Il liceo Benedetto da Norcia piange la scomparsa di Doriana Abbruciati
Roma, 1 giugno 2021. Doriana non ce l’ha fatta. Il nemico implacabile che si portava dietro, e che soltanto pochi mesi fa si è manifestato con tutta la sua travolgente violenza, ha stroncato anche la sua robusta fibra di docente di scienze motorie (una volta si diceva: educazione fisica) e, proprio ieri mattina, lunedì 31 maggio, abbiamo appreso con sgomento e dolore la notizia della sua morte.
Doriana Abbruciati lascia, ai suoi colleghi che, chi più chi meno, hanno lavorato con lei fianco a fianco per lunghissimi anni (un buon quarto di secolo) all’interno del liceo Benedetto da Norcia, un patrimonio di ricordi e di esperienze difficilmente cancellabili. Io personalmente, già presente quando lei giunse (anno scolastico 92/93 o quello successivo?) e che ho festeggiato, insieme agli altri, il suo pensionamento nel 2018, ho avuto la fortuna di esserle collega nella medesima sezione B.
Centinaia di incontri, innumerevoli riunioni di collegio docenti, di consigli di classe, di consigli d’istituto; e poi assemblee con gli alunni, con i genitori, e tutte quelle cose e quei colloqui inevitabili e indispensabili per la gestione ordinaria e straordinaria di una grande istituzione scolastica, non priva di problemi e di quotidiani accidenti da risolvere, rappresentata dalla nostra amata scuola Benedetto da Norcia.
Ma ciò costituisce la cornice esteriore, istituzionale, che accomuna i docenti che operano nella stessa realtà e alle prese con la medesima “materia” umana (gli alunni nella loro più importante fase di crescita e di formazione affettiva, cognitiva, relazionale); vi è poi, ed è essenziale, il rapporto umano, quell’amicizia che ti lega per sempre ad una persona, quale era Doriana, per la quale non è affatto una scelta retorica impiegare parole quali sensibilità, bontà, indulgenza, attitudine e abitudine all’ascolto e al consiglio disinteressato.
Doriana, per me, era l’incarnazione di quel modello di “lavoratore della scuola” che considera normale, naturale, l’essere la scuola la sua seconda o addirittura prima casa: sempre presente, sempre attenta e disponibile, sempre pronta ad intervenire in casi di incidenti e di infortuni, la più sollecita nei confronti degli alunni “difficili” e problematici, la più materna e comprensiva nei confronti delle esigenze “extra-didattiche” di giovani e giovanissimi studenti alle prese con i problemi tipici dell’adolescenza.
Doriana, in quanto consapevole membro di una categoria spesso bistrattata e additata quale corresponsabile degli odierni mali della gioventù e della società nel suo complesso, era orgogliosa del suo mestiere, e nello stesso tempo umile nell’accettare tutte quelle incombenze, non previste a livello normativo e contrattuale, ma necessarie per poter svolgere al meglio i nostri compiti di educatori e formatori, prioritari rispetto a quelli di trasmettere conoscenze e competenze pur importantissime.
Sapeva, la nostra Doriana, che non si può essere buoni insegnanti senza essere bravi psicologi e, a volte, assistenti sociali. Doriana era, perciò, una rappresentante di quella “umile Italia” che, cantata a suo tempo da Dante e rievocata e rimpianta dopo secoli da Pier Paolo Pasolini, costituisce il fondamento indispensabile e necessario per la nascita, la crescita e la diffusione di quelle eccellenze di cui meniamo giustamente vanto nel mondo.
Così come gli agricoltori, gli operai, gli artigiani che producono beni che poi vengono utilizzati e trasformati e trasfigurati da artisti, scienziati e “cervelloni” di ogni sorta in ogni campo dell’attività produttiva del Paese, anche gli insegnanti, i buoni e umili insegnanti come lo è stata Doriana, partecipano di questa base, di questo zoccolo duro che sorregge e sostanzia ciò che di meglio viene prodotto a livello nazionale e che rende speciale la nostra nazione nel consesso internazionale.
Perché noi produciamo, dobbiamo tutti esserne consapevoli, quel bene immateriale che si chiama coscienza individuale, che si chiama coscienza civica, che si chiama cultura. La scuola, con il lavoro dei suoi umili docenti e operatori, si prende cura del Paese e il Paese, a sua volta, auspichiamo che si prenda cura della scuola, come non sempre purtroppo è stato.
Infine, carissima Doriana, nel salutarti per l’ultima volta, ti rendiamo un commosso omaggio per quell’essere normale e, nello stesso tempo, speciale che sei sempre stata e, (parafrasando le parole di quell’altro grande Maestro che ci ha lasciati qualche giorno fa), poiché non siamo riusciti ad aver cura di te in questi tristissimi mesi di malattia, avremo cura della tua memoria, custodendola per il resto dei nostri giorni nei nostri cuori e nei nostri intelletti.
Francesco Sirleto
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Caro Prof. ancora una volta è, suo malgrado, foriero di spiacevoli notizie; la nostra sensazione, che siamo stati vostri allievi, è quella di ricevere uno scossone ad una parte della nostra storia. Un movimento tellurico che coinvolge non solo ricordi che possono essere annoverati tra quelli più cari, ma anche una parte dei noi che è stata plasmata dal vostro lavoro e che ora, nella consapevolezza che queste notizie ci portano, è chiamata ad essere partecipe e sempre presente nel cammino che ci apprestiamo a fare ogni giorni. Con affetto, le invio i miei più cari saluti. Doriano
Grazie per le tue belle parole. Un carissimo saluto.
Francesco Sirleto