La terribile e sublime armonia del Requiem di Verdi

La musica del Giorno del Giudizio all'Auditorium Parco della Musica nel concerto diretto da Antonio Pappano
Le note del Requiem di Verdi, grandiosa composizione religiosa di vasto e complesso impianto narrativo e di inimmaginabile potenza drammatica, scritta dal Maestro di Busseto per rendere omaggio alla memoria di Alessandro Manzoni nel primo anniversario della sua scomparsa (22 maggio 1873 la morte di Manzoni, l’anno successivo l’esecuzione del Requiem nella chiesa di San Marco a Milano), hanno colpito ripetutamente “come tante staffilate” il numerosissimo pubblico, accorso questa sera di domenica 4 febbraio 2024 all’Auditorium Parco della Musica per ascoltare uno dei più attesi concerti di tutta la stagione 2023/2024.
Diretti da un Antonio Pappano in ottima forma, l’Orchestra e il Coro di Santa Cecilia (entrambi nella completezza di tutti i loro elementi, vale a dire alcune centinaia di artisti), unitamente a quattro solisti di livello mondiale (la soprano Masabane Cecilia Rangwanasha, la mezzosoprano Elina Garanca, il tenore Seok Jong Baek, il basso Giorgi Manoshvili), hanno dato vita, di fronte ad un foltissimo pubblico che ha occupato tutti i posti disponibili nella grande Sala Santa Cecilia, ad un evento memorabile, di forte impatto emotivo, destinato a rimanere, negli annali dell’Accademia, come una delle più belle pagine della sua lunghissima e prestigiosa storia.
L’esecuzione del Requiem verdiano, per il quale occorrono da sempre una complessa organizzazione e professionalità e competenze di sperimentato valore, esige infatti la capacità di trasmettere (da parte degli artisti), e di immedesimarsi (da parte degli ascoltatori), nella particolare e irripetibile situazione dell’anima umana di fronte alla morte e, soprattutto, al mistero costituito dal passaggio dalla temporalità alla dimensione dell’eterno. Un mistero che, per i credenti ma anche per i non credenti, comporta inquietudine, dubbio, angoscia e pentimento.
La musica, molto più che altri generi artistici (per non parlare del pensiero astratto, del tutto inadatto a render conto del groviglio dei sentimenti e delle emozioni generato dall’approssimarsi della morte) è la sola forma in grado di descrivere e, nello stesso tempo, di trasfigurare e volgere in bellezza quella drammatica e vertiginosa situazione esistenziale.
Verdi, in questo Requiem e in particolare nel secondo, lunghissimo movimento (Dies irae, che a sua volta si dispiega in una Sequentia di ben 9 momenti) è riuscito, da grande creatore di melodrammi ma poco avvezzo alle grandi composizioni a forte impronta strumentale, non solo a reggere il confronto con i Requiem o con le Messe solenni di altri illustri autori (Mozart, Cherubini, Brahms, Berlioz), ma anche a fornire una superba e orgogliosa risposta a tutti coloro, anche in Italia, che, in quel periodo di tempo, mettevano polemicamente in contrapposizione la sua opera, legata a schemi “superati” e “passatisti”, alla nuova e grande musica (la sapiente e innovativa sintesi wagneriana di melodramma e sinfonia) proveniente dalla Germania.
Verdi, senza tradire se stesso e la sua storia, riuscì a creare, con il Requiem, una perfetta mescolanza tra il linguaggio teatrale moderno e l’antica scienza polifonica dello stile sacro elaborata da Giovanni Pierluigi da Palestrina. E, comunque, la natura più propriamente teatrale di Verdi si rivela e prende il sopravvento nel potente e tremendamente sublime “Dies irae”: qui il Maestro di Busseto descrive in maniera quasi visiva, da artista consumato (sicuramente ispirato dalle potenti e tormentose e muscolari immagini del Giudizio universale di Michelangelo), l’emozione dell’essere umano di fronte alla lotta finale tra il bene e il male, la catastrofe del mondo ridotto in cenere, il terrore suscitato dalla visione del Giudice supremo, il fragore delle trombe che annunciano la resurrezione dei corpi, la paura delle punizioni dei peccati commessi, le grida e le disperate invocazioni di pietà. Tutte le più angoscianti immagini sono prodotte attraverso effetti orchestrali che sconvolgono e tramortiscono. Ma questi momenti di stupefacente intensità emotiva del “Dies irae” si stemperano nei momenti di profonda liricità e commozione dell’Agnus Dei, della “Lux aeterna” e, in parte, dell’ultimo movimento, quel bellissimo “Libera me”, per soprano e orchestra, invocante la liberazione dalla morte eterna e una perpetua luce che risplenda su tutta l’umanità liberata dalle catene del peccato.
Un’ora e mezza (tanto è durata l’esecuzione del Requiem verdiano) di totale impetuoso coinvolgimento emotivo e di immobile e struggente attesa degli sviluppi di una “sacra rappresentazione” evocata dalla possente, terribile, apocalittica e sublime sinergia tra le varie voci degli strumenti orchestrali, del coro e dei quattro magnifici solisti, sapientemente guidati da un Direttore da annoverare tra i massimi talenti del panorama musicale mondiale.

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