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Addio a Marco Cianca, noto giornalista romano

Nato nell’agosto del 1953, Cianca aveva mosso i primi passi della sua brillante carriera nel mondo dell’informazione al Messaggero, per poi approdare al Corriere della Sera

È venuto a mancare oggi, nella sua casa di Roma, il giornalista Marco Cianca, dopo una breve e inesorabile malattia. Cianca lascia un vuoto profondo nella vita della compagna Laura e del figlio Mario, ma anche nel mondo del giornalismo italiano, che perde una figura di straordinario spessore umano e professionale.

Nato nell’agosto del 1953, Cianca aveva mosso i primi passi della sua brillante carriera nel mondo dell’informazione al Messaggero, per poi approdare al Corriere della Sera, dove ha lavorato per decenni, affermandosi come uno dei suoi pilastri.

Al Corriere, Marco Cianca ha percorso una carriera straordinaria, inizialmente concentrandosi su temi economici e sindacali, per poi assumere ruoli di crescente responsabilità.

È stato capocronista della sezione dedicata alla cronaca cittadina, un ruolo chiave che ha saputo interpretare con passione, competenza e rigore.

Successivamente, è diventato capo redattore centrale, dove ha gestito una delle posizioni più delicate e nevralgiche della redazione, guidando con mano sicura il lavoro quotidiano di una delle più importanti testate nazionali.

Oltre al suo lavoro al Corriere della Sera, Cianca ha collaborato con Il Diario del lavoro, dove ha curato con grande acume e attenzione la rubrica “Il guardiano del faro”. La sua penna, sempre brillante e pungente, era caratterizzata da una rara capacità di coniugare ironia e profondità, sensibilità e spirito critico.

Marco Cianca non era solo un cronista appassionato, ma anche un osservatore attento e riflessivo della realtà sociale, con una spiccata attenzione per le questioni legate ai diritti, alle disuguaglianze e alla difesa delle fasce più deboli della società.

La sua passione per le battaglie sociali si intrecciava con le radici della sua famiglia, da sempre impegnata nel contesto antifascista e nella costruzione dello Stato italiano nel dopoguerra, valori che Marco ha portato avanti con dedizione e coerenza.

L’Associazione Stampa Romana, attraverso una nota ufficiale, ha espresso il suo profondo cordoglio per la scomparsa di Marco Cianca, definendolo “un collega autorevole, rigoroso, libero e generoso”, che ha rappresentato per anni una vera e propria colonna portante del Corriere della Sera.

In particolare, l’Associazione ha ricordato i ruoli di grande responsabilità che Cianca ha ricoperto, come quello di capocronista e capo dell’ufficio romano, ruoli che ha svolto con grande professionalità e umanità.

Le condoglianze sono state rivolte con affetto ai suoi familiari, e in particolare alla sorella Sonia, anch’essa giornalista, nota per il suo lavoro al TG de La7.

La perdita di Marco Cianca segna la fine di una carriera straordinaria e di una vita dedicata al giornalismo, vissuta sempre con profondo impegno civile e passione per la verità.

Il suo ricordo resterà vivo non solo tra i suoi colleghi, ma anche tra tutti coloro che hanno avuto il privilegio di leggere i suoi articoli e apprezzare il suo lavoro, che ha contribuito a raccontare e interpretare le dinamiche della società italiana con intelligenza e sensibilità uniche.

Alcune testimonianze

Di Marco Cianca ho due o tre ricordi indelebili.
Le sue telefonate nel cuore del caso Polverini, quando per il Corriere seguii tutta la vicenda della lista del Pdl saltata: ero ai primi servizi importanti per il nazionale e Marco mi diede fiducia, attenzione, cura, umanità (quando mi concesse mezza giornata per andare al funerale di mio zio).
Una volta quando me lo ritrovai, insieme a Corrado Ruggeri, a guardarmi le spalle nei pressi di piazza Venezia perché sapeva che sarei andato ad intervistare un tipo che aveva la fama di essere (stato) prericoloso. Li vidi con la coda nell’occhio, quando risalii al giornale glielo chiesi: “Ma che ci facevate giù?”. E loro due: “Non si sa mai Ernè, noi quei tipi lì li conosciamo”.
E l’ultima volta quando lo incontrati sul marciapiede di via del Tritone, davanti al Messaggero, quando mi disse che – un giorno – gli sarebbe piaciuto salire su in redazione, visto che al Messaggero aveva iniziato prima di passare al Corriere e che non ci aveva più messo piede. Non siamo riusciti a farlo Marco, ma i tuoi insegnamenti resteranno con me per sempre. Ernesto Menicucci

