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Alla scoperta del Gargano segreto per vincere l’isolamento

Un viaggio nei ricordi e nelle escusioni in tempo di coronavirus

ALLA SCOPERTA DEL GARGANO SEGRETO – Le nostre giornate di isolamento scorrono in maniera spesso inconcludente. E allora, almeno ci provo, cerco di darmi un metodo, prima igiene mattutina e lettura di un branco di un libro nel “pensatoio”, poi cyclette, poi lavoro.

Articoli e articoli sul nostro giornale on line www.abitarearoma.it, poi pranzo, sonnellino (purtroppo sempre disturbato da qualche telefonata), poi un caffè e mezz’ora di passeggiata claustrale e poi di nuovo lavoro. Per staccare un po’ verso sera rovistaggio nelle scatole e negli album di foto.

 

Alla Grotta del Tasso

Ieri sera mi sono venute in mano queste che si riferiscono ad alcune escursioni nel Gargano che preferisco, quello segreto, quello selvatico. Quindi tenterò per me e spero che interessino qualche lettore di riconnettere ricordi ed emozioni, attraverso le immagini (oggi impietose) che ci ritraggono più giovani e belli.

Le prime tre foto si riferiscono ad una passeggiata sul Monte Civita e alla discesa verso la mitica quanto difficile da raggiungere Grotta del Tasso. Ma non per noi.

Infatti Enzino Pasquarelli (foto 1) ed io con arnesi rudimentali cerchiamo di aprire un varco lungo lo scosceso tratturello che porta alla Grotta.

Nella foto 2 cerco di spiegare ad un perplesso Alessandrino Pasquarelli le meraviglie della grotta e il miracolo dell’acqua che per stillicidio riempio una pozza alla quale hanno cercato ristoro uomini e animali fin dalla preistoria.

Nella foto 3 l’amica Giulia Panella e mia moglie Rosa sono godute e soddisfatte e si raccontano il metodo comico ma efficace (diciamo strisciando accoccolate, ma non rende l’idea) con cui sono scese fino alla grotta. In primo piano un albero (forse un tasso (ma chiederò al mio amico poeta botanico Pier Franco Uliana).

 

Nel Canalone

 

Le foto 4 e 5 si riferiscono ad una gita in jeep condotta perigliosamente ma con estrema sicurezza nel nostro Gargano segreto da Santino (il cognome non lo ricordo, se mai l’ho mai saputo. Per noi era semplicemente u jènere d’u Scemek).

Nella foto 4 stiamo scendendo dalla jeep nel Canalone (un canyon nel Canale Romondato) nel quale hanno vissuto e lottato i nostri industriosi antenati preistorici). Un luogo meraviglioso, un luogo dell’anima per me, al quale penso con grande struggimento chiedendomi se mai più lo rivedrò.

La comitiva è numerosa e oltre a Santino (in tenuta bianca e pantaloncini, comprende Maria (sorella di Rino Caputo), i bambini Valerio (figlio di Rino Caputo e sua moglie Mirella) e Alessandro Pasquarelli (figlio di Giulia ed Enzino Pasquarelli), Antonietta (Toni) Caputo e l’amico tedesco Rainer.

Nella foto 5 il roccioso Canalone fa da sfondo ad una foto dell’intero gruppo escursionista che sorride rinfrancato, dopo aver temuto per la guida ardita di Santino lungo il Canale Romondato. Un lungo canyon, impressionante per la sua bellezza che, se percorso da soli (come a me è capitato più volte) intimorisce e dà la sensazione che da un momento appaiano o qualche cavernicolo o qualche spaventoso animale delle ere geologiche antichissime.

Alla fonte di San Francato

Nella foto 6 eccomi intento a bere l’acqua della fonte di Sante Francate (in dialetto) che versa la sia acqua nella “piscina” dove si abbeverano al tramonto le vacche che sono state al pascolo per tutto il giorno.

Nella foto 7 anche il resto del gruppo è intento a bere e ascolta attentamente quello che racconta la guida in posa statuaria. Dietro di lui Valerio e sua zia Maria ammirano la profondità della piscina.

“La sorgente San Francato è situata nel territorio di Ischitella a 299 m s. l. m. del versante a sud di Monte Civita (476 m s. l.m.), non lontano dalla faggeta depressa di vallone Grande. Le acque della Sorgente provengono dalla falda del bacino idrografico di monte Civita e monte La Tribuna (520 m s. l. m.). La Sorgente si trova ai lati di una parete rocciosa, che ha in posizione frontale raffigurato con una incisione nella roccia un ostensorio, a testimonianza probabilmente della proprietà della Sorgente. L’acqua prima di disperdersi nel terreno circostante, passa in alcune vasche, che fungono da abbeveratoio per il bestiame. Le acque basse delle vasche in primavera sono piene di ovature di Rana verde (Pelophylax berberi sinkl. Ispanica) e di Rospo comune (Bufo bufo), mentre attaccate alle pareti delle vasche e al muschio acquatico (Fontinalis antipiretica) ci sono numerose larve del Tricottero (Limnephilus lunatus). (Fonte https://www.parcogargano.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=616&idArea=17308&idCat=17840&ID=18281&TipoElemento=pagina)

 

Il Trigramma di San Bernardino

Santino ed io (nella foto 8 e 9) abbiamo attirato l’attenzione sulla formella scolpita che rappresenta il  trigramma ideato da San Bernardino da Siena e che poi ebbe diffusione in tutta Italia. Infatti fu disegnato da Bernardino stesso (e per questa ragione è considerato patrono dei pubblicitari). Il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro; nel centro del sole vi sono le lettere “IHS” che sono le prime tre del nome Gesù in greco.

