Stranezze di città, la Fontana del Facchino

Passeggiata ciclo turistica da Tor Tre Teste al rione Pigna, per la Statua Parlante della plebe romana

Il mio nome e cognome? Abbondio Rizio. 

Soprannome? Facchino, dall’abito molto simile anche a quello della Corporazione dei Facchini. 

Mestiere? Acquaiolo, della Corporazione degli Acquaioli dei quali indosso il tipico abbigliamento.

Come fontana “ho preso vita” nel 1580. Raffiguro la piccola statua di un ”acquarolo”, nell’atto di versare acqua dal mio “caratello” (contenitore di legno a forma di botte).

Ho vissuto per qualche secolo in via del Corso, proprio sulla facciata di un palazzo del XVIII secolo, palazzo de Carolis, poi Banca di Roma, oggi una filiale della Unicredit.

 La chiesa di San Marcello era di fronte a me.

Via del Corso è sempre stata il centro di Roma, un punto molto frenetico. 

Oggi è pieno di turisti e di amanti delle compere, nei secoli scorsi pieno di carrozze trainate da cavalli e anche brutta gente che mi ha preso a sassate, basta guardare il viso della mia statua, sono rimasto sfregiato.

Nel 1874 ho preferito spostarmi nella più tranquilla via Lata, una stradina meno in vista ma a pochi metri da via del Corso. 

Oggi via Lata ancora mi ospita, sono incassata nella facciata laterale del palazzo de Carolis.

Ho perso la frenesia di via del Corso ma ho, nell’immediato, guadagnato rispetto. Pensate che nel 1744 e nel 1748 ho avuto posizionate davanti e di fianco a me anche due targhe di marmo con su inciso: 

“ SI PROIBISCE A TUTTE LE PERSONE CHE NON ARDISCHINO DI GETTARE IMMONDEZZA ALCUNA IN QUESTO LUOGO SOTTO LE PENE COMMINATE DALL’ILL.mo E RE.mo MONSIGNOR PRESIDENTE DELLE STRADE NELL’EDITTO PUBLICATO IL DI 23 LUGLIO 1744 PER L’ATTI DEL NOTARO ORSINI

D’ORDINE DI MONS ILL E REV PRESID DELLE STRADE SI PROIBISCE A TUTTE E SINGOLE PERSONE DI NON FARE IL MONDEZZARO IN QUESTO SITO SOTTO LE PENE ESPRESSE NELL’EDITTO EMANATO IL DI 6 AGTO 1748”

Oggi ricevo meno rispetto, che fastidio mi danno quegli scooter parcheggiati davanti e intorno a me. Anche una macchina l’altra mattina era in sosta a tre metri da me.

Sono sempre stata la fontana de “l’acquarolo”, persona che fino ai primi del novecento raccoglieva acqua dalle fontane pubbliche ed andava a rivenderla porta a porta.

Avevo anche sotto la mia fontana, alimentata dall’acquedotto dell’Acqua Vergine, una epigrafe in latino, che ora non c’è più :

“Ad Abbondio Rizio, coronato su pubblico selciato, valentissimo nel leggere fardelli. Portò quanto peso volle, visse quanto pote’: ma un giorno, portando un barile di vino in spalla e uno in corpo, contro la sua volontà mori’”

Nel mio mestiere ho supportato le condutture dell’acqua di Roma, che non erano sufficienti per le innumerevoli fontane della città.

Il popolo romano si lavava con l’acqua del Tevere, noi facchini acquaroli” di giorno, dietro modesto compenso, vendevamo  l’acqua da bere in strada o la portavamo a destinazione fin dentro la loro case, nelle botti o botticelle.

L’acqua la prelevavamo di notte alla fontana di Trevi per evitare di pagare la tassa sull’acqua, citata in un documento del 1500:

Che qualunque acquarolo che piglia acqua dalla fontana di Trevi de continovo tutto lo anno, paghi in tutti julii cinque: item, che tutti cavalli et muli che caricano acqua alla fontana, paghi baiocchi cinque per ciasche bestia “.

La fontana del Facchino ha “preso vita” quando il mio mestiere stava morendo.

Tra il 1572 e il 1585 Papa Gregorio XIII decise di promuovere un’opera di ristrutturazione profonda degli acquedotti romani.

Ritornò abbondante l’acqua a Roma e nel 1590 ci fu la fine la fine del mio mestiere di acquarolo”, approvvigionatore d’acqua.

Johann Theodor Sprenger , giureconsulto tedesco, nato nel 1630 e morto nel 1681, scrisse a proposito delle statue parlanti di Roma:

“Pasquino ha due concorrenti : il Facchino di Via Lata e il Marforio sul Campidoglio.
Pasquino è destinato ai nobili, Marforio ai cittadini, il Facchino alla plebe”.


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