Apprendo della scomparsa di Marco Cianca. Collega bravissimo, persona amabile, ironica, generosa. Ci siamo conosciuti da cronisti sindacali. Lo stimavo molto. Mi dispiace! Paolo Serventi Longhi

Marco è stato un maestro, un amico, uno sprone. A volte non si sentiva capito per il suo carattere forte e diretto ma chiunque l’abbia conosciuto ne ha apprezzato le straordinarie capacità e un polso e una lungimiranza nel guidarci che ha pochi termini di paragone. Mi mancherai, caro Marco (battibecchi compresi). Antonella Baccaro

Conoscevo Marco dall’infanzia una persona rigorosa, disponibile, un grande professionista. Ci mancherà. Ubaldo Pacella

Non ci vedevamo da parecchio, ma quando ci affacciammo allo stesso mestiere (l’esame da prof nell’estate del ’77, un anno pesante a Roma) riuscivamo a scambiarci commenti, idee, perplessità e dubbi. Una persona sensibile, una carriera solida e meritata non senza fatica. E’ tra i migliori ricordi umani di un ambiente che, in genere, non lascia molto; ma il ricordo che ho è quello di un amico di valore. Michele Checchi

CIAO MARCO. UN GRANDE AMICO DELLA FONDAZIONE BRUNO BUOZZI
(DAL CORRIERE.IT) Marco Cianca è andato via. E per chi ha vissuto e condiviso anni, decenni di vita e di lavoro con un amico, è difficile trovare parole che trasmettano e raccontino qualcosa di lui. Qualcosa di non banale. Scovare tra i tanti ricordi di giornate belle e di tempi difficili, anche di tensioni e discussioni, come è normale che avvenga tra amici che non si nascondono niente.
Marco era un uomo colto, sicuramente il migliore di tanti di noi, generoso e disponibile. Al Corriere della Sera ha dedicato la sua vita e le sue energie, molte e molte energie. Si è speso in ogni modo, un modo talvolta anche spigoloso e insistente, fastidioso per chi non capiva o non voleva capire o faceva finta di non capire cosa c’era dietro, quanta puntigliosa cura mettesse nel gestire anche il pezzo più insignificante.
Finché non si convinceva che una parola, un aggettivo, un titolo, una collocazione era quella giusta, non si dava pace, telefonava, discuteva, insisteva. Battaglie vinte, battaglie perse. Ma sempre per un giornale che era dentro di lui, che ha vissuto in modo viscerale, indissolubile dall’altra parte della sua vita, quella privata. Una vita privata che, come sa chi fa questo mestiere, è spesso schiacciata, piccola, sacrificata. Oggi raccontare aneddoti significherebbe parlare più di me o di altri che di lui e quindi non ne voglio far cenno, ma se penso a quante volte gli ho chiesto aiuto – dentro e fuori il giornale – sento di avere un debito enorme. Un debito che non potrò mai ripagare.
Marco ha fatto molte cose al Corriere. Ne è stato capocronista e Capo dell’Ufficio Romano, ha gestito situazioni delicate, quelle che hanno a che fare con il mondo complesso e vischioso della politica. Quel lavoro lo ha fatto bene, ha fatto il capo e, come tutti i capi ha sofferto la solitudine di un ruolo che il suo carattere talvolta aumentava. Negli ultimi anni, ha ritrovato l’amore accanto a Laura, la compagna che gli ha regalato una seconda vita, ha stemperato, addolcito e fatto riemergere le cose più belle di un uomo limpido, pulito, libero. Un uomo che ha amato e sostenuto in ogni modo Mario, il suo adorato figlio che stava per dargli la gioia di un nipotino. Marco non potrà conoscerlo ma gli racconteremo che nonno formidabile avrebbe avuto, un nonno buono. Giorgio Benvenuto


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