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Giacomino Losi e i quartieri in giallorosso di Alvaro Colombi. Un ricordo

Il nostro incontro con “Er core de Roma” ed alcune pagine di un nostro libro in cui si parla di lui

Mi piace rinnovare il ricordo indelebile di un evento in cui ebbi il privilegio di conoscere Giacomino Losi, “Er core de Roma”. 

Da sin. Colombi, Guarnacci e Losi

Fu lunedì 28 settembre 2009, a Roma, in una affollata Sala Rossa del X Municipio in piazza Cinecittà, dove, in collaborazione con l’Unione Tifosi Romanisti, si tenne la presentazione del libro Quartieri in giallorosso di Alvaro Colombi (Edizioni Cofine, 2009).

Oltre all’autore, purtroppo anche lui scomparso, intervennero il presidente del Comitato Pari Opportunità e Commissione Sport Flavia Leuci, il compianto ex assessore capitolino allo sport Giuliano Prasca, i giornalisti Nicola Capozza e Massimo Izzi, il presidente dell’UTR Fabrizio Grassetti ed io naturalmente in veste di editore.

(Qui il resoconto di quell’evento https://poetidelparco.it/quartieri-in-giallorosso-a-cinecitta/)

In quell’occasione ci furono due testimonianze, la prima dell’ex mediano della Roma Guarnacci e l’altra di Losi che infiammò il pubblico, in una sala gremitissima, criticando il calcio esasperato ed irruento di oggi, la mancanza di rispetto e di buona educazione. “Noi – disse – ci battevamo contro le altre squadre da avversari e non da nemici, duramente ma altrettanto lealmente. Il calcio deve ritornare una palestra istruttiva per i nostri giovani”. 

Al termine Guarnacci e Losi si fermarono gentilmente per firmare gli autografi. 

Quartieri in giallorosso di Alvaro Colombi (Edizioni Cofine, 2021) si può leggere gratuitamente a questo link

https://poetidelparco.it/pdf/Quartieri-in-Giallorosso-EBOOK.pdf

Ed ecco alcune pagine del libro dedicate a Giacomo Losi

Giacomo Losi all’Adriano 

Il cinema mi è sempre piaciuto e la passione vera, quella che mi spinge ad andarvi almeno una volta la settimana, nasce tra il 1960 e il 1961, complici film italiani come La grande guerra, Tutti a casa e Una vita difficile. Una trilogia in bianco e nero di tre maestri della commedia all’italiana (Monicelli, Comencini e Risi), che non nasconde l’intento di far conoscere meglio ai giovani parte della storia del nostro paese che, ancora adesso, i programmi scolastici non riescono quasi mai a svolgere compiutamente. 

Non mi capita spesso, anzi quasi mai, di andare al cinema dopo aver visto la partita. Perciò, anche per questo, la domenica dell’8 gennaio del 1961 è una giornata che ricordo bene. 

A casa dopo l’uragano è il mio primo film del nuovo anno, un film americano di Vincente Minnelli con Robert Mitchum, la bellissima Eleonor Parker e un giovanissimo George Peppard al suo esordio. 

Gli amici mi dicono che i cinema di piazza Cavour, l’Adriano e l’Ariston, sono frequentati spesso dai giocatori della Roma. Ma non mi sarei mai aspettato, quella domenica sera, di vedere in sala, all’Adriano, Giacomo Losi e signora. Non riesco a capacitarmi che l’eroe di quel pomeriggio all’Olimpico, seduto la fila avanti alla mia, benché ami il cinema, si limiti a guardare il film senza rivivere le emozioni che gli ha riservato quella giornata straordinaria. 

386 partite, una sola ammonizione 

Il linguaggio sportivo si avvale spesso di espressioni retoriche. Parlando di Giacomo Losi, però, quel calciatore non tanto alto, dall’andatura ciondolante, acquistato dalla Cremonese per 500 mila lire, che a diciannove anni lascia Soncino1 per tentare la fortuna nella Capitale, l’uso della retorica è più che giustificato, sia riguardo all’uomo che allo sportivo. 

La sua prima partita con la Roma la gioca nel campionato 1954-55. Ne seguiranno altre 385 e Giacomo non conoscerà altre maglie che quella giallorossa. Solo Francesco Totti ha fatto meglio di lui quanto a presenze nella squadra capitolina. Non, finora, quanto a minuti effettivi giocati. 

Giocatore tenace, grintoso, veloce, fortissimo in acrobazia e nel gioco aereo (mai visto “staccare” così un calciatore sotto il metro e settanta), implacabile nella marcatura a uomo, la sua grande dote è l’anticipo. Nella Roma gioca da centromediano, nella Nazionale lo fanno giocare terzino, sulla fascia destra. Memorabile, nel corso di un’Italia-Spagna, il suo duello in velocità con Gento, “la galema del cantabrico” che correva i 100 metri in 11”5, tanto da essere chiamato “gentometrista”. 

L’asso spagnolo non segna, non riesce quasi mai a crossare dal fondo, sempre chiuso alla perfezione da Giacomino, un colosso, a dispetto della sua statura. 

Ma la cosa più stupefacente della carriera di Giacomo Losi è legata al suo comportamento in campo: una sola ammonizione e mai una espulsione o squalifica in 386 partite! La sua unica ammonizione se la procura il 24 novembre 1968, durante l’incontro Verona-Roma, vinto dagli scaligeri per 2 a 0, per un fallo su Bui o forse Traspedini (non ricordo bene), giocatori che lo sovrastano di oltre venti centimetri. 