 

Ad ogni elemento del simbolo, Bernardino applicò un significato; il sole centrale è chiara allusione a Cristo che dà la vita come fa il sole e suggerisce l’idea dell’irradiarsi della Carità.

Il calore del sole è diffuso dai raggi, ed ecco allora i dodici raggi serpeggianti cioè i dodici Apostoli (ma nella nostra lunetta garganica, come si nota nella foto 8, i raggi rudimentali sono 14. Meglio abbondare, avrà pensato il nostro scultore…). Bernardino allungò anche l’asta sinistra dell’H, tagliandola in alto per farne una croce, in alcuni casi la croce è poggiata sulla linea mediana dell’H…

 

 

Alla Foresta Umbra passando per la “Faggeta depressa”

Nella foto 10 ecco il gruppo di escursionistici al completo sotto e sopra la jeep. Siamo nel cuore della Foresta Umbra. Un autentico incanto della natura.

Nella foto 11 il gruppo riposa e posa soddisfatto sotto un imponente faggio. Annoto che prima di arrivare ad Umbra il gruppo aveva anche visitato fuggevolmente la Faggeta Depressa del Bosco di Ischitella che è la faggeta più depressa d’Europa (non si accettano battute…). Nel senso che vive e vegeta a soli 300 metri sul livello del mare.

“In Italia – leggo da wikipedia –  il faggio è rappresentato dall’unica specie Fagus sylvatica L. diffusa sulle Alpi e sugli Appennini, dove forma boschi puri (faggete) o misti (di solito con Abies alba Mill. o Picea abies Karst.), nelle stazioni oltre i 500 m sulle Alpi e oltre i 900 m s.l.m. sugli Appennini. Localmente, quando le condizioni climatiche lo consentono, il faggio lo si può trovare molto più in basso: sul Gargano, nei pressi della Foresta Umbra, e precisamente nel comune di Ischitella sono presenti faggete depresse a 300 metri s.l.m.”.

“La Faggeta Depressa “ di Coppa delle Rose” (Folicara) in territorio d’Ischitella, è indubbiamente il complesso conservante le sue peculiari caratteristiche a quota più bassa di tutta Italia e forse d’Europa ed ha ricevuto il riconoscimento di patrimonio dell’Unesco.

 

Alla Grotta di San Michele

Infine devo agli amici Giulia Panella ed Enzino Pasquarelli la conoscenza della chiesa (foto 12)  e della Grotta di San Michele (foto 13), che si affacciano su un panorama straordinario che si estende sul lago di Lesina e le isole Tremiti fino alla costa abruzzese.

“Sul monte d’Elio – si legge in Wikipedia –  in agro di San Nicandro Garganico, si apre una grande fenditura rivolta ad ovest a circa 150 m s.l.m., chiamata grotta dell’Angelo. La grotta è così denominata in quanto un’antica tradizione la pone come uno dei tre luoghi di culto, in tutto il Gargano, dell’Arcangelo Michele, probabilmente sin dal tempo dell’impero bizantino o della dominazione longobarda.

“La cavità, si apre con un grande antro di forma semiellittica a ridosso di un ripido costone di formazione calcarea, rinvigorito da una flora assai variegata e quasi impenetrabile. Si sviluppa orizzontalmente all’interno della collina, stringendosi verso l’interno sino ad un trivio, da cui si dipartono altre due diramazioni, una in direzione Est, piuttosto breve, ed una assai più lunga in direzione Nord. Povera di concrezioni calcaree, tuttavia presenta un’attività carsica in pieno regime: è piuttosto facile imbattersi in cannelle calcaree gocciolanti. La grotta ha conosciuto una frequentazione umana già in tempi preistorici: una campagna di scavo condotta nel 1967-1968 dalla studiosa Mara Guerri dell’Istituto di Paletnologia dell’Università di Firenze, ha portato alla luce resti biologici, selci e ceramiche dal Paleolitico al Medioevo. Sulla parete destra sono tuttora visibili alcuni graffiti. Il ritrovamento di tombe di età alto-medievale e la presenza di una pila circolare ricavata da un vano naturale, confermerebbero l’uso cultuale della grotta, probabilmente adibita a chiesa, come attestato anche da codici medievali concernenti le pertinenze di Devia, da cui la grotta dista un chilometro.”

Cari lettori, se le escursioni non vi sono piaciute sarete forse rimborsati, appena ci arriveranno i contributi governativi del Decreto… non ricordo il numero.

 

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