Vinòforum 2024 a Roma Circo Massimo, dal 17 al 23 giugno 2024
Il 17 giugno 2024 alle ore 18:30, alla presenza delle autorità, Sabrina Alfonsi, assessora dell’Agricoltura, Ambiente, Giancarlo Righini, assessore del Bilancio e Programmazione Economica e Massimiliano Raffa, Commissario straordinario ARSIAL, è avvenuto il taglio del nastro della ventunesima edizione di Vinòforum, la più grande manifestazione di enogastronomia del Centro-Meridione. A presentarla il ceo e co-founder dell’evento, Emiliano De Venuti, che ne ha illustrato in modo dettagliato tutte le caratteristiche e novità di quest’anno.
La cornice della manifestazione è il Circo Massimo e, secondo noi, è il “massimo” per una città che ha fondato la sua eternità sul vino: Roma caput vini.
Si succederanno nei sette giorni: cene con grandi chef, degustazioni guidate, master class, top tasting ecc.
La redazione di Abitare a Roma, si è concentrata sul padiglione 53 “Dioniso”, nome ovviamente azzeccato.
L’Agenzia Dioniso, infatti, si occupa dell’attività di vendita nel settore enogastronomico su Roma e Provincia dal 1983.
Ad accoglierci Pino Lagrasta, che con grande affabilità ci fa accomodare per farci conoscere produttori e prodotti.
La prima proposta è “Amantata” della Antica Tenuta Palombo, un’azienda del Lazio: un vino spumante metodo Martinotti ottenuto da Falanghina, che si fa apprezzare per la freschezza e la levità grazie alle inflessioni fruttate; a seguire il “Maturano”, Frusinate IGP, che prende vita dall’antico vitigno autoctono di Atina, che si impone per incisività di aromi, che rapidamente svaniscono. Restiamo rapiti dalla storia di un ardimentoso ministro dell’agricoltura del Regno di Napoli, che in epoca borbonica decide di importare prestigiose varietà dalla Borgogna, come il Cabernet Sauvignon, il Cabernet Franc, il Merlot, ecc…proprio qui nella valle di Comino, dove questi tipi di uva si adatteranno benissimo.
Interessante la proposta della Cantina Tre Secoli (dal 1887): “Infinito” è ottenuto da uve del vitigno Arneis, la più antica e affascinante varietà a bacca bianca del Roero. Un vino che con armonia ed eleganza regala un profumo fresco, dal sentore di frutta (mela, pera, ma anche mandorla e vaniglia) e un gusto di morbida complessità, che lascia una piacevole persistenza di sapidità nel retrogusto.
Il primo produttore che conosciamo di persona è Samuele Baroncini che comincia a raccontare: “… la nostra Tenuta Poggio Il Castellare è a Montalcino, sulla sommità di una collina circondata da un vigneto a raggiera; abbiamo 40 ettari, di cui soltanto 10 sono coltivati a vite (Rosso di Montalcino, Brunello, Cabernet Franc, Merlot). All’interno della cantina abbiamo la tartufaia e l’ospitalità (9 camere), dove facciamo degustazione durante tutto l’anno.
La mia famiglia, che ha una storia antica nell’imprenditoria vitivinicola, inizia a San Gimignano nel 1489, ovviamente con la Vernaccia, ma la vera azienda nasce con i miei nonni nel secondo dopoguerra; fu soprattutto mia zia ad acquistare altre aziende a Magliano, poi vicino Siena, a Montepulciano, che fanno tutte quante parte delle Tenute Toscane. Il mio vino preferito è il “Rosso di Montalcino”, con 13 mesi di affinamento in legno, mentre il nostro Brunello fa 24 mesi di legno. Il Rosso lo presenteremo a New York il 6 e il 7 settembre”.
Ed è proprio questo Rosso dall’uvaggio di Sangiovese Grosso, che assaporiamo e di cui ammiriamo il color rubino e la sua struttura, che racchiude profumi e sapori di frutti rossi. Perfetto per accompagnare primi piatti corposi, carni rosse e prosciutto toscano.
Il secondo rosso in degustazione, mentre prosegue la conversazione in un’atmosfera di reciproca e allegra curiosità, si chiama “Passo dei Caprioli” è un Toscana Rosso Igt, che fa solo acciaio, Sangiovese Grosso con una percentuale di Merlot (circa 30%); è un buon rosso per tutti i giorni, morbido al palato, davvero gradevole, da consumare anche fresco in estate. L’abbinamento consigliato da Samuele è con carne rossa e bianca, salumi, ma anche primi piatti di verdure.
Ci salutiamo con la promessa di incontrarci la prossima volta in Toscana per dar vita ad un progetto di musica, letteratura e buona enogastronomia…!
Igor Profili, che ci viene introdotto da Pino Lagrasta, ci spiega: “…siamo tre aziende in una, la prima nasce nel 1926, come distilleria e pasticceria, poi 10 anni fa si aggiunge il progetto vino con gli autoctoni della nostra terra. Adesso è la terza generazione, con circa 20 ettari di vigneti: Vermentino e Cannonau. Inizialmente nella piazza principale del paese il bar offriva la pasticceria con il liquore: mirto, limoncello, filuferru… Abbiamo cominciato da Sassari, ma poi la domanda è stata sempre più grande a livello regionale. In seguito sono stati acquistati i terreni per fare la cantina.”
La degustazione comincia con il “Cavalleggero”, Cannonau di Sardegna del 2022 della Tenuta L’Ariosa. Prosegue lui la descrizione tecnica:”…è molto fresco, perché siamo sulla costa, Stintino, per cui il tannino è molto morbido, fresco, beverino, fruttato, dovuto al vento Maestrale, quindi grande salinità e sapidità; può essere bevuto anche in estate bello fresco. Abbinamento con formaggi freschi di pecora, il porceddu, agnello in umido e arrosto, grigliata mista, malloreddu alla campiglionese al ragù, ma anche il tonno (oppure con il Vermentino): è un vino che fa solo acciaio per 5-6 mesi, poi un anno in bottiglia. Per attenuare il tannino anticipiamo la vendemmia, già a fine settembre. Abbiamo anche un rosato”.
Poi ci parla della Distilleria Rau e delle grappe di Vermentino e di Cannonau, ma ci incuriosisce con il tipico “Filuferru”, di cui rievoca la storia e l’origine del nome: chiudevano le bottiglie con il filo di ferro e le mettevano sotto terra per nasconderle ai controlli, lasciando un piccolo spuntone di filo per individuarle e tirarle fuori soltanto dopo l’ispezione. È un’acquavite ottenuta dalla distillazione di pregiate vinacce di fine settembre inizio ottobre, perché la materia prima deve essere molto fresca.
Quando, verso la fine della nostra degustazione, portano un vassoio pieno di dolci dei maestri pasticceri Tre Janas, non esitiamo un solo attimo ad assaggiarli e gustarli: gli amaretti, i pabassini con la glassa, le tiricche, i savoiardoni sardi e gli anicini di soffice pan di Spagna. Tutti della tradizione sarda, dolci secchi quasi sempre a base di pasta di mandorle.
Michela Marconi, Anna Onori, Henos Palmisano
Foto di Michele Martusciello
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