Un presepe e una storia
Un'opera di rara maestria artigiana visitabile fino al 2 febbraio nella parrocchia di via Ernesto Rossi, a Colli Aniene“Per la santa Candelora
o se nevica o se plora
dall’inverno siamo fora”
… ma siamo fora anche dal tempo delle celebrazioni Natalizie, e ci prepariamo a quelle della Pasqua, come ci ricorda Don Giuseppe Petrioli, parroco di S. Igino Papa a Colli Aniene.
Perciò, se vogliamo godere ancora una volta della vista del bel presepe della parrocchia di via Ernesto Rossi 44 (tel. 064070360), dobbiamo affrettarci. Perché, in ossequio alla più rara e quasi ormai misconosciuta tradizione a cui è fedele il parroco, il prossimo 2 febbraio, cioè domani, il bel paesaggio verrà smontato e riposto fino a rivedere la luce l’8 dicembre per la festa dell’Immacolata Concezione.
E’ da ricordare per chi rischia di perderne memoria che, fatto con fede e rara perizia artigianale, quel presepe e tutti gli altri che vengono allestiti nelle chiese di Roma, sono lì a testimoniare soprattutto la nostra fede e la continuità di questa che questi lavori stabiliscono con i lontanissimi tempi passati. Tempi in cui, specie dalle nostre parti, non c’era casa, né di povero, né di ricco, né tanto meno di regnante, che non avesse il suo presepe.
Tornando a S. Igino, ci piace immaginare Don Giuseppe rendere, prima di deporlo, un tenero omaggio al Bambinello, sempre come dettato dalle antiche usanze.
Il sacerdote, mostrandoci il presepe così lo descrive: E’, questo, un presepe tradizionale, a cui si sono appassionati adoperandosi con grande impegno in molti. Mi piace nominare innanzitutto Agostino Gragnaniello che è il costruttore; hanno collaborato Salvatore Giardullo per la scenografia, Massimo Ciumaga per la parte tecnica, Roberto Bordi per la struttura, Stefano Cardia per le parti in legno, Patrizia Sorge, Gabriella Limongi Rocci, Maria Consalvo Crisafulli per le stoffe, Don Giuseppe per la parte elettrica ed infine Don Jorge in vario modo.
La scena che il presepe propone quest’anno esprime, per molti aspetti, la raffinata ingenuità della grande tradizione italiana, declinata secondo la creatività del presepe napoletano.
La scena della natività è inserita in un paesaggio aspro e misterioso, che ricorda vagamente gli ambienti appenninici. Questi ci portano inevitabilmente a pensare ai luoghi devastati del recente terremoto per invocare la presenza di Cristo vicino a chi ha vissuto e vive tuttora sofferenze e difficoltà. Fa da transizione un lussureggiante paesaggio agreste, pieno di vita animale e vegetale e animato da un vivace corso d’acqua: la novità di Cristo che, nato per noi, rende bella tutta la creazione.
A destra la riproduzione fantastica e misteriosa di una Sinagoga (a questo punto don Giuseppe ci fa notare la dovizia di particolari dell’interno, tra l’altro addirittura le capriate del soffitto riprodotte con una maestria eccezionale). Cristo – continua don Giuseppe – è il germoglio che spunta dalla radice ebraica, portando a compimento le potenzialità che la rivelazione veterotestamentaria aveva consegnato ad Israele. La Sinagoga e i paesaggi montani sono alcuni dei capolavori della laboriosità dell’amico Agostino Gragnaniello (il cognome la dice lunga sulle radici dell’artista ndr), grande appassionato di presepi. Le sue opere meritano di essere apprezzate per la minuziosa cura dei particolari. Personaggi in movimento completano una scena che intende catturare anche l’attenzione dei più piccoli. L’illuminazione della scena è tale da riprodurre in pochi minuti l’alternarsi del giorno e della notte.
A questo punto abbiamo chiesto di conoscere un po’ della storia dello splendido manufatto e del suo artefice che, evidentemente, deve aver impegnato tempo e ingegno per una concretizzazione così bella e varia.
Ne è venuta fuori non solo la storia del presepe, ma anche quella di una grande amicizia più che decennale. Agostino Gragnaniello, di origine partenopea e quindi la sua calda e prorompente napoletanità non poteva avvincere una persona sensibile come don Giuseppe. Una amicizia sfociata in ammirazione alla vista del presepe a cui lavora da anni Agostino. È così che per la prima volta il presepe viene esposto nella parrocchia di Pratofiorito.
In seguito Agostino, estremamente impensierito per la sua salute, decide di donarlo a don Giuseppe divenuto nel frattempo parroco di S. Igino. L’originario scenario era però più grande dell’attuale e godibile da tutte le angolazioni potendo girarvi intorno. Problemi di spazio hanno determinato la sua versione ridotta. Comunque il presepe rimane ammirevole come splendida la calda amicizia che lega da anni il sacerdote e il presepista.
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