e ambientata ai giorni nostri, della celebre tragedia shakespeariana, nell’adattamento della regista ungherese KRISZTA SZÈKELY, coadiuvata da una straordinaria e convincente interpretazione di PAOLO PIEROBON nella parte di Riccardo III.

Come tutti gli appassionati del Bardo di Stratford on Avon sanno, quest’opera del 1591 fin da subito assunse, nell’immaginario collettivo, il ruolo simbolico di una realistica rappresentazione dell’uso smodato della violenza e dell’inganno nella conquista e nell’esercizio del potere politico.

D’altra parte è la stessa figura fisica di Riccardo III, gobbo e deforme ma dotato di diabolica astuzia e di una sconfinata volontà di dominio, che si offre ad essere identificata come incarnazione stessa della malvagità umana quando essa si accompagna all’uso incontrollato e illimitato del potere statale. Riccardo III, infatti, non si fa scrupoli nell’eliminare ogni ostacolo che si frapponga al raggiungimento dell’unico obiettivo che lo ricompensi delle disgrazie (le deformità fisiche e l’assoluta mancanza di senso morale) che la sorte gli ha riservato: uccide i fratelli, i nipoti, i funzionari complici che lo hanno aiutato nella sua irresistibile ascesa alla corona, sparge a piene mani inganni, menzogne, sangue e terrore.

Alla fine, però, egli stesso, rimasto solo, soccombe di fronte alla contrapposta violenza di tutti coloro che, temendo per la propria vita, uniscono le loro forze per eliminare la fonte di tanto malvagità e per ricreare le condizioni minime di una convivenza civile.

Sappiamo, però, che di tiranni o aspiranti tali che presentano aspetti simili a quelli di Riccardo, ne è piena la storia, e anche l’odierno panorama politico internazionale non fa eccezione.

Pertanto è pienamente giustificata l’operazione che la regista ungherese ha posto in essere per questa edizione della tragedia shakespeariana: ha riscritto quasi interamente il testo originale, modificandone anche il finale, e attualizzando fortemente la vicenda, anche e soprattutto con l’introduzione massiccia dei moderni strumenti tecnologici di comunicazione (stampa, televisione, internet, social media) che, nella pièce, servono a rafforzare e rendere pervasiva e più efficace la sete di dominio e il conseguente uso della violenza.

E tuttavia accanto alla rappresentazione più cruda degli effetti della violenza esercitata dal potere tirannico e tendenzialmente totalitario, emergono qua e là in questa versione anche messaggi e indicazioni sulle azioni atte a porre limiti a simili modalità di esercizio del potere. Ci sembra in una qualche misura significativo che, nell’opposizione al tiranno, e nella sua sconfitta, a giocare un ruolo fondamentale non sia (come nel testo originale) Enrico Tudor (che in questa moderna versione non compare affatto), bensì Elisabetta, vedova del fratello assassinato da Riccardo, l’ex re Edoardo IV. E, accanto ad Elisabetta, altre figure femminili (come la vecchia madre di Edoardo IV e Riccardo III, e la stessa Anna, moglie del tiranno) acquistano un rilievo che non posseggono affatto nell’originale tragedia del grande drammaturgo elisabettiano.

In ogni caso la pièce ci sembra meritare pienamente gli applausi scroscianti tributatele dal pubblico presente, tanto per quanto riguarda la sapiente riscrittura, quanto per ciò che concerne la spaesante scenografia, sia, infine, per l’ottima interpretazione fornita dalle attrici e dagli attori, tra i quali giganteggia Paolo Pierobon, un Riccardo III diabolico certo, ma anche roso nell’animo dai tormenti, dai rimorsi e dalla solitudine.


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