Giacomino non lo sa ma per lui quella sarà l’ultima partita della sua carriera. Herrera non lo ama, si è sempre capito, e lo dimostra mettendolo fuori squadra dopo appena otto giornate di campionato. Proprio lui, simbolo e bandiera della squadra giallorossa, “er core de Roma”, il gagliardo e generoso capitano. Losi non giocherà più e quella sua ammonizione, rimediata dopo 385 partite, sarà la prima e l’ultima della sua carriera. 

Il suo rimane un record da inserire in tutti i manuali di educazione sportiva ad uso dei giovani. Un record incredibile, soprattutto se si considera che Losi è giocatore che non fa sconti a nessun avversario. La sua “cattiveria” agonistica, però, non sconfina mai nella scorrettezza plateale, nell’entrata “a far male”, né si manifesta con parole fuori le righe all’indirizzo di giocatori o arbitri. Il suo profondo rispetto per l’avversario e per le decisioni arbitrali, seppure discutibili, ne fanno uno dei giocatori di più grande lealtà sportiva che abbiano mai calcato i campi di calcio. 

Concetto Lo Bello ha la fama di arbitro severo. In campo non permette confidenze ed è restio al dialogo coi giocatori ai quali, anzi, si rivolge indistintamente con il “lei”. Un’inflessibilità che cede talvolta all’autoritarismo, procurandogli le critiche della stampa e le antipatie degli addetti ai lavori. Qualcuno parla di mania di protagonismo. Forse è così, però nei riguardi di Losi l’arbitro di Siracusa ha un contegno diverso. 

Me ne accorgo durante un Roma-Milan vinto dalla squadra rossonera per 1 a 0, dopo che la Roma ha dominato tutta la partita e Ghezzi ha salvato il risultato con parate strepitose. Lo Bello, emesso il triplice fischio non si dirige verso gli spogliatoi ma va incontro al capitano giallorosso, visibilmente contrariato, che in un gesto di stizza (l’unico che gli ho visto fare in tanti anni) scaraventa in aria i suoi parastinchi. Io, recuperati i preziosi “accessori” (veri oggetti, oggi, di antiquariato calcistico), mi trovo nei pressi. L’arbitro gli tende la mano. “Giacomino, mi dispiace tanto, non lo meritavate, purtroppo questo è il calcio”. Per uno che non è mai andato oltre la normale e protocollare stretta di mano è il massimo dell’espansività. Veramente, di più non si può. 

A Giacomo Losi, quella prima domenica di gennaio del 1961, i tifosi devono una delle partite più intense ed emozionanti mai viste all’Olimpico: Roma-Sampdoria. 

Il terreno è pesante, in alcune porzioni molto fangoso, e lo sforzo dei giocatori col passare dei minuti si fa più duro. Nel secondo tempo il capitano giallorosso avverte uno strappo alla coscia destra, non ci sono sostituzioni e lui, anziché rientrare negli spogliatoi, rimane in campo spostandosi, pressoché inutilizzabile, all’ala sinistra. Quando Lojacono batte un calcio d’angolo per la Roma dalla parte della “Tevere-Sud” siamo sul 2 a 2 e mancano cinque minuti alla fine. Il pallone, tagliato, piove nell’area piccola e Losi, che si è portato al centro, sebbene claudicante, stacca più in alto di tutti, compagni e avversari, e lo butta dentro. È il gol vittoria: una vittoria insperata, maturata in circostanze avverse e per merito di uno stoico e combattivo capitano che ci ha sempre creduto. Sugli spalti è un tripudio. L’esultanza di qualche tifoso (“Grazie Losi, grazie Roma!”) anticipa di anni, anche nello spirito, il più bell’inno che sia mai stato scritto per una squadra di calcio. Dopo quella partita Losi, ventisei anni, cremonese, per i tifosi giallorossi diventa “er core de Roma”, un riconoscimento eccezionale per un non romano. Lui non lo scorderà mai. 

Circa sei anni dopo la “mitica” partita con i doriani la Roma affronta all’Olimpico il Lanerossi Vicenza. Losi si infortuna verso la metà del primo tempo: ancora guai muscolari. Anche stavolta, con l’aiuto di una vistosa fasciatura elastica sulla coscia, decide di rimanere in campo, ma il miracolo con la Samp non si ripete. La partita finisce 0 a 0. I suoi conti con le reti avversarie, del resto, li aveva chiusi l’anno prima allo Zaccheria di Foggia, segnando il suo secondo e ultimo gol in carriera con un tiro da quasi trenta metri, complice lo stralunato portiere foggiano Moschioni.

Da Quartieri in giallorosso di Alvaro Colombi edito nel 2009 e riedito nel marzo 2021 in versione ebook a questo link

https://poetidelparco.it/pdf/Quartieri-in-Giallorosso-EBOOK.pdf

QUARTIERI IN GIALLOROSSO Il libro rievoca ricordi d’infanzia e d’adolescenza, attraverso vive emozioni, vissute in diversi quartieri della città, in una sapiente miscela che sa contenere le due forti passioni dell’autore, quella civile e dell’impegno politico e quella per la “Magica”. Il racconto si snoda, attraverso episodi, così veri ed autentici da sembrare frutto di fantasia. Si tratta invece di una realtà che, oggi, purtroppo, ci appare per certi versi fiabesca.

ALVARO COLOMBI (Roma1947-2017) è stato dipendente capitolino, giornalista pubblicista, studioso della Roma del Seicento, appassionato di letteratura e di cinema.

Si è interessato di politica locale collaborando, attraverso rubriche proprie, con diverse riviste quali: “In Comune”, “Buongiorno Roma”, “L’attualità”, il mensile “Abitare A” e il giornale on line “abitarearoma.it”.


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