Salvare dalla rovina il Casale della Bottaccia

Su Via di Castel di Guido (già Via Aurelia), pochissimi chilometri prima dell’antico borgo di Castel di Guido, si trova, a ridosso della strada, l’antico Casale della Bottaccia (cosiddetto dal toponimo del luogo, che figura nelle carte dell’Agro romano e che deriva dalla presenza di una grande cisterna di oltre 7 metri di diametro), edificato dove anticamente sorgeva Lorium, la prima stazione di posta per il cambio dei cavalli, al XII° Miglio della Via Aurelia.

A Lorium c’era la villa (non ancora individuata) dell’Imperatore romano Antonino Pio, che vi morì nell’anno 161, dopo essere ritornato dall’Oriente, colpito da una grave malattia, e dove passò parte della sua giovinezza il figlio adottivo Marco Aurelio, che ne sposò la figlia Faustina e gli successe come Imperatore.

All’inizio del IV sec. Lorium diventa Sede Vescovile e nel secolo seguente è aggregata alla Diocesi di Selva Candida (assumendone la denominazione) dal toponimo del luogo (Sylva Candida) lungo la Via Cornelia (attuale Via Boccea) nel quale erano state martirizzate le giovani patrizie romane Rufina e Seconda nell’anno 260, sotto l’Imperatore Gallieno (la Cattedrale, dedicata alle due sorelle martiri si trovava al VIII miglio della Via Cornelia). Nel VI secolo Diocesi di Selva Candida assorbe il territorio della estinta Diocesi di Acquaviva.

Nella metà del VII secolo a Lorium è realizzata una importante domus culta (una delle fattorie volute nel 746 dal Papa Zaccaria per rifornire Roma di generi alimentari).

Nel 830 e 846 ci sono nella campagna romana le cruente scorrerie dei Saraceni, sbarcati a Porto, che saccheggiano anche le basiliche di San Pietro e di San Paolo, ubicate fuori delle mura aureliane, fatte costruire nella seconda metà del III secolo dall’Imperatore Aureliano. Pertanto tutti gli abitati esterni a Roma, compresi quelle delle Diocesi di Porto e di Selva Candida, sono abbandonati dagli abitanti, che riparano nella Città Santa. In seguito, lentamente, la popolazione ritorna nell’agro romano.

Nel 1120, durante il Pontificato di Papa Callisto II, la Diocesi di Selva Candida (già Lorium) è aggregata a quella di Porto (attuale Fiumicino), con la nuova denominazione di Diocesi di Porto – Santa Rufina, diventando Diocesi Suburbicaria di Roma (cioè contigua a quella di Roma, di cui è suffraganea), tuttora esistente, con cattedrale nella località di La Storta, in Via Cassia n. 1286.

Nella zona di Castel di Guido sorgevano varie ville. Particolarmente interessanti sono le ville dette delle Colonnacce ed Olivella, i cui resti sono stati in gran parte scavati dal Gruppo Archeologico Romano-GAR, al quale la Sovrintendenza archeologica ha affidato la gestione, con l’apertura al pubblico in determinate occasioni. In particolare sono stati rinvenuti in una delle due ville pezzi dell’affresco parietale di un ambiente, che è stato ricomposto nel Museo archeologico nazionale di Palazzo Massimo in Piazza della Repubblica.

I resti delle costruzioni romane sono ancora visibili nel momento dell’aratura dei campi (fino ad alcuni decenni fa si potevano rinvenire anche tessere di mosaico!).

Il Casale della Bottaccia è menzionato in alcuni documenti del XIV secolo come appartenente alla Chiesa di S. Maria in Aquiro.

Nel XVI secolo diventa proprietario del Casale il monastero di S. Gregorio al Celio ed in seguito l’Ospedale di S. Spirito, già proprietario di vasti latifondi nella zona della Via Cornelia (ora Via Boccea).

Nel XVII secolo il Casale diventa proprietà dei Doria che costruiscono una cappelletta dedicata a S. Antonio Abate (probabilmente per favorire l’osservanza del precetto pasquale da parte dei contadini, come si andava facendo in quel periodo nell’agro romano) ed un’infermeria in seguito al diffondersi della malaria. Probabilmente per questo motivo i Doria decidono di usare la struttura solo come casino di caccia.

Nel Settecento, in seguito a degli scavi sono rinvenuti un sarcofago scolpito raffigurante la contesa tra Marsia ed Apollo, ed alcune statue, portate ai Museo Clementino in Vaticano, per volontà del Papa Pio VI.

All’inizio del Novecento la proprietà del Casale passa ad un privato che la cede all’inizio degli anni cinquanta ad una società italo-svizzera, la quale poi la vende all’INPDAI. Con la riforma degli Enti previdenziali, che sono sciolti e confluiscono nell’INPS, questo Ente ne è l’attuale proprietario.

Il Casale da decenni in abbandono 

Da molti decenni il Casale, pur essendo un bene vincolato dalla Sovrintendenza,  versa in uno stato di completo abbandono, che ne ha causato la rovina totale del tetto e di parte delle mura e dei solai interni. È un vero peccato che il Casale, che rappresenta un bellissimo esempio di villa fortificata del XIV secolo, vada in completa rovina.

Una proposta per recuperare il Casale  potrebbe essere  quella di allargare la Riserva Naturale Statale del Litorale Romano (istituita con il Decreto ministeriale del 29 marzo 1996 su 15.900 ettari, da Palidoro a Capocotta), che arriva fino a Via Sodini (la strada principale del borgo di Castel di Guido) in modo da comprendere tutta la zona compresa tra la Via di Castel di Guido e la Via Aurelia. In questo modo il Casale, una volta restaurato (eventualmente con fondi regionali) potrebbe essere la sede della Riserva nel Municipio 13, svolgendo sia attività educativa in materia ambientale per gli studenti delle Scuole elementari e Medie sia attività informativa  sulle numerose ricchezze naturalistiche, archeologiche e storiche del territorio di Castel di Guido e dintorni (Ville romane, Polledrara di Cecanibbio…).

 


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