Ecco cos’è oggi Ponte di Nona

Mancanza di sicurezza, lontananza dalle istituzioni, assenza di punti di aggregazione e dei servizi di base

Ponte di Nona, ad un occhio poco attento, potrebbe sembrare un quartiere “nuovo” come molti altri. Uno di quelli nati dal boom edilizio di inizi 2000, una di quelle oasi nel deserto messe su dai costruttori romani, spesso in fretta e furia.
Ponte di Nona però non è solo questo.

Questo quartiere è uno dei più giovani di Roma, nasce come quartiere “residenziale” che si traduce con “privo di servizi” e sicuramente di aggregazione ed è proprio qui che le giovani coppie si sono dirette alla ricerca di un buon compromesso tra affitti “abbordabili” (che poi abbordabili non sono) e vicinanza al centro della città.

Un quartiere che dovrebbe brulicare di vita e di attività, dovrebbe appunto.
La realtà dei fatti è semplice quanto avvilente, Ponte di Nona è un quartiere dormitorio. I suoi cittadini prima della pandemia vivevano le proprie vite altrove, rintanandosi nelle loro case a sera, senza vivere il quartiere che le ospitava e senza talvolta neppure accorgersi dei disagi che esso nascondeva.
La pandemia ha fatto sì che i quartieri della periferia, come Ponte di Nona, venissero vissuti a pieno e che tutte le contraddizioni e i problemi che in essi si racchiudono venissero messe in luce, sotto gli occhi dei cittadini.
Mancanza di sicurezza, lontananza dalle istituzioni, mancanza di punti di aggregazione, mancanza dei servizi di base… Questa è Ponte di Nona.

Un centro commerciale che fagocita le spese dei cittadini, uccidendo l’iniziativa dei piccoli commercianti e ergendosi come unico punto di aggregazione per i giovani rende le strade del quartiere praticamente deserte.
Le sole attività commerciali che resistono di snodano tra viale Caltagirone (si, cognome del costruttore della maggior parte degli edifici di zona) e via Raoul Chiodelli, vie che corrono parallele come due piste di atterraggio e che portano al Centro Commerciale Roma Est, crocevia degli spostamenti in entrata al quartiere.
A Ponte di Nona c’è un casello autostradale a sancire l’entrata sulla A24.
Un Casello che non fa altro che rimarcare la lontananza di questo quartiere da Roma (si, qui ancora si dice vado a Roma per indicare uno spostamento verso il centro città). Euro 1.30 a passaggio, 2.60 al giorno che i cittadini pendolari (perché di questo si tratta) spendono ogni giorno per raggiungere i propri posti di lavoro.
I cittadini che non prendono l’autostrada sono costretti a passare ore nel traffico per uscire dal loro quartiere, per via di un sistema di infrastrutture stradali pensato per una diffusione abitativa molto meno densa di quella attuale.

Le strade del quartiere sono ridotte a buche e dossi create da anni di incuria da parte dell’amministrazione.
La notte queste strade sono al totale sbando, di sovente mi capita di leggere e di sentire dalla viva voce dei cittadini di automobili rubate, cannibalizzate alla ricerca di questo o quel pezzo di ricambio.
Le case private spesso sono vittima di tentativi di effrazione e ruberie varie.
Tutti episodi che sempre più hanno fatto crescere nei cittadini un senso di insicurezza e paura.

Ponte di Nona è anche lungo un parco archeologico splendido, purtroppo ancora precluso ai cittadini.
Tutti questi elementi, insieme alla totale assenza di luoghi culturali e di aggregazione, fanno si che in questo quartiere la disaffezione alla politica tocchi vette incredibili.
In pochi credono ancora nella politica e nell’amministrazione, in ancora meno credono nelle istituzioni.
Una situazione alla quale il Municipio, Roma, la Regione ed il Governo centrale dovrebbero tentare di porre un rimedio.

Un territorio che ha bisogno di essere ascoltato e curato, per permettere ai suoi cittadini di non sentirsi cittadini di serie B, perché Roma non può permettersi di lasciare indietro nessuno.
Forse questa sarà la volta buona.

Luca Bellino


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