Straordinario concerto di musiche gitane al Bioparco

Sonorità, ritmi, danze che parlano di libertà, natura e amore, con Alessandra Capici e Alessandro Benigni
Il concerto del quale sono stato fortunato e attento spettatore ieri sera, domenica 3 dicembre 2023, nella Sala dei Lecci del Bioparco di Roma (un angolo poco noto ma molto misterioso e suggestivo del parco di Villa Borghese) s’intitolava: “MEMORIE DI UN VIAGGIO ZINGARO”. Esecutori due bravissimi artisti, che ascoltavo e ammiravo per la prima volta: il soprano Alessandra Capici (una voce formidabile e incantevole, con un ricchissimo curriculum di esperienze interpretative che comprende alcuni tra i più popolari melodrammi di autori quali Vivaldi, Rossini, Verdi, Puccini) accompagnata al pianoforte dal Maestro Alessandro Benigni (anch’egli un curriculum da virtuoso di tutto rispetto, con esecuzioni nei principali teatri e sale da concerto italiani e stranieri).
Il programma presentava brani di Brahms, Chajkovskij, Debussy, Dvorak, De Falla, Bartok, Dragoi, Brediceanu; brani tra loro legati dalla comune ispirazione a danze, canti e ritmi dei popoli zingari, gitani, bohèmiens, tzigani, rom. Denominazioni varie ma molto simili tra loro, per indicare l’antico popolo nomade che, espulso dall’originario insediamento nell’India nord-occidentale, a partire dell’anno Mille dell’era volgare è emigrato verso occidente suddividendosi, fermandosi e insediandosi, in forme più o meno durature, in Ungheria, Polonia, Boemia, Romania, penisola balcanica, Europa occidentale, fino ad arrivare in Andalusia. Pur dovendo sopportare una diaspora non meno frantumata di quella ebraica, il popolo dei gitani ha conservato tre caratteristiche culturali che accomunano tutti i gruppi sparsi per il mondo e che vengono da sempre estrinsecate nella musica e nel canto: l’attaccamento alla libertà, l’amore come esperienza totalizzante e formativa, la vita a contatto con la natura.
Tutto il repertorio di musiche e di canti di questo popolo è stato trasmesso oralmente attraverso i secoli, e tutti i più grandi musicisti, almeno a partire dal Settecento, ne sono stati profondamente influenzati.
Il concerto nella Sala dei Lecci ha cercato, riuscendoci, di offrire al pubblico una nutrita sintesi di “pezzi” di vari autori, nei quali è facile rinvenire canti, sonorità, ritmi, melodie, tipici dell’universo zingaro-tzigano-gitano.
Ecco quindi che nelle composizioni di Brahms, Chaikovskij, Dvorak, Debussy, Bartok, De Falla, fino a più recenti Bredicenau e Dragoi, le contaminazioni del mondo nomade si fanno sempre più presenti, e ci mostrano la mappa di un viaggio in cui, attraverso la conoscenza si compie il riconoscimento della differenza.
Ecco allora un grande Maestro, come Liszt, che così esprime il proprio pensiero a tale riguardo: “… gli zingari sono dotati di un senso musicale di incredibile profondità, certamente sconosciuto a qualsiasi altro popolo…fra tutti i linguaggi che è dato all’uomo intendere e parlare, lo Zingaro non ha amato che la musica”.
Un concerto, in definitiva, che ci ha fatto scoprire aspetti di reciproca e fertile contaminazione tra musica etno-popolare e musica colta che, molto spesso, passano del tutto inosservati.
Un plauso doveroso, oltre che ai due ottimi artisti, all’associazione organizzatrice del concerto: la Camera Musicale Romana, la quale ci ha dato appuntamento a domenica 17 dicembre, nella medesima Sala dei Lecci, per il tradizionale Concerto di Natale, con un programma che si presenta ricco e di altissimo livello.

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